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Three - The Movie di Elisabetta Minen

12 giugno 2012 Recensioni 21 Commenti
Three - The Movie

Autodistribuito, 12 Ottobre 2017 – Discrasico

Udine, città su tre confini, ospita tre personaggi provenienti da tre culture e tre religioni diverse. Tre storie come tante, che si incrociano però in maniera spesso asincronica, tra quotidianità, dolori e desideri…


Chiara Pavoni, Werner Di Donato e Alejandro Paitun Flocco con Caterina Zampieri sullo sfondo in una scena di Three - The MovieNonostante il sottotitolo “un (dis)incanto poetico” potrebbe far pensare il contrario, Three è un film che cerca la riflessione, non quella poesia che molto spesso al cinema scade nella stucchevolezza. E’ un film che parla alla testa, non al cuore, e lo fa in maniera volutamente complessa, tanto che ci vuole una buona mezz’ora per iniziare a intuire qualcosa dei personaggi e della loro storia, e non solo perché la narrazione non è cronologica. Proprio per questo, se per un certo tipo di film è molto facile perdere per strada lo spettatore, per Three è invece molto facile non riuscire mai a catturarlo. Ma val la pena di lasciarsi catturare, di lasciarsi stimolare a ragionamenti che nel mondo di oggi dovrebbero nascere in maniera automatica e che invece molto spesso ci si rifiuta anche solo di prendere in considerazione.

Vivianne Treschow e Alberto Torquati in Three - The MovieIn una Udine mostrata sempre con discrezione va in scena un gruppo di clandestini, di «creature del destino, esseri immaginari», che ci guidano in un discorso sull’interpretazione che gli uomini danno della religione che risulta molto interessante e totalmente inedito nel nostro cinema. Vero che alcuni simbolismi appaiono di troppo e alcuni dialoghi suonano eccessivamente letterari, ma certe soluzioni anche registiche funzionano egregiamente. In effetti, nonostante tutti i limiti legati alla produzione super-indipendente, c’è un’attenzione al prodotto che purtroppo spesso non si riscontra in film realizzati con ben altri mezzi, anche se poi non tutto va qui per il verso giusto.

Vivianne Treschow e Saverio Indrio in Three - The MovieManca certamente più l’esperienza che le idee, all’autrice del film. Di certo non le manca il coraggio di battere strade che potrebbero apparire presuntuose e cervellotiche. D’altra parte sarebbe anche facile pensare che la scelta di lasciare le cose in sospeso derivi da una mancanza di coraggio, mentre in realtà prologo ed epilogo sono sufficienti a chiarire gli intenti del progetto. Intenti come detto inconsueti per il cinema italiano, e proprio per questo ancor più importanti. Soprattutto perché, a quanto pare, nessun altro sembra interessato a far accendere le stesse scintille nella mente delle persone.


La prima locandina di Three - The MovieTitolo: Three – The Movie
Regia: Elisabetta Minen (co-regia di Yassine Marco Marroccu)
Sceneggiatura: Elisabetta Minen
Fotografia: Luca Coassin
Interpreti: Vivianne Treschow, Alberto Torquati, Massimiliano Grazioli, Werner Di Donato, Chiara Pavoni, Saverio Indrio, Alejandro Paitun Flocco, Edoardo Sguazzin, Edo Ivan Senin, Caterina Zampieri, Luigi Nardini, Dafne
Nazionalità: Italia, 2015
Durata: 1h. 39′


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Attualmente ci sono 21 commenti a questo articolo:

  1. weach illuminati ha detto:

    Ciao Alberto , ben trovato.

    Trê – Sé – Shalosh di Elisabetta Minen
    film visto recentemente presso una sede Arci di Jesi.
    Pensi che ne parlerò male conoscendomi ?
    Ho analizzato le tue parole su questa opera di Elisabetta….le condivido in parte e se mi consenti tele espongo.
    Su cosa siamo d’accordo:
    “Vero che alcuni simbolismi appaiono di troppo e alcuni dialoghi suonano eccessivamente letterari, ma certe soluzioni anche registiche funzionano egregiamente”
    Certo che cogliere l’essenza delle cose è difficile ed alle prime esperienze di realizzo si è sopraffatti da un fiume in piena dove si vorrebbe dire tutto, forse troppo; il simbolismo è uno strumento di sintesi della complessità….Elisabetta ha una chiave di lettura numerologica, esoterica, karmica del resto l’arcano difficilmente si fa leggere. Direi piuttosto che è meglio che l’arcano resti tale e troppe spiegazioni ne riducono l’essenza .
    Minori spiegazioni , minori dialoghi più percezioni( attraverso suoni ed immagini )aumenterebbero la potenza del film ………………..avrei alimentato il film di più con la colonna sonora e scene senza dialoghi…………
    “c’è un’attenzione al prodotto che purtroppo spesso non si riscontra in film realizzati con ben altri mezzi, anche se poi non tutto va qui per il verso giusto.”
    Certo è così c’è attenzione speciale e se tutto non è perfetto è solo perché la regia deve ancora finire di assemblare la sua opera prima con le riflessioni adeguate che la porteranno a realizzare tutto ciò che voleva .
    Circa il prologo e l’epilogo ebbene hanno il limite di essere troppo leggibili,quasi un prodotto preconfezionato quindi suggerisco maggiore indeterminatezza e tutto sarà corretto al meglio.
    “E’ un film che parla alla testa, non al cuore, e lo fa in maniera volutamente complessa”
    Ne siamo sicuri? La lettura che ho fatto è un poco diversa .sono andato oltre le immagini ed i suoni alla fine mi è rimasta addosso una forte malinconia esistenziale…………
    “Manca certamente più l’esperienza che le idee, all’autrice del film Di certo non le manca il coraggio di battere strade che potrebbero apparire presuntuose e cervellotiche.”
    L’esperienza la farà e la sta facendo Elisabetta è ricca di idee deve solo selezionarle ;che conservi in noi spettatori una storia ancora indeterminata .

    Suggerirei ad Elisabetta Minen una minore spinta verso le spiegazioni………..tanto il mondo è infinitamente più grande.
    Un caro saluto a te ed alla novella regista. Che quest’utima seguia di più il suo tocco da “pianista”.
    weach

  2. Alberto Cassani ha detto:

    In realtà mi chiedevo se avresti commentato stasera o domani…
    Comunque ci sono soluzioni sonore veramente di grande effetto, ma in generale il sonoro è una brutta bestia perché per avendo potenzialità smisurate necessita di un fottio di tempo per essere curato al meglio in certe situazioni. Non mi stupisco, quindi, che non sia stato sfruttato appieno trattandosi di un’opera prima indipendente. Tra l’altro, proprio perché è un’opera prima, una produzione indipendente e un film difficile, penso che in fondo la Minen abbia fatto bene a trattenersi in questo senso, perché già ha un pubblico ristretto, se avesse caricato ancor di più l’aspetto di indecifrabilità avrebbe rischiato seriamente di perderlo.
    Riguardo la testa o il cuore, a me sembra un film decisamente ragionato, che mira a far riflettere, non tanto a emozionare. Vero che ci sono alcuni momenti più di pancia, ma lo trovo un film assolutamente di intelletto. Sarebbe interessante sapere dalla regista se è d’accordo o no…

  3. Elisabetta Minen ha detto:

    Testa o cuore? Testa e cuore.
    E’ vero che il film è stato a lungo pensato, e ripensato in ogni dettaglio. Ma c’è alla base l’intento di parlare al cuore. Nell’impianto generale della storia meditata con “chiave di lettura numerologica, esoterica e Karmica” come ben dice Weach, ho il torto di far apparire “mentali” eccessive volute nel simbolismo, o di non aver reso del tutto comprensibili certi passaggi. Anche le vostre osservazioni, per le quali sono grata a entrambi, sono terreno di riflessione per il final cut del film che porrà rimedio all’audio di doppiaggio e nel quale mi consentirò piccole ma sostanziali modifiche in quei punti che io stessa so di poter migliorare anche in nome di quell’indeterminatezza ricercata e forse non del tutto riuscita.
    Vero è che manterrò comunque il tipo di montaggio, volutamente “discrasico” come Cassani lo ha definito, o “sincopato” come amo definirlo io, cifra stilistica di questo film che, per questo procedere a singulti, nell’alternarsi
    di incanto e disincanto, concentra in sè massima parte del suo impatto emozionale.
    Ancora grazie.
    Elisabetta Minen

  4. Alberto Cassani ha detto:

    Grazie a lei per il contributo, Elisabetta. Fa bene a voler mantenere l’identità visuale del film, che d’altra parte si adatta perfettamente al modo in cui la storia è concepita. Mi auguro che il film riesca a trovare il modo per raggiungere il pubblico.

  5. weach illuminati ha detto:

    Ciao Elisabetta
    Ciao Alberto,
    spero che sia sto un ferragosto accettabile!!!!!!!!!!!!!!!!!
    Con riferimento a quanto dice Elisabetta voglio sottolineare questa sua frase il timore “di non aver reso del tutto comprensibili certi passaggi”.
    Ebbene questa frase non non è compatibile con il nuovo proposito di rendere più indeterminato il lavoro: il cuore, non vuole troppe spiegazioni cerca essenzialmente spiragli di luce, percezioni.anche una discontinuità della storia, di suoni ed incertezze scenografiche.
    Spingerei per liberaci di queste zavorre…………….poi tutto funzionerà mirabilmente .Disse una volta Albert Einstein: “Ogni essere umano è parte di un insieme chiamato Universo. Egli sperimenta i suoi pensieri e i suoi sentimenti come qualche cosa di separato dal resto: una specie di illusione ottica della coscienza. Un’illusione che diventa una prigione. Pertanto, per vivere sereni, dobbiamo cercare di liberare noi stessi da questa prigione allargando il nostro circolo di comprensione e conoscenza, sino a includervi tutte le creature viventi e la natura intera nella sua bellezza”………………………….Poi ancora aggiunge Albert Einstein” L’immaginazione è più importante della conoscenza. La conoscenza è limitata, l’immaginazione abbraccia il mondo, stimola il progresso, facendo nascere l’evoluzione”.
    Ciao Elisabetta
    ciao Alberto

  6. Plissken ha detto:

    “Mi auguro che il film riesca a trovare il modo per raggiungere il pubblico”.

    Auspicabile a quel che leggo. In bocca al lupo.

  7. Alberto Cassani ha detto:

    Ciao Weach, buon ferragosto in ritardo. Credo che Elisabetta pensi che alcuni momenti del film possano essere interpretati in maniera molto diversa da come sono stati concepiti, col risultato di non far arrivare il messaggio che dovrebbe ma uno molto diverso, e se l’indeterminatezza in progetti come questo è un vantaggio il malinteso non lo è mai.

  8. Alberto Cassani ha detto:

    Plissken, io credo che pellicole tecnicamente oneste che provano a percorrere strade diverse dal solito (soprattutto il solito del cinema italiano) meriterebbero spazio a prescindere, proprio per la loro particolarità. Il problema è che non sempre le due cose vanno a braccetto, e soprattutto lo spazio manca per tutti i non mammasantissima, figuriamoci per gli indipendenti agli esordi.

  9. weach illuminati ha detto:

    ciao Plissken
    ciao Alberto,
    che il seguito dell’anno sia migliore
    per
    tutto
    e
    per
    tutti

  10. Alberto Cassani ha detto:

    Anche perché peggiore è difficile…

  11. Plissken ha detto:

    Si, immagino sia veramente difficile trovare una valida distribuzione per film di carattere “indipendente”, a prescindere dal valore intrinseco. Certo dispiace che un progetto come questo che a quanto leggo risulta ben riuscito corra il rischio (speriamo di no…) di rimanere nell’oblio, mentre prodotti di livello insulso trovano spazio al botteghino. Mah.

    Grazie Weach, ricambio sentitamente e sinceramente.
    Vorrei essere OTTIMISTA come il Cassani (bella questa, eh? :-D): lavorando nel settore progettazione edilizia, mi accorgo che il fondo del barile è molto più in basso di quanto si creda, hai voglia a scavare…

    Nel caso mi trovassi obbligato ad una alternativa di lavoro, sto studiando tutti i film di un certo genere per potermi eventualmente dedicare al crimine con un certo successo… per la carriera politica non ho abbastanza pelo sullo stomaco, purtroppo. 🙁

  12. Alberto Cassani ha detto:

    Plissken, allora ti consiglio “I mitici – Colpo gobbo a Milano”. Ricordo benissimo che all’epoca il protagonista definì il colpo raccontato “assolutamente realizzabile”.

  13. Plissken ha detto:

    He he he grazie Cassani… in caso di buon esito non mancherò di inviarti una cartolina dalla mia nuova (regale) residenza alle Bahamas. Eventualmente potrei anche inviare un cospicuo bonifico, ma ti converrebbe aprire un conto in Svizzera… 🙂

    Ahem… chiedo venia; tornando in tema, ho notato che per ciò che concerne il mondo discografico vi sono “etichette indipendenti” (scusate eventualmente il termine se improprio) che cercano di distribuire lavori di gruppi o cantanti nel limite delle loro possibilità: non esiste nulla di equiparabile nel mondo del cinema nostrano? Poi, giusto per curiosità, la nuova “era digitale” riferita alle “pellicole” cinematografiche potrebbe far decrescere i costi di distribuzione a vantaggio del cinema indipendente?

  14. Alberto Cassani ha detto:

    Il problema della distribuzione indipendente è che le sale sono sempre quelle (anzi: sempre di meno), mentre nei negozi di dischi un posto sugli scaffali in proporzione è più facile trovarlo, per una mera questione di spazio. La proiezione digitale ha notevolmente abbassato i costi di distribuzione, ma nonostante il numero di sale digitali sia in costante aumento quelle che possono essere interessate a distribuire film indipendenti “di nicchia” non sono ancora attrezzate visto l’esborso considerevole che il passaggio richiede.

  15. Plissken ha detto:

    Ah, ho capito, thanks. Beh, una buona notizia c’è: “La proiezione digitale ha notevolmente abbassato i costi di distribuzione”; speriamo che i multisala riescano ad adeguarsi alla nuova tecnologia: forse (forse) potrebbe crearsi in queste strutture un po’ d’attenzione in più verso il cinema indipendente, tutto sommato basterebbe tenere i film per un paio di giorni, visto che sono prevalentemente i cinefili o gli studenti che seguono questo tipo di Cinema.

  16. Alberto Cassani ha detto:

    I multisala delle grandi catene sono sicuramente tutti già passati al digitale, al massimo non sono ancora predisposte tutte le sale per il 3D. Comunque durante la settimana le sale son sempre vuote, non gli costerebbe nulla mettere in programmazione qualche piccolo film italiano e vedere come va.

  17. weach illuminati ha detto:

    Caro Plissken , se ti può consolare, anche sono nel settore edilizia , imprenditore, o fu imprenditore ancora non si sa bene,
    Quindi coprendo l’amarezza del nostro mondo del mattone che peggio non potrebbe essere.
    grazie a Dio sono ancora vivo per il momento mi resta il reiki il cinema,i miei libri …mie passioni inossidabili.
    Caro Plissken è vero le multi sale potrebbero nei turni infrasettimanali offrire degli spazio per il coraggioso cinema indipendente senza particolarmente dover soffrire , forse con un poco di intelligenza, anche con vantaggio,
    un saluto anche ad Alberto

  18. Plissken ha detto:

    Capperi Weach, ti dirò che quasi mi spiace che anche tu faccia parte di quella che oramai è una categoria, ahinoi, sventurata. Mi fa piacere che le tue passioni riescano ad esserti d’aiuto in questi momenti difficili(ssimi): io sovente non riesco a scindere del tutto le enormi problematiche dovute a questo periodo dai miei interessi/passioni, ma ci provo; Cinefile mi è d’aiuto in questo, anche grazie all’apporto di persone come Vossia. 🙂

    Chiudendo detta mesta parentesi, e tornando alle argomentazioni esposte de te ed il Cassani, l’idea di dedicare qualche giorno infrasettimanale al cinema indipendente potrebbe essere vincente anche per i gestori di multisala, chissà. Non sarebbe una cosa nuova tutto sommato, perlomeno nelle città più grandi si faceva già trent’anni fa o quasi: ricordo che da giovane, in visita nella capitale, vidi “Fandango” in un cinema con più “sale”: quella dedicata al film in questione era una micro-sala, che so, una settantina di posti, (sedie, non poltroncine) tutti occupati. Biglietto pieno ma ottima proiezione con soddisfazione di tutti i presenti. Certo erano altri tempi ma… come dice il Cassani, certi esercenti potrebbero esporsi un attimino e vedere perlomeno “come va”.

  19. Elisabetta Minen ha detto:

    Sono appena scesa dalla casetta sull’albero (non è una battuta ma gita di post ferragosto che ho fatto con mia figlia…) e non immaginavamo che fiorisse così la discussione sul mio film (territorio anche di interessanti divagazioni sulle difficoltà non solo del cinema indipendente). La cosa mi emoziona ed è oltremodo stimolante… Accolgo con gioia l’esortazione di Weach a liberarmi delle zavorre, a quella “leggerezza” che sempre ricerco ma che trovo raramente nelle cose che faccio.
    Volutamente la scrittura del film si apre a diverse interpretazioni a seconda della sensibilità di ciascuno. I personaggi stessi si prestano a una visione multisfaccettata, non mi disturbano quindi le percezioni diverse… E’ un “disincanto poetico”, non un trattato scientifico o filosofico, e questa accezione mi concede ogni “errore”, ogni divagazione, ogni volo pindarico e ogni cosa non propriamente detta…
    E speriamo che poi tutto possa funzionare “mirabilmente” come dice Weach!
    Ciao a tuttti e 3!

  20. Alberto Cassani ha detto:

    Ci tenga comunque informati sulle possibili aperture distributive, eh?

  21. Plissken ha detto:

    Ricambio il saluto; spero un giorno di poter anch’io discutere del film.

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