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"Three... Extremes" di Fruit Chan, Park Chan-wook & Takashi Miike

6 settembre 2004 Recensioni 0 Commenti
Paola Cavallini, 6 Settembre 2004: Particolare
Disponibile in home-video

Film collettivo che raggruppa tre talenti del cinema orientale contemporaneo, Three… Extremes è composto da tre episodi separati, che non seguono un filo narrativo comune se non quello di trattare le odierne angosce, gli incubi dei loro tre paesi: Hong-Kong, la Corea e il Giappone…


“Dumplings” di Fruit Chan

La signora Qing è un ex stella della Tv di Hong-Kong. E’ sposata con un ricco uomo d’affari che ha perso interesse per lei e la tradisce sistematicamente. Ritrovare la giovinezza e la bellezza l’aiuterebbe a riconquistarlo. Zia Mei ha la soluzione ai problemi della donna: una cura ringiovanente a base di ravioli… ma non si tratta dei soliti ravioli, questi hanno un ripieno davvero particolare!

Fruit Chan, regista già noto agli schermi veneziani per i suoi Durian Durian, Hollywood, Hong-Kong e Public Toilet, porta sugli schermi in questo mediometraggio l’inquietante crollo del limite oltre il quale la gente è disposta a spingersi per inseguire la recentissima illusione rappresentata dalla bellezza e dalla giovinezza eterna. Se, con il nostro classico atteggiamento occidentale, pensavamo che questo fosse un problema tipico solo del nostro mondo, ci siamo sbagliati e questo piccolo film di Fruit Chan ne è l’inquietante dimostrazione. Con il suo usuale stile, gli insistenti primi piani, la presenza inquietante e continua dei rumori legati a ciò che accade sullo schermo, la parsimonia nei dialoghi, il regista costruisce una vicenda che, senza mai eccedere nel mostrare, dice moltissimo e si spinge molto oltre quello che potremmo immaginare.

“Cut” di Park Chan-wook

“Cut” è il termine che un regista anglofono usa per interrompere il girato di una scena, ed è proprio un regista il protagonista di quest’episodio. Ryu Ji-ho è giovane, bello, famoso, ricco, e anche buono e comprensivo. Ha una bella moglie, affermata pianista, e vive in una lussuosissima casa, alla quale si è peraltro ispirato per ricostruire il set dell’horror che sta girando. Un giorno la sua vita perfetta viene sconvolta dall’intervento di un uomo che decide di sequestrarlo assieme alla moglie e di metterlo di fronte a una scelta davvero crudele: o accetterà di uccidere a sangue freddo una bambina che si trova con loro, oppure il pazzo taglierà a una a una le dita della moglie, imprigionata al suo pianoforte da una ragnatela di cavetti d’acciaio. Il motivo del suo rapimento è paradossale: Ryu è troppo buono per essere un ricco, e quindi deve diventare cattivo, se vuole essere libero. Dopo un iniziale tentativo di far ragionare il pazzo, Ryu Ji-ho sarà costretto a giocare al gioco del suo aguzzino, e scoprirà una parte di se stesso che ignora.

Park Chan-wook ricostruisce in un set nel set la parabola del terrore che la classe ricca della Corea del Sud prova all’idea di confrontarsi con la rabbia dei poveri del proprio paese. Per stessa ammissione del regista, i ricchi hanno molta paura di quello che potrebbe accadere se le classi inferiori si ribellassero a questa situazione di grave disparità sociale. Il film è una corsa a cento all’ora, un giro in ottovolante; la sensazione che lo spettatore prova è quella di totale coinvolgimento nell’assenza di alternative che ha il protagonista. Ci si scopre a pensare: «Ma io che farei, se un pazzo mi torturasse senza alcun motivo? Come potrei scegliere tra la mia salvezza e quella di una creatura innocente e sconosciuta?» Le scene secche e veloci, l’abbondanza di dettagli splatter, la luce sempre diretta sulla scena, concorrono a costruire un meccanismo di sicuro effetto, dal finale difficilmente prevedibile.

“Box” di Takashi Miike

Kyoko è una scrittrice di successo e una donna bellissima. La sua vita, e le sue notti in particolare, sono tormentate da un incubo, sempre lo stesso. Kyoko aveva una sorella gemella, Shoko, morta quando erano bambine, per un orribile incidente causato involontariamente proprio da lei. Quando nella vita della donna appare un uomo, incredibilmente simile al loro padre, Ryoko sarà costretta a confrontarsi di nuovo con il passato.

Takashi Miike ci ha abituati a un cinema particolarmente violento – ricordiamo su tutti Audition, Ichi the Killer e il recente The Call – sanguinario, che non risparmia alcun dettaglio spaventoso allo spettatore. E’ un regista di culto tra le giovani generazioni, giapponesi e non. Proprio per questo l’episodio che ha inserito in questa trilogia sorprende piacevolmente lo spettatore per la sottile tensione che riesce a costruire senza approfittare in alcun modo della sua abilità di creare situazioni splatter. Tutti i 40 minuti della pellicola scorrono senza una sola caduta di tensione, come nella migliore tradizione del thriller classico: quasi nulla viene mostrato, il sangue non scorre, ma l’orrore, sotto la superficie della vita di Kyoko, regna sovrano. Luci soffuse, neve onnipresente, interni grigi, blu e neri, silenzio e primissimi piani compongono un’atmosfera di orrore e predestinazione davvero difficile a trovarsi.

Interessante tentativo di coralità trasversale a culture diverse, Three… Extremes riesce a trasmettere allo spettatore, anche il più smaliziato, una sensazione di inquietudine, di angoscia calata direttamente nel nostro mondo di tutti i giorni. Ci tocca nei nostri desideri più inconfessabili, ci mostra quanto le nostre vite perfette possano essere a rischio, ci ricorda che non è facile liberarsi del passato. Tre storie più o meno possibili e futuribili, che fanno del nostro mondo un luogo meno rassicurante.


Titolo: Three… Extremes (Id.)
Regia: Fruit Chan, Park Chan-wook, Takashi Miike
Sceneggiatura: Lilian Lee, Park Chan-wook, Haruko Fukushima
Fotografia: Christopher Doyle, Jeong Jeong-hun, K. Kawakami
Interpreti: Miriam Yeung, Bai Ling, Pauline Lau, Tony Leung Ka Fai, Meme, Miki Yeung, Wong So-fun; Lee Byung-hun, Lim Won-hee, Gang Hye-jung, Lee Jung Goo, Lee Mi Mi; Kyoko Hasegawa, Atsuro Watabe, Mai Suzuki, Yuu Suzuki
Nazionalità: Cina – Corea del Sud – Giappone, 2004
Durata: 2h. 05′


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