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"Iri - Hyazgar" di Zhang Lu

29 ottobre 2008 Recensioni 0 Commenti
Emanuele Rauco, 29 Ottobre 2008: Disarmante
Inedito in Italia

Jin-seo è una ragazza non proprio lucida che dà una mano in vari modi al fratello tassista e si fa violentare da più soggetti. Poi ci sono i vecchietti che ospitano e alcuni altri personaggi non meglio identificati: sullo sfondo, un’esplosione che, trent’anni prima, distrusse la stazione di Iri…


E’ tassativo per ogni direttore di Festival che si rispetti (figurarsi se non si rispetta) inserire in selezione qualche film dell’estremo oriente, di cui almeno uno in concorso. Non è affatto male, anzi, perché chi scrive ama quel tipo di cinema e perché le pellicole difficilmente arriveranno in sala e dunque un passaggio festivaliero va sempre bene, a maggior ragione se – come in questo caso – rappresentante di una cinematografia notevole come quella sudcoreana. Se però vengono presentate pellicole come questa di Zhang Lu, paradigma di un modo distorto d’intendere il cinema d’autore – e che poi porta il pubblico a identificarlo con tutto un tipo di cinema, allora ci si trova a dar ragione ai detrattori e a chi snobba pellicole del genere.

Scritto dallo stesso Zhang, in maniera però piuttosto criptica, un dramma esistenziale, metaforico e simbolico e tutti quegli aggettivi che piacciono agli amanti del cinema d’arte, che sembra un Antonioni estremizzato e poco chiaro, sfiorando più volte l’auto-parodia.

Ambientato nella piccola cittadina che gli dà il titolo, il film dovrebbe essere un racconto sulla solitudine di una ragazza e di un mondo dominato dal ricordo e dai fantasmi di una tragedia, raccontato attraverso personaggi deboli, tormentati, depressi, repressi nella voglia di vivere e nelle pulsioni sessuali, da cui le ombre incestuose. Il problema, però, è che Zhang rende tutto assolutamente incomprensibile e indecifrabile: nel tentativo di ricordare il cinema di Jia Zhang-ke, il film procede implacabile scena dopo scena senza mai costruire nulla, senza mai fornire elementi o indizi, lasciando tutto, troppo, allo spettatore, alla sua capacità e voglia di analisi e riflessione, sembrando più un indiscriminato esperimento di immagini aleatorie che un film. Non comunica né trasmette senso, con gli elementi narrativi o con lo stile, risultando persino inutile o velleitario quando cerca d’infilare riferimenti storici o politici (il film è ambientato durante la campagna presidenziale).

La sceneggiatura, come detto, è più che altro un tentativo enigmistico (più che enigmatico) di camuffare idee e significati in scene, suoni, immagini sparse, senza nemmeno la verve ludica di Peter Greenaway, mentre Zhang inanella inquadrature fisse arricchite da rare panoramiche, rallenta i ritmi e i movimenti, nega quasi ogni appiglio allo spettatore. Che infatti, scappa a gambe levate.

Dovremmo, per completezza di cronaca, parlare anche della recitazione, ma nel delirio manieristico del film è chiaro che nessuno degli attori ha potuto fare un’espressione, dare un colpa di coda interpretativo, rompere il velo catatonico imposto. Eppure, è un film che non ci sentiamo di stroncare completamente, fosse solo per l’impavido coraggio con cui cerca la propria nemesi, col quale cerca la sua autodistruzione.


Titolo: Iri
Regia: Zhang Lu
Sceneggiatura: Zhang Lu

Fotografia: Kim Sung-tai
Interpreti: Yoon Jin-seo, Eum Tae-woong, Osor Bat-ulzii, Shin Dong-ho

Nazionalità: Corea del Sud, 2007

Durata: 1h. 47′


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