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"The Day After" di Nicholas Meyer

3 giugno 2011 Recensioni 17 Commenti
The Day After

Titanus, 10 Febbraio 1984 – Sconvolgente

Quando i rapporti tra le due Germanie si fanno improvvisamente tesi, Stati Uniti e Unione Sovietica si mettono in allarme. La situazione si fa ancora più critica e nel placido Kansas cresce la paura, essendo la sede di numerose basi missilistiche intercontinentali…


Una scena di The Day AfterSorprendentemente, una delle pellicole più belle ed emozionanti sulla minaccia nucleare girate da Hollywood durante la guerra fredda, arriva dalla Tv. Trasmesso dalla ABC nel novembre 1983 ma in seguito distribuito nei cinema di mezzo mondo, The Day After nasce dalla volontà dell’allora Presidente di ABC Motion Pictures Brandon Stoddard di raccontare in maniera realistica le conseguenze di una guerra nucleare negli Stati Uniti. La sceneggiatura dell’esperto Edward Hume (Panico nello stadio) e la regia di Nicholas Meyer (Star Trek II) fanno un ottimo lavoro, riuscendo a mantenere in pieno la durezza dell’idea originale ed evitando qualunque tipo di propaganda politica.

Una scena di The Day AfterGrazie anche a un reparto di tecnici degli effetti speciali di primissimo livello, Meyer riesce a dare una ricostruzione dell’immediato dopobomba davvero sconvolgente, sia come impatto emotivo che come riuscita visiva. Alla faccia dei Roland Emmerich e dei Will Smith del nuovo millennio, vedere Jason Robards camminare tra le macerie di Kansas City o Steve Guttenberg segnato dalla radioattività riesce a commuovere anche dopo un quarto di secolo. I momenti dell’esplosione, che fanno un saggio uso anche di sequenze di repertorio, sono scioccanti e dotati della giusta inventiva. Non è difficile capire perché l’ufficio legale della ABC avrebbe voluto abbassare i toni di molte sequenze, ma per spiegare che una guerra nucleare sarebbe persa da tutto il mondo bisognava necessariamente colpire allo stomaco i telespettatori.

Una scena di The Day AfterLa sceneggiatura tralascia forse la completezza della costruzione di alcuni personaggi per poter dare un quadro più d’insieme possibile, sacrificando così buoni attori come John Lithgow e JoBeth Williams in ruoli di scarsissima importanza. Ha però l’enorme pregio di dribblare saggiamente tutti i luoghi comuni che sembrava essersi preparata con attenzione, e di evitare quegli ottimismi consolatori che sono sempre stati alla base del genere catastrofico. Così, la narrazione risulta davvero spietata e il film angosciante com’era nelle intenzioni. Eppure, è vero ciò che ci dice il messaggio con cui la pellicola si chiude: se mai gli Stati Uniti dovessero trovarsi a combattere un conflitto nucleare, le conseguenze sarebbero ben peggiori di quelle mostrate da questo film.


La fascetta del DVD di The Day AfterTitolo: The Day After – Il giorno dopo (The Day After)
Regia: Nicholas Meyer
Sceneggiatura: Edward Hume
Fotografia: Gayne Rescher
Interpreti: Jason Robards, JoBeth Williams, Steve Guttenberg, John Cullum, John Lithgow, Bibi Besch, Lori Lethin, Amy Madigan, Jeff East, Georgann Johnson, William Allen Young, Calvin Jung, Lin McCarthy, Dennis Lipscomb, Arliss Howard
Nazionalità: USA, 1983
Durata: 2h. 07′


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Attualmente ci sono 17 commenti a questo articolo:

  1. Mirko ha detto:

    Lo vidi quando andavo alle elementari. Le maestre ce lo fecero vedere e mi ricordo ancora lo shock fra i miei compagni!! XD Infatti se devo essere sincero, non so se riuscirei a riguardarlo oggi come oggi… però mi fà piacere che si tratti di un buon film, dato che quando lo vidi non avevo gli strumenti necessari per guardarlo obiettivamente! 😀

  2. Alberto Cassani ha detto:

    E’ un ottimo film, anche se lo stile è ovviamente invecchiato e alcune delle soluzioni usate per gli effetti speciali oggi farebbero storcere il naso agli adolescenti. Peccato che le nostre Tv non lo trasmettano mai, vale decisamente la pena di vederlo.

    Ce n’è un altro sullo stesso tema, prodotto dalla Tv inglese, che si intitola “Threads”, che ha il pregio di raccontare fino a vent’anni dopo l’esplosione della bomba ma non ha un impatto emotivo forte come questo.

  3. Mirko ha detto:

    Infatti sarebbe molto educativo, secondo me! Specialmente in un paese come il nostro, dove il discorso sul nucleare è così attuale… a proposito, Albe tu hai visto “Sindrome Cinese” con il superlativo Jack Lemmon? Non è un film su una guerra nucleare, ma piuttosto sui problemi di una centrale nucleare americana… te lo consiglio perché è davvero un gran bel film!

  4. Alberto Cassani ha detto:

    L’ho visto molti anni fa e mi era piaciuto, ma non posso dire di ricordarmelo bene. Ma c’erano anche Jane Fonda e Michael Douglas, oltre a Lemmon.

  5. Mirko ha detto:

    Sì sì, esatto! Fonda nella parte della giornalista e Douglas in quella del cameraman. Tutti molto in parte devo dire. E’ uno di quei film importanti, educativi e in più è fatto bene (cosa non da poco, visto che troppo spesso i film che parlano di eventi delicati sono fatti con i piedi…)

  6. Alberto Cassani ha detto:

    Tra l’altro ogni volta che sento nominare “Silkwood” lo confondo con “Sindrome cinese”, ma in realtà di quest’ultimo ricordo pochissimo. Giusto una scena in cui Douglas riprende di nascosto due scienziati che discutono allarmati del problema nel nocciolo, e poi il nulla. In compenso ci sono puntate di serie televisive veste un’unica volta 10-15 anni fa di cui ricordo persino i dialoghi.

  7. Mirko ha detto:

    Eh eh eh! Gli scherzi della memoria! 😀 Comunque sì, la scena di Douglas che riprende di nascosto è una delle più belle tra l’altro! Quindi credo che per questo ti sia rimasta impressa… anche i momenti con Jack Lemmon sono grandiosi, ma credo che quello dipenda dal fatto che lui è a dir poco superbo…

  8. Plissken ha detto:

    “The day after” l’ho rivisto non più tardi di un annetto fa; anche a me piacque molto all’epoca ed essendo mooolto giovine non poté che lasciare un’impronta indelebile in my mind. Effettivamente per l’epoca era davvero “sconvolgente” e ricordo che ebbe vasta risonanza grazie ai mass-media, un po’ come poi accadde, anche se in diverso tema, per “Cristiana F”.

    Anche se la guerra fredda per fortuna è finita, tutto sommato trovo sia nel complesso ancora attuale e “moderno”, nonostante appunto alcune soluzioni appaiano per forza di cose un po’ datate.

    Dovrebbe essere un “classico” da cineteca: in effetti è strano che se ne sia persa la memoria.

  9. Nicola ha detto:

    Ringrazio Cassani per avermi fatto scoprire questo piccolo cult di cui non sapevo neanche l’esistenza. L’ho recuperato e ho avuto l’onore di vederlo. è ancora un pugno allo stomaco. QUESTO FILM,TI FA CAPIRE COSA SIGNIFICHEREBBE LA 3°GUERRA MONDIALE E SPECIALMENTE L’INVERNO NUCLEARE.ANCHE SE NON IMMAGINO PROPRIO IN TALE APOCALITTICO CONTESTO, LA SCENA FINALE DEI DUE RAGAZZI CHE SI ABBRACCIANO, PERCHE OGGI GLI ARSENALI NUCLEARI POSSONO PERMETTERSI DI DISTRUGGERE LA TERRA PER 2 VOLTE DI SEGUITO,PERO’ RIPETO E UN CAPOLAVORO DI FILM.

  10. Alberto Cassani ha detto:

    Grazie a te per avermi ascoltato, Nicola. E’ vero che il film vuol dare un minimo di speranza, ma è comunque durissimo. Come ho scritto in un altro commento più sopra, anche l’inglese “Threads” non è niente male, e arrivando fino a vent’anni dopo la guerra riesce a dare un ritratto ancor più deprimente pur non avendo la stessa potenza di questo. Il problema di “Threads” è che non ha una versione italiana e non è facile da trovare.

  11. Plissken ha detto:

    Ieri sera ho rispolverato una vecchia VHS e riguardato (con IMMENSO piacere) “A prova di errore” del compianto Lumet.

    Secondo il mio personale parere è forse il miglior film mai girato sul genere, diciamo così, “olocausto atomico”, e ricordandomi di questa recensione in tema mi piacerebbe sapere se in questa sede qualcun’altro ha avuto la fortuna di vederlo e che ne pensa.

    Ahem… magari una recensioncina? 🙂

  12. Alberto Cassani ha detto:

    Ti dirò, l’ho rivisto l’anno scorso e mi è (ri)piaciuto ma non mi ha entusiasmato. Certamente è una parabola lucida, però mi è sembrato gli mancasse qualcosina per sconvolgere davvero. Magari è solo il tempo che è passato.

  13. Plissken ha detto:

    Di tempo in effetti ne è passato parecchio, quasi mezzo secolo… 🙂 Ciò nonostante, questo film mi aggrada ogni qualvolta mi capita di rivederlo, anche a distanza di anni e la cosa in verità mi sorprende non poco.

    Mi piace molto la regia di Lumet credo per molti aspetti in anticipo sui tempi, oltre alla validità degli interpreti; mi chiedo se il “manicheismo” del personaggio interpretato da Matthau fosse plausibile, o invece sopra le righe per esigenze di copione: nella prima ipotesi l’abbiamo scampata bella…

    Mi piace molto come viene sviluppata la vicenda e a mio personale parere credo che anche oggi molti film non riescano ad ottenere una tensione costante e senza ricorrere ad artifizi che ne pregiudicano l’aspetto “reale”, cosa che avviene (sempre in my opinion) in questa pellicola nonostante la vetustà.

  14. WarezSan ha detto:

    Caro Alberto,
    noi due abbiamo servito questo paese come fosse una lunga pertaerei nel mediterraneo.
    Purtroppo la definizione secondo cui: “il tempo e’ galantuomo” e’ tragicamente veritiera.

    Ti suggerisc o a dare un occhio al lucidissimo articolo di Giulietto Chiesa sull’invasione (si, I N V A S I O N E ) della Libia: http://espresso.repubblica.it/dettaglio/come-in-iraq-e-uninvasione/2159207

    E dopo l’agghiacciante lettura (agghiacciante perche’ le premesse a supporto delle tesi sono valide) ti segnalo una dichiarazioen del portatrousse di Carla’ :
    http://www.ilsecoloxix.it/p/mondo/2011/08/31/AOoh2D0-sarkozy_minaccia_attacchi.shtml

    Insomma Albe’, siamo in mano a delle caricature del Doc. Stranamore.

    Direi, se mi passi un “francesismo” che sono cazzi (discreti, ma pur sempre di cazzi si tratta…).

  15. WarezSan ha detto:

    Perdona la dislessia ma la mia tastiera cade a pezzi (e vi sono terribilmente legato 🙁 , manco fosse la Miller 🙁 ) 😉

  16. Plissken ha detto:

    ?

  17. Alberto Cassani ha detto:

    Eh, ma noi il Dottor Stranamore ce l’abbiamo qui da svariati anni, ormai. C’è magari da esser contenti che finalmente ce ne siamo accorti.

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