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"Seabiscuit" di Gary Ross

18 settembre 2003 Recensioni 0 Commenti
Seabiscuit

Buena Vista, 31 Ottobre 2003 – Insopportabile

Pochi anni dopo la Grande Depressione si incontrano un miliardario cui è morto il figlio, un uomo che potrebbe essere definito l’ultimo cowboy ed un ragazzo abbandonato dai genitori. A metterli insieme il cavallo Seabiscuit, acquistato dal primo, allenato dal secondo e montato dal terzo…


Tobey Maguire in una scena di Seabiscuit«Seabiscuit racconta la storia che ha ispirato un’intera nazione… una storia che ha rischiato di non accadere mai. E’ la storia di un paese i cui sogni sono caduti a pezzi… e della gente che ha trovato un eroe in un cavallo capace di realizzare l’impensabile. E’ la storia di tre uomini che si erano persi e che ora si sostengono a vicenda, e che scoprono la speranza dove non avrebbero mai pensato di trovarla».
Dopo cotanta presentazione, presa dal press-book originale, la visione del film è tutta in discesa: bastano infatti queste quattro righe per entrare nell’ordine di idee che si sta per subire una pellicola di propaganda yankee con più zuccheri di un polpettone sentimentale con Meg Ryan, una pellicola ipocrita e leccaculo. Ma nel cuore del volenteroso spettatore un barlume di speranza rimane ugualmente, ricordando la buona carriera cinematografica del regista Gary Ross. Purtroppo, però, solo le favole e i brutti film hanno un happy ending

Jeff Bridges ed Elizabeth Banks in SeabiscuitAmbientato nella seconda metà degli anni 30, ma con un prologo nel 1910, Seabiscuit è l’apoteosi del pessimo cinema hollywoodiano. Ogni dieci minuti, con cadenza svizzera, il regista di Pleasantville ci ricorda quale grande paese siano gli Stati Uniti e come si debba sempre dare una possibilità (e anche una seconda possibilità) a tutti. E lo fa con il massimo della serietà, attraverso scelte registiche agghiaccianti (l’incidente d’auto), dialoghi ridicoli ed una voce fuori campo didattica e fastidiosa. La colpa della pessima riuscita della pellicola, tra l’altro, è tutta sua, visto che è stato proprio lui ad adattare per lo schermo il romanzo di Laura Hildebrand a sua volta tratto da una storia vera. E sì che come sceneggiatore aveva scritto prima Big e poi Dave – Presidente per un giorno, che pur essendo entrambi estremamente politically correct erano ben bilanciati e per nulla banali.

Tobey Maguire, Chris Cooper e Jeff Bridges in SeabiscuitDal punto di vista tecnico, al di là delle splendide sequenze di corsa, il film sembra realizzato in una riunione di marketing: fotografia leccata di Schwartzman (Pearl Harbor), musiche originali fin troppo pompose di Randy Newman (Oscar per Monsters & co.) e notazioni storiche (con delle belle fotografie d’epoca) di uno dei peggiori periodi della storia degli USA. Aggiungeteci un cast di buoni nomi e belle facce e la frittata è fatta. Una frittata in grado di incassare 115 milioni di dollari negli Stati Uniti e che rischia di avere successo anche da noi visto l’argomento ippico caro a molti. Ma è una frittata impossibile da digerire per chiunque non giri con la foto di Ronald Reagan nel portafoglio, perché neanche il sorriso di Elizabeth Banks – uno dei più incantevoli di Hollywood – riesce a salvare uno dei film più insopportabili dell’anno.


La locandina di SeabiscuitTitolo: Seabiscuit – Un mito senza tempo (Seabiscuit)
Regia: Gary Ross
Sceneggiatura: Gary Ross
Fotografia: John Schwartzmann
Interpreti: Tobey Maguire, Jeff Bridges, Chris Cooper, Elizabeth Banks, Gary Stevens, William H. Macy, Paul Vincent O’Connor, Michael Ensign, James Keane, Valerie Mahaffey, David Doty, Kingston DuCoeur, Michael O’Neill, Annie Corley
Nazionalità: USA, 2003
Durata: 2h. 20′


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