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"Colazione da Tiffany" di Blake Edwards

18 luglio 2003 Recensioni 6 Commenti
Colazione da Tiffany

Paramount, 20 Dicembre 1961 – Delizioso

Holly Golightly è un fanciulla un po’ svampita ma molto furba che vive nello stesso palazzo del mediocre scrittore Paul Varjac. Adorata da tutti, Holly non si concede a nessuno, e approfitta anzi della simpatia che suscita negli altri. Ma Paul si sta davvero innamorando di lei…


L’origine è un bellissimo romanzo di Truman Capote che lo sceneggiatore George Axelrod manipola notevolmente per adattarlo alla star che deve interpretarlo. Il risultato è un film delizioso, a metà strada tra la commedia sofisticata e la favola sentimentale.

La mano leggera con cui Blake Edwards, regista per volontà della Hepburn, dirige il film si adatta perfettamente alla delicatezza dello script, che mette in scena diversi momenti che in altre mani avrebbero dato vita ad una fiumana di melassa, come la ricerca del gatto sotto la pioggia o la meravigliosa sequenza di Moon River.

Audrey Hepburn dona la sua leggiadria ad un personaggio che, nelle pagine di Capote, era decisamente più “allegro” e che lei sa rendere maggiormente realistico e ancor più memorabile. Al suo fianco George Peppard, nel suo primo e ultimo bel ruolo cinematografico, sembra essere lui stesso vittima del fascino di Audrey e il risultato è un’interpretazione misurata e che aumenta di efficacia man mano che il film procede ed il rapporto tra i due si fa più intenso. Ma straordinario è anche Mickey Rooney nel ruolo del fotografo giapponese che tanto vorrebbe avere Holly come modella.

Bella la fotografia di Franz Planer e ottime le musiche di Henry Mancini, premiato con l’Oscar per musica e canzone. E poi… poi c’è Tiffany, dove nulla di male ti potrebbe mai capitare, e ci sono le paturnie…


La locandina statunitenseTitolo: Colazione da Tiffany (Breakfast at Tiffany’s)
Regia: Blake Edwards
Sceneggiatura: George Axelrod
Fotografia: Franz Planer
Interpreti: Audrey Hepburn, George Peppard, Mickey Rooney, Patricia Neal, Buddy Ebsen, Martin Balsam, John McGiver, José Luis de Villalonga, Alan Reed, Dorothy Whitney, Beverly Powers, Stanley Adams, Claude Stroud, Elvia Allman
Nazionalità: USA, 1961
Durata: 1h. 55′


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Attualmente ci sono 6 commenti a questo articolo:

  1. Anonimo ha detto:

    Albe mi puoi spiegare una cosa che credo ti possa sembrare sciocca ma per me non lo è, almeno per adesso: a cosa effettivamente serve il regista in una commedia? Cioè capisco che ad un film serva per forza però quando leggo che ad una commedia il tocco del regista è molto buono o la sua regia non riesce a creare scene divertenti o cose simili, mi chiedo come facciano a capirlo i recensori.
    Io penso che un regista lo si apprezzi di più nei film d’azione, horror, drammatici ma in una commedia penso che il ruolo fondamentale sia l’alchimia degli attori protagonisti e nella brillantezza della sceneggiatura, se queste fuonzionano la regia credo possa essere anche mediocre.
    Attendo una tua risposta, grazie.

  2. Marco ha detto:

    Sono Marco, ho dimenticato il Nick.

  3. Alberto Cassani ha detto:

    Il lavoro del regista è sempre lo stesso, che stia dirigendo una commedia o un film d’azione. Sul set è sempre lui a decidere dove posizionare la macchina da presa, è sempre lui a dare le istruzioni agli attori riguardo i movimenti e il tono da usare nel pronunciare le battute, è lui a dare il ritmo ai dialoghi e alle scene nella loro interezza. E di conseguenza a dare coesione a tutto il film. E’ vero che contano innanzi tutti la sceneggiatura e gli attori, ma così un buon regista li sa sfruttare nel migliore dei modi così come un cattivo regista è in grado di svilirli: Steven Soderberg, ad esempio, è bravissimo a mettere gli attori a proprio agio e ad adattarsi al loro lavoro, mentre un Oliver Stone pretende che si faccia sempre esattamente come vuole lui.
    Immagina il regista come un direttore d’orchestra: per quanto possa avere alcuni ottimi solisti, sta a lui riuscire a farli suonare bene insieme – insieme tra loro e con tutti gli altri musicisti dell’orchestra. Non necessariamente il regista-direttore deve farsi notare ed essere autoritario come un Von Karajan sul podio, la sua bravura sta proprio nel capire quando “alzare la voce” e quando invece assecondare il materiale che ha tra le mani. Attraverso questo suo lavoro, le varie piccole parti di cui si compone il suo lavoro, dà forma al film-opera mettendo in pratica la propria visione, rendendolo così diverso da come sarebbe stato se a realizzarlo fosse stato un altro regista-direttore.

  4. Marco ha detto:

    Ti sei spiegato benissimo. Grazie!

  5. Plissken ha detto:

    Per me basterebbe solo questo film per inserire Edwards nell’Olimpo dei grandi registi, figuriamoci al pensare a cosa è riuscito a combinare con Sellers… 😀

    L’ “Edwards touch” ai suoi livelli massimi, un film che ogni cinefilo dovrebbe vedere, immortale.

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