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Matrix Revolutions dei fratelli Wachowski

31 ottobre 2003 Recensioni 11 Commenti
Matrix Revolutions

Warner, 5 Novembre 2003 – Prolisso

L’esercito di Zion si prepara a respingere l’assalto delle Sentinelle mentre lo spirito di Neo è rimasto intrappolato in un limbo a metà strada tra Matrix e il mondo reale, e solo l’intervento di Morpheus e Trinity può riportarlo indietro. Ma anche riuscendoci, la situazione sarà tutt’altro che semplice…


Hugo Weaving«Non puoi morire, perché io ti amo» diceva Trinity a Neo nel primo episodio. E la futilità delle emozioni umane, dell’Amore in particolare, sembra alla fine della fiera il tema principale della trilogia di Matrix. O meglio: la ribellione alla futilità della vita e delle azioni-sensazioni che la caratterizzano. Una rivoluzione al contrario che si concretizza in questo atteso (e un po’ temuto) terzo capitolo della saga creata dagli allora carneadi Larry e Andy Wachowski, che qui rinunciano a stupire visivamente il proprio pubblico e ne approfittano anche per farsi quattro risate alle spalle di chi evidentemente li aveva finora presi troppo sul serio.

Keanu ReevesE’ chiaro fin dalle sequenze iniziali il tono narrativo che il film prenderà: poca azione, concentrata sostanzialmente in due lunghe – troppo lunghe – sequenze; tanta – ancora troppa – filosofia buttatà lì con poco senso (anche cinematografico) e una ricerca ancor più pronunciata nella caratterizzazione visiva e coreografica dei personaggi, i quali ricordano sempre di più la fauna che riempie i club della Los Angeles notturna che presumibilmente Larry-Lana Wachowski ama frequentare. Questa impostazione allontana ancor di più Revolutions dalla pellicola originale, ma mancando della presunzione del secondo episodio riesce a non far addormentare lo spettatore. Anche se le lungaggini certo non mancano…

Una scenaNon si può dire che i fratelli Wachowski abbiano scritto una sceneggiatura di ferro, piena com’è di stereotipi e di ingenuità (alcune capaci persino di suscitare ilarità), anche se la cosa che più infastidisce è la “sindrome del soprano” che colpisce i personaggi in punto di morte, facendoli spirare solo dopo che hanno pronunciato la duemillesima parola.

Laurence Fishburne e Jada Pinkett SmithL’idea della battaglia tra l’esercito umano e quello delle Macchine combattuta con dei robottoni modello Robotech lascia un po’ perplessi ed il suo sviluppo ne ricorda diverse altre viste in svariati film di guerra. La sua durata e la violenza degli effetti sonori mette invece a dura prova il pubblico come spesso capita con i film d’azione più classici. Ma se è vero (ed è vero) che, come dice il Merovingio, il comportamento dell’innamorato è straordinariamente simile a quello del demente, i Wachowski dovevano amare molto questo loro progetto…

Keanu Reeves e Hugo WeavingKeanu “Fresca brezza che soffia sulle montagne” Reeves veste per la terza volta i panni del personaggio che gli ha regalato lo status di star. Ma il libanese dal nome hawaiano stavolta giogioneggia un po’ troppo e la sceneggiatura impedisce comunque a lui e agli altri di sviluppare i personaggi come ci sarebbe stato modo di fare all’interno di un copione meglio studiato. In più ci si mette anche il doppiaggio, che cambia la pronuncia di nomi e luoghi da una scena all’altra e manda brividi lungo la schiena di chi si trova ad ascoltare parole pronunciate in perfetto stile “scuola di dizione”, che mal si adatta ai personaggi che vediamo sullo schermo.

Carrie-Anne Moss e Keanu Reeves«Non credo nell’Eletto, ma credo in Neo», dice Niobe durante il film. Nel nostro mondo ci sono invece spettatori che credono fermamente nella bellezza di alcuni film, insensibili ai loro anche enormi difetti. La trilogia di Matrix ha saputo ritagliarsi un gran numero di fan sfegatati, che hanno generato un vero e proprio culto e che non hanno voluto (o saputo) vedere i difetti del secondo capitolo. Costoro troveranno certamente modo di apprezzare anche questo terzo episodio, a conti fatti un film abbastanza mediocre e per nulla memorabile, e cercheranno chiavi di lettura alte e piuttosto fuori luogo visto l’impianto generale. Ma chissà…? Forse ha ragione l’agente Smith quando dice che lo scopo della vita è solo quello di finire… e magari lo scopo della critica è solo quello di contraddire il pubblico…


La locandinaTitolo: Matrix Revolutions (The Matrix Revolutions)
Regia: Larry & Andy Wachowski
Sceneggiatura: Larry Wachowski, Andy Wachowski
Fotografia: Bill Pope
Interpreti: Keanu Reeves, Laurence Fishburne, Carrie-Anne Moss, Hugo Weaving, Jada Pinkett Smith, Mary Alice, Ian Bliss, Monica Bellucci, Collin Chou, Nona Gaye, Nathaniel Less, Harry Lennix, Harold Perrineau, Bruce Spence, Gina Torres
Nazionalità: USA, 2003
Durata: 2h. 08′


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Attualmente ci sono 11 commenti a questo articolo:

  1. Fauno ha detto:

    Fracassone.

    Ho trovato “noiose” le scene di guerra tra cunicoli/grotte etc etc…Estremizzando una sensazione, lo definirei “piatto”.

  2. Plissken ha detto:

    Se in confronto al primo “Matrix” è una porcheria, in confronto al secondo è una meraviglia.

  3. Riccardo ha detto:

    Uno dei peggiori film di sempre. Il secondo era noioso, è vero, ma almeno un filo logico lo aveva. Qui, anche se il film tutto sommato non addormenta, è tutta una serie di scene che più volte hanno l’odore della frammentarietà e dell’inutilità. Battaglia finale che sembra non finire mai e finale spettacolare ma ridicolo e incomprensibile.
    Meritava il rosso con teschietto.

  4. Alberto Cassani ha detto:

    A me invece sembra che questo abbia più filo logico del secondo, che in realtà non aveva niente da dire. Questo, come sottolineato dall’aggettivo a inizio recensione, perde un sacco di tempo a “fare il figo” con gli effetti speciali ma mi ha dato l’impressione di avere una maggiore coerenza.

  5. Riccardo ha detto:

    Vebbè poi sono opinioni personali. io Revolution rispetto a Reloaded l’ho proprio detestato. ma poi è vero che tutti e due perdono il confronto con il primo, il Blade Runner di fine millennio

  6. Donato ha detto:

    Un’appendice superflua (se non del tutto inutile) al primo Matrix, che invece è stato probabilmente l’ultimo vero capolavoro di fantascienza prodotto da Hollywood.

    Il primo Matrix è straordinario. Il finale del film poteva essere benissimo quello della saga. Invece ci hanno propinato due capitoli aggiuntivi assolutamente superflui.

    Inoltre, considerato come va a finire, trovo che il titolo “Revolutions” sia assolutamente fuorviante. Sarebbe stato più giusto chiamarlo “Restorations”.

    Ad ogni modo, concordo con Alberto: per quanto superfluo, Revolutions lo preferisco di gran lunga al secondo capitolo. In questo terzo episodio, le scene dell’attacco alla città di Zion, anche se prolisse, possono comunque valere la visione del film.

    Il secondo Matrix lo trovo invece letteralmente osceno, pieno zeppo com’è di ridicole (e queste sì, insopportabilmente prolisse) scene di combattimento “kung-fu style” che sembrano piazzate lì per mascherare la pochezza della sceneggiatura. Ho visto “Reloaded” su DVD e, poiché non sopporto le scene di combattimento con la gente che piroetta per aria (soprattutto non in dosaggi da overdose), tutte le volte che iniziavano a menarsi premevo il tasto “avanti veloce” del telecomando: così facendo ho terminato la visione del film in mezz’ora. E questo dice tutto.

  7. Anonimo ha detto:

    Secondo me la perfezione di Matrix è nella trilogia, non nel primo, e per cogliere il valore del film bisogna accettarli tutti. Se provo a immaginare due sequel analoghi al primo paradossalmente sarebbe peggio, perchè sarebbe forzatamente pesante, mentre la parabola di Matrix richiede una concentrazione profonda nel primo momento, quello della nascita della consapevolezza, è lì che si deve sentire la fatica dell’adattamento alla realtà, dell’addestramento nella Nabucodomosor, ma dopo aver vissuto questa fase formativa il film deve scivolare necessariamente nell’azione: è come un pendolo, o un’altalena, dove nel primo film carichi l’energia potenziale al massimo tirandoti con l’altalena indietro il più possibile rimanendo in sospeso; poi, nei due sequel, tu lasci cadere l’altalena, che quindi necessariamente cade veloce in avanti diventando energia cinetica. In altre parole: l’energia potenziale del primo film bilancia perfettamente l’energia cinetica dei due sequel: i sequel sono già in potenza nel primo film, perciò il primo ci prepara e non rimaniamo traditi. Questo è il senso di Matrix: prima c’è il risveglio, la riflessione, la presa di coscienza, ma questa presa di coscienza è finalizzata alla lotta contro il sistema, perciò è seguita da un addestramento e da un combattimento senza il quale avremmo avuto soltanto un risveglio fine a se stesso, e allora tanto valeva scegliere la pillola blu e rimanere dentro Matrix. A che serve una trama filosofica nei due sequel? E’ una tentazione moralistica in cui i registri saggiamente non sono caduti.

  8. Donato ha detto:

    Bah, caro anonimo, i gusti sono gusti ed ognuno è libero di pensarla come crede. Io i film li ho visti tutti e tre e, alla fine del primo, ero convinto che il finale della storia fosse quello, che non vi fosse un seguito (non sapevo che fosse prevista una trilogia). E come finale, a mio modo di vedere, era perfetto. Io non so se il progetto degli autori fosse quello di fare un primo film con valenza filosofica solo come prologo a due sequel di sola azione. Secondo me il secondo ed il terzo li hanno fatti solo per incassare quattrini, essendosi resi conto di aver creato un franchise di successo proficuamente sfruttabile. E purtroppo, per fare ciò hanno stiracchiato la storia rovinandola irreparabilmente.

    La metafora dell’energia potenziale e cinetica però mi è piaciuta. Dico sul serio. Tuttavia, per quanto mi riguarda, devo dire che l’unica energia cinetica che ho registrato durante la visione di Matrix Reloaded è stata quella delle ossa che mi sono cadute a terra (e ho detto ossa per non dire palle…). Alla fine dei conti, i sentimenti che i tre film hanno suscitato in me sono, nell’ordine:

    1° stupore (positivo) ed entusiasmo (era da Blade Runner che non vedevo fantascienza di qualità a certi livelli)
    2° stupore (negativo), irritazione, noia
    3° indifferenza, delusione, fastidio.

    Per inciso, trovo curioso come anche la carriera di Keanu Reeves sia stata influenzata dalla “teoria delle’energia potenziale/cinetica”. Infatti il successo di Matrix l’aveva lanciato molto in alto, nel firmamento delle star hollywoodiane. Il problema è che poi, esauritasi la spinta, la sua carriera e reputazione di attore è quasi subito precipitata a livelli di mediocrità davvero avvilenti. E sta ancora cercando una catapulta su cui salire…

  9. Alberto Cassani ha detto:

    Già prima di Matrix Keanu Reeves era a un passo dalla fama assoluta con Speed, poi ha infilato una serie di film osceni fino all’accoppiata Avvocato del diavolo/Matrix. Poi un sacco di altri film osceni con qualche punta di discreto valore. Ma gli è sempre mancato l’ultimo passo per diventare davvero un Tom Cruise, per colpa sua o dei suoi agenti. Non è un caso che a inizio dicembre diceva nelle interviste che gli piacerebbe fare un qualche filmone Marvel…

  10. Donato ha detto:

    Keanu in un cinefumettone? Mmmmh…. Perché no? Certo però che per lui l’anagrafe ormai inizia a pesare. Ho scoperto che è del ’64 come me, quindi ha appena passato il giro di boa dei 50 e, anche se si presenta in uno stato di conservazione sicuramente molto migliore di quello in cui versa il sottoscritto, non è più giovanissimo, il che significa che dovrebbero cucirgli addosso un personaggio su misura o magari potrebbe interpretare un villain. Boh, vedremo… D’altronde, l’archivio dei comics e dei personaggi della “Casa delle Idee” è un mare magnum sconfinato, in grado di offrire spunti per migliaia di film. Purtroppo…

  11. Alberto Cassani ha detto:

    Be’, ma Hollywood ci ha abituati a dare ad attori e attrici personaggi molto più giovani di loro. Probabilmente poi a lui si potrebbero adattare meglio i personaggi DC invece di quelli Marvel, che sono mediamente più anziani, però in effetti non mi viene in mente nessuno per cui potrebbe essere davvero perfetto.

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