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Amen. di Costa-Gavras

18 aprile 2002 Recensioni 0 Commenti
Amen.

Mikado, 19 Aprile 2002 – Superficiale

Kurt Gerstein è da poco diventato tenente delle SS. Sta perfezionando un gas tossico utile a bonificare dai batteri i territori conquistati in guerra, ma quando scopre che viene usato per sterminare gli ebrei ne parla con un giovane gesuita, che tenta di convincere il Papa a prendere posizione a riguardo…


Ulrich Tukur in Amen,C’è un’immagine ricorrente, nel corso di Amen.: quella di un treno merci che percorre lo schermo correndo silenziosamente lungo i binari, avanti e indietro. Nel viaggio di andata, il treno viaggia vuoto, con i vagoni aperti; al ritorno i vagoni sono chiusi, e li sappiamo stipati di ebrei destinati ai campi di concentramento. E’ un’immagine che torna spesso, ed è una delle poche cose davvero efficaci, nelle oltre due ore di durata di questa pellicola.

Mathieu Kassovitz in una scena di Amen.Il film è tratto da un’opera teatrale, Il Vicario, di Rolf Hochhuth. L’ufficiale delle SS Kurt Gerstein è realmente esistito, il gesuita Riccardo Fontana è totalmente inventato. Qui sta, forse, la chiave del film: Amen. non è un documentario, non è granché attendibile dal punto di vista storico, ma purtroppo qualche pretesa in tal senso ce l’ha. Amen. è una denuncia contro chi sapeva e non ha fatto nulla per impedire l’eccidio degli ebrei, ma sembra una mitragliata nel mucchio, una bomba lanciata ad occhi chiusi: il film si scaglia contro tutto il clero, contro il Vaticano, contro la Chiesa Cattolica – che finisce persino per aiutare i soldati nazisti a fuggire in Sud America – facendo dei Protestanti gli unici veri buoni di cuore. Peccato, perché l’argomento poteva offrire molta più profondità di analisi, molte più occasioni per essere davvero critici (ed efficaci). Vedere per esempio il recente, e bellissimo, A torto o a ragione di István Szabó.

Una scena di Amen.Mathieu Kassovitz è ben poco convincente nel ruolo di Riccardo, al contrario Ulrich Tukur è molto bravo: riesce a trasmettere con pochi gesti, pochi particolari, lo stato di inquietudine progressiva in cui il suo personaggio cade man mano che la storia procede. Belle le musiche di Armande Amar, mediocre invece la fotografia curata da Patrick Blossier, che non aiuta in alcun modo lo spettatore a credere che i fondali finti siano ambienti reali. Anche la regia di Costa-Gavras è qui tecnicamente mediocre: a tratti televisiva (con movimenti di macchina e zoomate spesso inguardabili), a tratti teatrale (lunghi piani fissi che servono solo a rallentare il ritmo), mai convincente.

Sebastian Koch in una scena di Amen.La presentazione di Amen. al Festival di Berlino 2002 è stata preceduta (e seguita) da una forte polemica riguardante la locandina, che molti hanno trovato di cattivo gusto per via di quella svastica che si trasforma in croce (o viceversa). Polemica tanto forte che la Mikado ha deciso di distribuire il film senza affiggerne i manifesti in giro per le strade d’Italia. In un paese moralista come il nostro non c’era da aspettarsi niente di meno, tant’è vero che l’estate scorsa Il giardino delle vergini suicide fu epurato di una frase non esattamente complimentosa nei confronti del Papa. Non ha però senso acquistare un film e poi non sostenerlo appieno, non spingerlo a guadagnarsi l’interesse del pubblico. Non ha proprio senso.


Titolo: Amen. (Id.)
Regia: Costa-Gavras
Sceneggiatura: Costa-Gavras, Jean-Claude Grumberg
Fotografia: Patrick Blossier
Interpreti: Ulrich Tukur, Mathieu Kassovitz, Ulrich Mühe, Michel Duchaussoy, Marcel Iures, Ion Caramitru, Friedrich von Thun, Antje Schmidt, Hanns Zischler, Sebastian Koch, Erich Hallhuber, Burkhard Heyl, Angus MacInnes, Bernd Fischerauer
Nazionalità: Francia, 2002
Durata: 2h. 10′


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