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"Lasciami entrare" di Tomas Alfredson

10 dicembre 2008 Recensioni 28 Commenti
Lasciami entrare

Bolero Film, 9 Gennaio 2009 – Indecifrabile

Oskar, un dodicenne timido e ansioso, è regolarmente preso di mira dai compagni di classe. Mentre fantastica su come vendicarsi incontra la coetanea Eli, appena trasferitasi con il padre nella casa accanto. La ragazza è pallida, ha uno strano odore ed esce solo quando è buio….


Una scena di Lasciami entrareApprocciandosi a Lasciami entrare non si può fare a meno di lasciar andare per un istante la mente al recentissimo fenomeno mediatico di Twilight, con il quale riscontra non poche affinità sul piano del soggetto narrativo e dello sviluppo, pur essendone esteticamente e teleologicamente distante. Lo svedese Tomas Alfredson, infatti, racconta una storia che, come quella della sua più celebre collega statunitense, è la strana avventura sentimentale tra due adolescenti particolari: uno di loro è un vampiro.

Lina Leandersson in Lasciami entrareI ruoli secondo la visione di Alfredson, anche lui ispiratosi da un romanzo, in questo caso quello del suo conterraneo Lindqvist, si invertono: ad essere un non-morto è la parte femminile della strana coppia le cui gesta si dipanano sullo schermo. Ma mentre in Twilight siamo di fronte a una vera e propria storia d’amore, il cui inciampo narrativo che dà il la al dipanarsi della vicenda è la particolare condizione di una delle parti in causa (così come, più prosaicamente, sarebbe potuto essere stato un qualsiasi altro elemento “reale”), il piano su cui si dipana Lasciami entrare è quello di un accennato romanticismo, che vive e cresce grazie alla particolare somatizzazione del proprio disagio esistenziale del ragazzo “normale”, affascinato dal mondo della cronaca nera, che non sa fare di meglio per affascinare la ragazza dalla quale è attratto di trascinarla in uno scantinato e proporle di unire il loro sangue, con tutte le conseguenze del caso. Problematicità e complessità rimarcata dall’asessualità della piccola vampira, che si palesa sotto sembianze femminili ma che in realtà vive un’esistenza al di fuori della dicotomia uomo/donna che invece emerge fortemente nella storia made in USA. Tutti elementi, questi, che aiutano a condire la narrazione con quegli improvvisi scoppi di macabra violenza che segnano un racconto che fin da subito prende le sembianze di una vera e propria storia dell’orrore.

Kåre Hedebrant in Lasciami entrareLa regia è molto attenta nella cura della messa in scena, caratteristica dei film di genere, ma anche profondamente innervata nella cultura cinematografica scandinava. Il fuoricampo è, così, padrone assoluto della scena insieme con una scelta dell’inquadratura sempre troppo incollata o troppo distante dai personaggi, in modo da non rendere mai lo spettatore padrone di quel che accade sullo schermo.

Un film particolare, che ha diviso la critica nel suo passaggio all’ultimo Festival di Torino, ma dalla visione del quale si esce difficilmente con un giudizio chiaro. Troppo particolare sia per piacere incondizionatamente che per essere stroncato. Lasciamo all’incuriosito lettore l’ultima parola.


La locandina di Lasciami entrareTitolo: Lasciami entrare (Låt den rätte komma in)
Regia: Tomas Alfredson
Sceneggiatura: John Ajvide Lindqvist
Fotografia: Hoyte Van Hoytema
Interpreti: Kåre Hedebrant, Lina Leandersson, Per Ragnar, Henrik Dahl, Karin Bergquist, Peter Carlberg, Ika Nord, Mikael Rahm, Karl-Robert Lindgren, Anders T. Peedu, Pale Olofsson, Cayetano Ruiz, Patrik Rydmark, Johan Sömnes
Nazionalità: Svezia, 2008
Durata: 1h. 54′


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Attualmente ci sono 28 commenti a questo articolo:

  1. ODIO i film TRUZZI ha detto:

    Bello. Lo definisco un horror delicato. Voto: 7.5

  2. Andrea ha detto:

    Film stupendo che con la saga di Twilight c’entra solo nella tematica (amore umano – vampiro) ma che è di una delicatezza unica. Terribile come dei film dozzinali come quelli di Twilight abbiano avuto successo mentre questo piccolo capolavoro sia rimasto in secondo piano. Putroppo il remake americano lo svilirà..

  3. Alberto Cassani ha detto:

    Stupendo è un po’ troppo, però è certamente un ottimo film. “Twilight”, a parte che sono romanzi ridicoli e film rozzi, sono più che altro storie romantiche, con solo la particolarità di vampiri e lupi mannari, adatte alle ragazzine adolescenti. Qui il pubblico di riferimento è diverso, non solo perché il film è più violento – sia fisicamente sia psicologicamente – ma anche perché i personaggi sono più giovani e quindi non permettono agli spettatori un’identificazione diretta.

    Il regista del remake è quello di “Cloverfield”. Leggendo tra le righe delle sue dichiarazioni, mi viene da pensare che il film cercherà qualche colpo di scena immediato in più ma tralascerà tutte le situazioni e i temi controversi che invece rendevano il film originale (e, immagino, il romanzo) così interessante.

  4. Andrea ha detto:

    Sono d’accordo.
    Dovendolo rigirare in inglese io lo avrei fatto shot by shot (così come è capitato con Funny Games), per non perdermi lo spirito del film originale. Ho ancora in mente lo scempio fatto a Two Sisters….
    Comunque magari mi sbaglio e ne uscirà un bel film, vedremo (Cloverfield, in effetti, mi è piaciuto un sacco).

  5. Alberto Cassani ha detto:

    Secondo me lo shot by shot è una cosa che ha poco senso, soprattutto quando la localizzazione geografica della storia è cambiata. Una determinata inquadratura ha senso in un certo luogo, ma non è detto che abbia lo stesso senso in un luogo completamente diverso. Allo stesso modo, determinati dialoghi e situazioni hanno senso in un certo ambiente socio-politico, ma una volta spostati d aun’altra parte devono necessariamente essere riadattati. In questo caso, poi, siamo passati dalla fredda Svezia all’assolato Nuovo Messico, per cui direi che è giusto rielaborare il materiale originale. Semmai, mi chiedo se il materiale di partenza sia il romanzo o il film.

  6. Andrea ha detto:

    Vedremo, certo che se negli Stati Uniti usassero doppiare i film come da noi alcune brutture (vedi la trasposizione di Two Sisters in the The uninvited) le eviteremmo.

  7. Alberto Cassani ha detto:

    In realtà non è sempre un disastro. “The Uninvited” era effettivamente brutto, ma ad esempio il primo “Ring” statunitense era molto ben riuscito.

  8. Marco ha detto:

    Sicuramente non lascia indifferenti, lo stile registico “svedese” come lo definisce il recensore si vede però, sinceramente a me, non è affatto dispiaciuto ma anzi lo trovato adatto al tipo di racconto e la regia è veramente molto buona.
    Ambientazioni veramente azzeccate e trucchi ed effetti pochi ma buoni.
    Bravissimi tutti i protagonisti, il feeling che si crea fra i due ragazzini è molto ben descritto.
    La scena finale (un autentico massacro “mostrato” nel silenzio più profondo) è spettacolare ed originalissima.
    Non so se definirlo un dramma a tinte d’horror o viceversa, ma resta il fatto che è da vedere per forza.

    Forse noi siamo abituati a ben altri film, con bel altri stili di regia e montaggi più frenetici, ecco perchè non ha girato qui da noi e forse ecco perchè una seconda visione, a me particolarmente, non sarebbe la stessa della prima che risulterebbe inutile e, ho paura, possa risultare anche noiosa.
    Forse il remake non avrà lo stesso impatto dell’originale ma la regia, a cui siamo avvezzi, farà in modo che più visioni non risultino noiose.
    Concordo con l’aggettivo indecifrabile, anche se io l’avrei messo di color verde.

    Riguardo The Uninvited io (che non ho visto l’originale) lo trovato interessante e il finale sinceramente mi ha lasciato di stucco, si sarà un clichè (difatti di finali così già si sono visti) ma la narrazione del film sinceramente non fa in modo che si capisca e alla fine il colpo di scena risulta efficace.

  9. Alberto Cassani ha detto:

    Scusate, ho fatto confusione. Parlavo di “The Uninvited” ma pensavo a “Il mai nato”, che è una porcheria. “The Uninvited” non mi era dispiaciuto, ma in confronto allo splendido originale è un film di poco conto. Emanuele Rauco l’aveva un po’ stroncato, odiando soprattutto il modo in cui viene costruito il finale (che è leggermente diverso da quello originale), ma poi col sito nuovo (che ormai ha un anno) ho preferito togliere la sua recensione perché non mi trovavo d’accordo. Il fatto, comunque, è che farci dei remake hollywoodiani è l’unico modo perché queste storie arrivino ad un pubblico che mai andrebbe a vedere un film coreano o giapponese.

  10. Anonimo ha detto:

    una sola nota
    dare il la si scrive senza accento
    buon lavoro

  11. Anonimo ha detto:

    certo che guardando i commenti si scopre come la grammatica italiana sia proprio un’opinione

  12. Alberto Cassani ha detto:

    Hai ragione anonimo, m’era sfuggita la correzione. Per i commenti è vero, c’è la scusa che magari si scrive in fretta ma in giro per internet (non solo su CineFile) si leggono tantissime brutture.

  13. Guido ha detto:

    Guardando questo film ieri sera, mi sono fatto una bella risata.
    Non per il film, che reputo eccellente (ha ragione Marco: il giudizio qui è senza dubbio verde), ma per un confronto con il fenomeno “Twilight”: io non ne ho visto nessuno, ma la bellezza e la profondità della storia del film scandinavo rispetto a quello americano è incommensurabile. Questo film è un concerto senza una stonatura (forse avrei realizzato meglio la scena dei gatti, per chi se la ricorda). I due giovani attori nordici hanno le facce giuste e tengono da soli in piedi il film, che a sua volta è ricco di momenti splendidi (la gita al lago ghiacciato, il tentato omicidio nello spogliatoio della palestra; la magnifica sequenza della piscina, che sa tanto di liberazione da un incubo , per non parlare dell’ultima scena, toccante e originale. Un film bellissimo. Raramente in un horror si scava così a fondo nei personaggi. Ma soprattutto indimenticabile.

  14. Alberto Cassani ha detto:

    Massì, “Twilight” è una cosa a parte, non è un film di vampiri. E’ un Harmony che prende un paio di spunti dalla tradizione vampiresca, non lo si può contestare più di tanto. Si possono semmai contestare quelli che lo credono un capolavoro (film e libro).

  15. Guido ha detto:

    Senza dubbio.

  16. Plissken ha detto:

    Capperi spiace anche a me per “l’arancione”.

    Concordo con Guido, secondo me questo film è davvero ben riuscito e a suo modo “profondo”. Il riferimento a “twilight” lo reputo personalmente valido giusto perché si parla di vampiri, ma per il resto sarebbe come confondere la c*cca con la nutella.

    Personalmente lo ritengo l'”horror” più interessante degli ultimi anni; “l’accennato romanticismo” (coadiuvato dalla bellissima colonna sonora) a cui fa riferimento la recensione riesce ai miei occhi a porlo su di un piano ben più elitario rispetto ai flm sul generis, anche perché si discosta fortunatamente dal patinato standard “twilightesco” da cartolina.

    Mi sembra siano ravvisabili nella pellicola alcune problematiche legate ai problemi giovanili, quali la solitudine, l’estraneità al mondo adulto, le difficoltà inerenti l’impossibilità di difendersi in molte circostanze, il rapporto con genitori (separati) problematico, il bisogno di legarsi a qualcuno che trascende la sessualità… insomma vi sono molti elementi che vengono affrontati in maniera non certo profonda ma interessante al fine di giustificare la presenza, sia essa benigna o maligna, di una vampira/o dalle adolescenziali fattezze. Il bello è che non mi sono parse furbate atte a impreziosire un horror, ma parti necessarie allo sviluppo del film, che senza di esse perderebbe credo gran parte del suo fascino.
    Sono questi problemi e le vessazioni a cui Oscar è sottoposto che consapevolmente innalzano ai nostri occhi un essere “mostruoso” a salvatore, un salvatore che in un finale “liberatorio” (questo sì, per quanto bello un po’ furbo) riporta alla vita Oscar, ottenendo una legittima riconoscenza mista però tra amore e servilismo probabilmente vita natural durante.
    Peccato in effetti per un paio di scene (gatti e corpo in fiamme) di troppo, inserite in maniera un po’ forzata.

    Per quel che ne capisco, dal punto di vista tecnico la pellicola è molto valida, sia nella regia che nel montaggio. Buona anche la fotografia, che riesce a dare risalto alla bellissima ambientazione nordica e crepuscolare.

    Per i miei gusti personali, un gran bel film, attendo con impazienza “la talpa” dello stesso regista dalla cui recensione sono giunto a questo link.

  17. Andrea ha detto:

    Nell’attesa che il semaforo viri al verde, consiglio ai gentili fruitori di questo sito di recuperare un altro piccolo gioeillino della filmografia svedese: “Fucking Amal” di Lukas Moodysson (1998).
    ps: A dispetto del titolo le luci rosse non c’entrano 🙂

  18. Alberto Cassani ha detto:

    Non è proprio lo stesso tipo di film, però…

  19. Andrea ha detto:

    Vero, ma visto che non c’è (ancora) la sua recensione, l’ho voluto segnalare su questi commenti.

  20. Alberto Cassani ha detto:

    In realtà c’era, ed era positiva, ma ho preferito toglierla perché era scritta tutt’altro che bene.

  21. Plissken ha detto:

    Non ho mai avuto modo di vedere “Fucking Amal”. Vi è qualche analogia, soggetto a parte, con “Lasciami entrare”?

  22. Alberto Cassani ha detto:

    A parte la provenienza geografica e il fatto di avere al centro tormentati amori adolescenziali, nulla.

  23. Plissken ha detto:

    Ok thanks, pensavo potesse esserci qualche elemento in comune, che so, il tipo di regia o l’ambientazione crepuscolare o altro.

    Vedrò comunque di procurarmelo, grazie per l’informazione.

  24. Andrea ha detto:

    Visto Blood Story. Buon remake che, a parte qualche aggiunta horrorifica in più, mantiene abbastanza lo spirito dell’originale (che resta superiore).
    Nota di colore: ma guardarsi, che ne so, i Goonies, per pettinare gli adolescenti come nei primi anni 80 era così difficile?:-)

  25. Plissken ha detto:

    Visto lo scempio che più volte è stato fatto da produttori americani nel trasporre in codice USA film di altre nazioni, mi sono ben guardato dal visionare “Blood story”.

    E’ che “Lasciami entrare” mi è piaciuto davvero parecchio, mi spiacerebbe dovermi irritare nel prendere visione di un “ramake” ad uso e consumo jankee.

    Andrea, eventualmente ti ritengo responsabile, he he he… 🙂

  26. Marco ha detto:

    Visto “Blood Story”. Non mi espongo a dire quale sia il film che mi è più piaciuto perchè li ho apprezzati entrambi, uno con qualcosa meglio fatto rispetto all’altro e viceversa.
    Alcuni esempi: in BS il sangue scorre più copioso che in LE e, da fan horror, ho ben apprezzato; in BS il suicidio del tutore di Abby è girato magnificamente, una sorta di incidente fatto in prima persona dentro l’abitacolo della macchina che riesce a far interagire appieno lo spettatore, comunque molto meglio della scena di LE che si svolge in una palestra; la scena finale della piscina in LE ha di sicuro un impatto maggiore che in quella di BS che a parer mio è troppo sbrigativa; in LE l’ambientazione è assolutamente azzeccata, invece il BS la falsa neve del New Mexico non dà lo stesso risultato (ma ambientarlo in Canada no?).
    In entrambi ho ben apprezzato tutti gli attori (notevole la scelta in BS di non mostrare mai in volto la madre del ragazzo, dato che è una persona assente nella sua vita), la fotografia, le musiche (più coinvolgenti quelle di Giacchino in BS) e la regia, ottime in entrambe (anche se bidogna dire che Alfredson punta più sull’estraneamento dello spettatore tenedolo sempre “lontano” dai protagonisti, mentre Reeves riesce a rtenderci più partecipi, cosa che mi è piaciuta).
    Da notare il fatto che fra le due versioni i ragazzi si invertono di pettinatura, come a voler dimostrare che Oskar abbia un qualcosa di femminile mentre Eli è ambigua, quasi quasi una persona ibrida, mentre in BS la divisione è evidente.
    Non credo però alle dichiarazione che fece Reeves, dicendo che il suo non era un remake di LE ma una degna trasposizione del romanzo, impossibile dato che i due film si assomigliano tantissimo, quasi da shot-to-shot (a parte il cambio all’inizio della storia ma che comunque non fa nessuna differenza), diciamo invece che in America non si usa doppiare film di provenienza estera ma si mandano direttamente in videoteca sottotitolati, con la conseguenza di non essere visti da nessuno, ecco che parte il remake a stelle e estriscia in modo che una storia (che vale la pena di essere raccontata) esca al cinema in modo da poter essere visionata dagli americani. Questa è la verità.
    Comunque lasciando stare i motivi di un’operazione come questa, reputo BS uno dei remake meglio fatti finora, con un comparto tecnico dignitosissimo, partendo dalla regia.
    Il suo unico errore è di essere arrivato secondo.

  27. Anonimo ha detto:

    il titolo del film sembra un film porno. io o visto questo film e devo dire che e davvero un otimo film. il regista se non sbaglio a diretto anche uomini che odiano le donne si?

  28. Plissken ha detto:

    Ieri sera ho avuto l’ardire di visinare “Blood Story”. Anche se ad un anno di distanza ho seguito il consiglio di Andrea non senza aver letto anche la disamina a mio avviso ben redatta di Marco.

    Debbo dire che difficilmente mi è capitato di assistere ad una ritrasposizione for USA di così alta valenza, per cui mi associo alle impressioni dell’Andrea e del Marco che ringrazio per le “dritte”. 🙂

    Il film m’è parso ben riuscito, non so come possa Reeves dire che non è stato influenzato dal lavoro di Anderson, visto che come fatto notare dai Signori di cui sopra è palese la parentela stilistica tra le due pellicole, al di là della riproposizione di talune scene in chiave qualsi identica. Come ho già detto, personalmente ho trovato questa pellicola di più che buona fattura, anche se non ritengo sia a livello dell'”originale” di Anderson, che mediante parecchie “sfumature” dà prova di maggior maturità e sensibilità.
    Piuttosto divertente constatare come anche in questo film (“anche” perché ciò è comune a molti “remake” fatti per gli USA) vi siano alcune scene aggiunte al fine di esplicare in maniera più chiara qualche aspetto della trama (parecchi dialoghi con frasi aggiunte, le foto del “compagno” della ragazza vampiro da giovane, ed altro) quasi gli americani avessero qualche generale problema di q.i.

    Dissento un pochettino dall’opinione di Marco secondo la quale i due film si equivalgono e quello di Anderson vince solo per questioni di carattere “temporale”: a mio personale avviso Anderson è riuscito a mantenere un livello più alto e più efficace e non so Reeves come avrebbe risolto il tutto senza ricorrere alle peculiari atmosfere del film capostipite.
    Comunque sia a mio avviso questo “Blood Story” è molto interessante e merita senz’altro una visione.

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