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"Le fossé" di Wang Bing

8 settembre 2010 Recensioni 1 Commento

Inedito in Italia – Stilizzato

Nel 1960 sono numerosissimi i dissidenti dal regime comunista che vengono rinchiusi nei campi di lavoro. In questi inferni scavati nella terra, i prigionieri vivono in condizioni naturali devastanti, nel gelo e nella fame più crudeli. Qualcuno cerca di reagire, ma per altri non c’è speranza…


Una scena di Le fosséScongiurate tutte le paure di chi temeva una scelta davvero originale per il film a sorpresa di Venezia 2010. Dopo giorni in cui le voci di corridoio si rincorrevano sfrenate tanto che alcuni eretici ipotizzavano addirittura l’arrivo di John Carpenter, a ravvivare un concorso ossessivamente incentrato sul tema della morte e invaso da film orientali, finalmente eccolo. Trattasi di un film che è sì prodotto dalla Francia, paese europeo come annunciato, ma con un tema, un regista e un cast che più cinese di così c’è solo la Grande Muraglia. Che però non viene a Venezia.

Una scena di Le fosséAl di là del contesto in cui è stato inserito, il film vuole descrivere la vita in un uno dei campi di lavoro istituiti dalla dirigenza comunista nel momento del tramonto di quello che fu chiamato il “Grande balzo in avanti”. Quello che fu il macroscopico errore alla base della morte di milioni di persone stremate dalla fame e dal lavoro in condizioni disumane rivive qui senza pietà, senza che nessun dettaglio sia risparmiato, offrendo una visione che potrebbe risultare a tratti difficile da sopportare. Le fatiche, la denutrizione estrema, il gelo, gli abusi ingiustificati dei soldati, il cannibalismo, la perdita di qualsiasi umanità, la disperazione, la rabbia, la morte: tutto questo c’è e viene rappresentato con grande efferatezza.

Il regista Wang BingQuello che manca a questo film immobile e straziante è una drammaturgia che affianchi la trasmissione del lucido messaggio di cui il film si aggressivo portatore. I personaggi introdotti sono tanti, troppi, per dar loro un’identità che oltrepassi quella di vittima del dramma collettivo: questo finisce per nuocere all’identificazione dello spettatore, che assiste a un film di finzione come se fosse un documentario. Le guardie del regime poi, vengono presentate come dei manichini assoluti e feroci, privi di qualsiasi cedimento morale di fronte all’orrore, e questo denota una mancanza di sensibilità non da poco. Se alcuni prigionieri, nella parte centrale, interpretano quasi un episodio a sé stante, quando l’unica donna del film viene a trovare suo marito e inizia una sfibrante ricerca del suo cadavere, allora il film acquista una marcia in più, riesce davvero a coinvolgere lo spettatore. Purtroppo, però, questa parte è troppo breve per risollevare il film e anzi sottolinea involontariamente tutte le carenze che affliggono la sua quasi totalità.

Una scena di Le fosséQuello che rimane è un film complesso, che affianca un tema durissimo a un certo numero di immagini destinate a rimanere, ma incapace di nascondere il fatto che un documentario sarebbe stata una scelta per molti versi preferibile. In ogni caso un film in cui, per chi ci crede ancora, la sostanza supera la forma, troppo simile ad altre opere da cui il film vorrebbe invece distanziarsi. Sostanza studiata a tavolino per compiacere determinate giurie e organizzatori, non è difficile ipotizzare come il film possa portare a casa qualche premio importante. D’altronde, un’altra natura morta rappresenta un precedente da considerare molto attentamente…


Il manifesto del Festival di Venezia 2010Titolo: Le fossé
Regia: Wang Bing
Sceneggiatura: Wang Bing
Fotografia: Lu Sheng
Interpreti: Lu Ye, Lian Renjun, Xu Cenzi, Yang Haoyu, Cheng Zhengwu, Li Xiangnian
Nazionalità: Francia – Belgio, 2010
Durata: 1h. 49′


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  1. […] è visto durante l’ultima Mostra del cinema di Venezia, quando è stato presentato al pubblico “Le fossé“, un film di Wang Bing basato sulle testimonianze di alcuni anziani superstiti. Il cinema […]

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