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Soundtrack: Disobedience di Matthew Herbert

18 febbraio 2019 Soundtrack 0 Commenti
Disobedience

Roberto Pugliese, in collaborazione con Colonne Sonore* * * *

La partitura scritta dal compositore, disk-jockey e produttore britannico Matthew Herbert per il Disobedience di Sebastián Lelio è una musica evanescente, onirica, inafferrabile, ottenuta ricorrendo a sonorità flebilmente sussurrate, sia elettroniche sia acustiche…


Le tonalità abitualmente sommesse, pudiche, dolentemente riservate con cui il cinema racconta (e la musica commenta) le storie d’amore saffico trovano in Disobedience una variante particolarmente intensa, frutto anche del tocco sensibile e problematico con cui il regista cileno Sebastián Lelio suole perlustrare figure femminili dal profilo drammaticamente tormentato e dalla sessualità tanto prorompente quanto intricata, come la divorziata quasi sessantenne Gloria del film omonimo, o la trans Marina di Una donna fantastica. Di questa esplorazione fanno parte anche le due protagoniste di questo film (le due Rachel, Weisz e McAdams), travolte da un’irrefrenabile passione reciproca osteggiata e anzi repressa con forza dalla comunità ebraica ortodossa, violentemente omofoba, cui entrambe appartengono. Dunque uno scenario teso, tratto dal romanzo semiautobiografico della scrittrice Naomi Alderman, conflittuale ma al contempo partecipe, del quale fa senz’altro parte la score fluttuante, impalpabile e misteriosa di Matthew Herbert.

Compositore, disc-jockey e produttore britannico, molto versato sul fronte della sperimentazione elettronica e di uno spiccato polistilismo, Herbert aveva già collaborato con Lelio per Una donna fantastica, ma si è segnalato anche per le raffinate e insinuanti partiture per altri ritratti femminili tutt’altro che scontati, come Agathe Cléry di Étienne Chatilliez e Quando verrà la pioggia di Kristiane Levring, anche se la sua impresa più interessante rimane senz’altro la “ricostruzione” della Decima Sinfonia di Gustav Mahler (impresa la cui versione più nota resta quella del musicologo inglese Deryck Cooke), che il compositore boemo lasciò incompiuta ultimandone solo lo sconvolgente Adagio, e che Herbert ha ricomposto lavorandovi nei luoghi mahleriani per eccellenza, tra la casetta di composizione e il rifugio di Dobbiaco dove Mahler trascorse le ultime estati della sua vita creando le sue opere finali.
In un certo senso, si scorgono tracce di tutto questo stimolante e intellettualmente denso percorso anche nella partitura di Disobedience: è una musica evanescente, onirica, inafferrabile, ottenuta ricorrendo a sonorità flebilmente sussurrate, sia elettroniche sia acustiche. Una specie di costante “sottovoce” cui obbediscono pagine come “Beasts & Angels” o “En route”, nelle quali su uno sfondo simile a un ininterrotto sospiro si levano brevissime frasi di violini o violoncelli (“Procession”), che si spengono appena iniziate. Sembrano i lasciti di un camerismo intimista, riflessivo, che a ben vedere è in qualche modo imparentato con alcune delle pagine più scarne e sofferte di Mahler (dall’Adagietto della Quinta all’Adagio della Nona e della stessa Decima); il lavorio, tenue ma ostinato, degli archi disegna trame esili e semplicissime, come il tema di due note che affiora da “Wig shop” e “Supermarket”, arabescato dai fiati e da riverberi cristallini. È un clima, un ambiente sonoro sottovuoto, algidamente contemplativo, che affida di preferenza alle enunciazioni timide, rapprese degli archi una componente tutto sommato melodica, delegando alla presenza synth una “scenografia” di vitrea, immobile trasparenza (“Shower”, “Consequences”).

Quasi inutile annotare che è del tutto assente, in una simile partitura, qualsiasi componente di semplicistico e ammiccante sentimentalismo: per accendere il clima e accrescere la passione, Herbert sceglie la strada della stratificazione timbrica (“Alone”), aggrovigliando le armonie e mai spingendosi oltre i confini del “piano”. I brani hanno poi la dimensione in qualche caso di veri e propri frammenti, destinati a evaporare dopo pochi secondi nello sfarfallio degli archi o delle tastiere (“After the argument”, “Beyond the argument”), mentre a tratti la spigolosità delle dissonanze si smussa in una ragnatela di effetti alienanti e – come dire? – “extracorporei”, approdando ad una particolarissima forma di musica da fantascienza psicologica (“Pharmacy”). Altrove, come in “Looking for Esti” o soprattutto nell’impressionante “Hesped”, sono rintracciabili echi impressionisti, nel baluginare nebbioso dei synth attraversato da una lenta, solenne frase degli archi, il che porta quasi a riflettere – con un po’ di temeraria fantasia – su cosa avrebbe potuto ricavare dalle moderne tecnologie un compositore come Claude Debussy

“Goodbye” e “For love”, con i loro oltre undici minuti, sono le pagine più lunghe della score, e ne riassumono compiutamente lo spirito. Nella prima gli archi si riappropriano di una funzione protagonistica addensandosi ancora in fraseggi di pacata gravità, mentre nella seconda il gioco degli staccati precede la prima e ultima concessione di Herbert a un cantabile disteso e accorato dei violini, in un aprirsi liberatorio e irresistibile alle onde del sentimento (non, ripetiamolo, del sentimentalismo): sempre però pedinato da quelle movenze in staccato che in qualche modo ne infastidiscono e allarmano il percorso. Simboleggiando così, in congedo, tutta la difficoltà e pericolosità di lasciarsi andare al proprio cuore senza mantenere accesa almeno una spia di razionalità, necessaria per metterci al riparo dalle catastrofi dell’anima.


La copertina del CDTitolo: Disobedience (Id.)

Compositore: Matthew Herbert

Etichetta: Varese Sarabande, 2017

Numero dei brani: 21

Durata: 48′ 13”


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