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"Rosetta" dei fratelli Dardenne

5 agosto 2000 Recensioni 13 Commenti
CineFile

KeyFilms, 3 Dicembre 1999 – Deprimente

Rosetta è una ragazza disadattata, che vive in un campeggio con la madre alcolista e che non riesce a trovare lavoro. Tutte le sue esperienze lavorative finiscono in breve tempo, per colpa del sistema più che per colpa sua, e allora è pronta a tutto pur di riavere quel posto che ritiene suo…


Emilie Duquenne in RosettaClamorosamente premiato con la Palma d’Oro al Festival di Cannes 1999, Rosetta è in realtà un film lento e ripetitivo, che non riesce a catturare il cuore dello spettatore come vorrebbe e che risulta anzi a tratti insopportabile.

Emilie Duquenne, la protagonista, sembra abbastanza brava ed è decisamente centrata per una parte non facile. La giuria guidata da David Cronenberg l’ha voluta premiare come miglior attrice del Festival, lei che attrice non è. Purtroppo il doppiaggio suona un po’ approssimativo e non rende giustizia a quella che doveva essere stata l’interpretazione della Duquenne. Il personaggio che interpreta, però, pare davvero troppo eccessivo per essere realistico, per poter dare l’idea di rappresentare la situazione dei senza lavoro francesi.

Emilie Duquenne in RosettaNel più puro stile dei fratelli Dardenne, in certi momenti il film è visivamente fastidioso. Non c’è un solo momento in cui la macchina da presa sia fissata su un cavalletto e le inquadrature sono spesso troppo strette per far capire agli spettatori cosa succede intorno agli attori. Che è sicuramente una scelta stilistica ben precisa, ma che non funziona nel momento in cui qualunque cosa di cui i personaggi parlano è sempre fuori campo.

A parte questo, il racconto procede troppo lentamente, ripresentando più volte le stesse situazioni e prestando troppa attenzione a gesti quotidiani ripetitivi la cui insistita riproposizione non si tramuta in efficacia narrativa. Sostanzialmente, lo stile scelto dai due cineasti belgi non aiuta lo spettatore a “sentire” la drammaticità della situazione in cui si trova la protagonista; lo porta semmai a mal sopportare la narrazione e a non concentrarsi davvero su ciò che gli viene presentato. Eppure lo si può amare, anche se chi non lo ama difficilmente potrà accettarlo.


La locandina di RosettaTitolo: Rosetta (Id.)
Regia: Luc & Jean-Pierre Dardenne
Sceneggiatura: Luc Dardenne, Jean-Pierre Dardenne
Fotografia: Alain Marcoen
Interpreti: Émilie Duquenne, Fabrizio Rongione, Oliver Gourmet, Anne Yernaux, Bernard Marbaix, Frédéric Bodson, Florian Dorval, Mireille Bailly, Thomas Gollas, Leon Michaux, Victor Marit, Colette Regibeau, Claire Tefnin, Sophie Leboutte
Nazionalità: Belgio – Francia, 1999
Durata: 1h. 35′


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Attualmente ci sono 13 commenti a questo articolo:

  1. nessuno ha detto:

    bisognerebbe impedire a molti di fare i critici cinematografici…
    i fratelli dardenne adottano lo stile “dogma 95” ma a scopi benefici e di contenuto…
    poichè a volte è vero che l’arte è stile ma quella con la A maiuscola ha sempre dentro di se il contenuto dell’anima…altrimenti è solamente una bella scatola, vuota dentro… (come tutti i film americani che tentano di girare film intellettuali) col risultato di noiosi sprechi di pellicola…
    agli americani i film di azione e fantascenza dove contano gli effetti speciali…agli europei l’arte di raccontare…
    non lasciamo che lo spettatore mediocre si innalzi a grande critico…
    grazie..

  2. nessuno ha detto:

    pardon…ho dimenticato l’accento sul sé…
    comunque andate a vederlo…il film è bello e finisce un po come – la seconda volta – di Calopresti…
    così senza una ragione…

  3. Alberto Cassani ha detto:

    Dire che i Dardenne utilizzano lo stile di Dogma 95 è far loro un torto ancora più grande rispetto alla mia critica negativa. Innanzi tutto perché questo è il loro stile da ben prima del 1995, e soprattutto perché le ragioni che li hanno portati a sceglierlo sono ben diverse da quelle che hanno mosso Von Trier e Vinterberg. Che poi per spiegare il proprio pensiero ci sia bisogno di dileggiare quello degli altri, è una cosa che mi sfugge…

  4. Plissken ha detto:

    Cercherò di visionarlo in lingua originale con i sottotitoli in Ungherese, che fa più “intellettuale”… 🙂

  5. Corrado (nessuno) ha detto:

    TI CHIEDO UMILMENTE SCUSA!
    NESSUN’ARTE SUPERA LE BUONE MANIERE!
    LA DIFFERENZA DI OPINIONE E’ LA BASE DELLA DEMOCRAZIA E DELLA LIBERTA’!
    ED IO COMBATTEREI PER FARE ESPRIMERE SOPRATTUTTO QUELLE DIVERSE DALLE MIE!
    SOLO IL CONFRONTO FA CRESCERE!
    ANCORA SCUSA!

    PS: il fatto è che quando vedo un film americano che tenta il d’essai…
    riguardo invece ai film di fantascienza, azione o thriller americani a me piacciono quelli ben fatti…poiche’ il cinema è l’arte delle immagini in movimento…e lì le immagini sono una forma d’arte popolare ma spettacolare: un po’ come gli affreschi nelle chiese per il popolo del ‘300….
    ancora scusa per i modi…
    arrivederci…

  6. Corrado (nessuno) ha detto:

    chiaramente parliamo del cinema americano di oggi…leggevo la tua opinione su… a qualcuno piace caldo…
    quello, come tutti i capolavori del passato, non si tocca!comunque Billy Wilder è nato a Sucha Beskidzka…di americani ce n’erano pochi…saluti!

  7. Alberto Cassani ha detto:

    Non preoccuparti, Corrado: non c’è problema. Pero’ non capisco perché insisti a parlare di cinema statunitense mettendolo in rapporto con questo, nessuno l’ha fatto e tu stesso dici che sono due cose totalmente diverse…
    Ma per tornare al tuo primo messaggio, è vero che l’Arte oltre allo stile deve avere anche il contenuto (non necessariamente un messaggio), ma questo contenuto dev’essere supportato dallo stile. I romanzi di Dickens senza lo stile di Dickens varrebbero la metà, o forse meno ancora. Lo stile dei Dardenne è sempre stato ben preciso, ben definito (anche se non sempre uguale a se stesso), ma non sempre è venuto a sostegno delle loro intenzioni. In questo caso ritengo sia invece stato di grande detrimento, ritengo che qui lo stile soffochi il contenuto con la sua innaturalezza e la sua insistenza, con la sua artificiosità. Per le ragioni che ho citato nella recensione e per altre che ho tralasciato per brevità. Dei film dei Dardenne che sono usciti nei nostri cinema, questo ritengo sia il peggiore, e non riesco a capire come possa essere stato premiato con la Palma d’oro in un concorso di altissimo livello che gli vedeva contrapposti film come “Kikujiro”, “Tutto su mia madre”, “Ghost Dog”, “Il viaggio di Felicia” e volendo anche “Moloch”.

  8. Sebastiano ha detto:

    E’ vero, o almeno, concordo: Rosetta e’ il peggior film dei Signori Dardenne.
    Pero’ avrei messo “deprimente” in verde.

    Credo che Corrado, come molti di noi, scriva spinto da una legittima reazione istintiva e immediata, poi, per fortuna, si scopre che dietro le recensioni c’e’ gente che ha la stessa passione per il cinema ma l’istinto piu’ addomesticato da un’esperienza professionale che noi non abbiamo e che non capiamo.
    Quale la reazione piu’ giusta per il cinema? Quella del pubblico o quella del critico? Annoso e probabilmente noioso dilemma.

  9. alessio ha detto:

    Ritengo questo film un capolavoro che ho visto solo quest’anno, perché affrotnato all’università col documentarista Pannone.
    L’ho apprezzato tantissimo, secondo me le critiche che leggo nella recensione sono proprio la forza di questo film, i dialoghi fuori campo, le situazioni ripetitive, la macchina a mano mossa e le inquadrature troppo strette, tutto è assolutamente fedele ad una linea e non capisco dove non si riesca a vedere ilgrande senso di tutto ciò. La diegesi tra tecnica e contenuto è talemnte parallela che ho fatica a capire dove si possa attaccare. E non capisco da quando si debba ritenere una inquadratura stretta o un fuori campo un problema di un film. secondo quali critieri? Purtroppo se si giudicano i film seguendo sempre una dottrina classica, i Dardenne non solo non si capiscono, ma si vorrebbero anche denunciare. Benedetto Croce (o Zimmerman) aveva ragione: “..si vede quello che si sa, non si sa quello che si vede..”

  10. Alberto Cassani ha detto:

    Alessio, diciamo che iniziare una discussione partendo dal presupposto che “non ti è piaciuto perché non l’hai capito” è la cosa peggiore che si possa fare. Soprattutto se poi lo si fa con un commento in cui si dice per due volte che non si è capito quello che si è letto… Io potrei benissimo risponderti che sei tu che non l’hai capito e quindi hai dato ai diversi elementi filmici significati sbagliati. Ma appunto, non è il modo corretto di portare avanti una discussione.

    Penso che la coerenza registica sia il grande pregio di questa pellicola, peraltro comune a praticamente tutte le regie dei fratelli Dardenne, cosa che infatti ho accennato nella recensione. Il problema, come ho anche scritto in un commento più sopra, è che qui lo stile schiaccia eccessivamente il racconto perché troppo poco spontaneo e naturale rispetto al quadro che vuole illustrare, nonostante le intentenzioni fossero esattamente l’opposto. Visto che tiri gratuitamente in ballo la “dottrina classica”, così come in un blockbuster hollywoodiano gli effetti speciali possono schiacciare personaggi e trama, così possono farlo scelte di regia più minimaliste, come appunto quelle compiute qui dai Dardenne. Piani stretti e fuori campo non sono un problema in sé, ma lo diventano nel momento in cui risultano invadenti e quindi distraggono lo spettatore. Se ad esempio due personaggi parlano di qualcosa che non ci è stato fatto vedere, l’attenzione dello spettatore si sposta automaticamente dal “cosa stanno dicendo” al “di cosa stanno parlando”; e per quanto i registi abbiano compiuto questa scelta proprio per farci concentrare sui personaggi, il risultato che ottengono è esattamente il contrario.

    Se come immagino questo è il tuo primo film dei Dardenne, ti consiglio di guardare anche “Il figlio” e “L’enfant”, ossia le loro due regie successive, e noterai quanto lo stile – per quanto sostanzialmente identico a quello usato qui – sia più asciutto e funzionale. Meno invadente, e quindi più riuscito. Come ha scritto Sebastiano nel commento immediatamente precedente il tuo, “Rosetta” è il peggior film dei fratelli Dardenne.

  11. francesco centola ha detto:

    Pochi film mi hanno tenuto incollato allo schermo (in una sala desolata mente vuota) e successivamente al televisore. Forse non tutti riescono a trovare la profonda poesia che traspare dalla pellicola è dalla eccezionale interprete Emilie

  12. Claudio Suriani ha detto:

    Qualdo parliamo di cinema non dobbiamo mai dimenticare che, dopo l’urinatotio di Marcel Duchamp, usare la parola Arte è quanto meno pericoloso; David Lynch c’è l’ha spiegato bene: E’ SOLO UN NASTRO. Questo vuol dire che se un film basa la sua forza solo ed esclusivamente su una coerenza visiva e su un montaggio lineare al mero scopo di raccontare una storia, risulta essere del tutto anacronistico e finisce per rendere il film un intrattenimento puramente infantile, per usare le parole di Sergio Leone.
    Il cinema è un arte visiva, non letteraria, quindi le immagini devono parlare e non la storia che viene raccontata perchè la storia narrata è solo una delle possibili storie interne ad un film (basti citare L’HISTOIRE(S) DU CINEMA di J.L. GODARD , il KINOGLAZ di D. VERTOV e gli studi sull’urlo nella doccia di PSHYCO ecc).
    Definire un film come Rosetta lento e fastidioso vuol dire non avere i mezzi per approciarsi a quest’opera con cognizione di causa, non saper leggere i mezzi espressivi specifici del cinema (in primis il montaggio)… e forse non avere gli strumenti culturali per poterlo fare.

  13. Alberto Cassani ha detto:

    Niente, a quanto pare difendere le proprie opinioni senza attaccare gli altri è proprio impossibile…

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