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"The Bridge - Il ponte dei suicidi" di Eric Steel

4 aprile 2007 Recensioni 1 Commento
Emanuele Rauco, 4 Aprile 2007: Invadente
Videa-CDE, 27 Aprile 2007

Il Golden Gate Bridge è un’icona dell’architettura moderna, il trionfo della volontà umana sulla Natura. E’ un simbolo per San Francisco e per tutta la costa ovest degli Stati Uniti. Ma c’è qualcosa in più, qualcosa di spirituale, perché è qui che avviene il maggior numero di suicidi al mondo…


Il cinema è anche questione di morale, come dovrebbe esserlo più o meno tutta la vita di un essere umano. Morte compresa, ci verrebbe da dire. Specie se parliamo di un documentario che la morte tratta. Sul filo del rasoio tra morale ed immorale, Eric Steel ha deciso di realizzare il suo documentario, mettendo in scena il suicidio, il prima, il durante e il dopo. Ma soprattutto mettendo in scena il luogo col maggior numero di suicidi al mondo : il Golden Gate Bridge di San Francisco.

Incuriosito dalle statistiche sul numero di suicidi avvenuti su quel ponte, il regista ha piazzato la macchina da presa di fronte ad esso, ne ha ripreso l’attività, tentati e riusciti suicidi compresi, e poi ha intervistato parenti e amici delle vittime. Ha anche prodotto il film assieme ad Alison Palmer Bourke e Evan Shapiro, realizzando un documentario che è un viaggio toccante e morboso all’interno di uno degli eventi più misteriosi che possano accadere in una vita, analizzandone cause e conseguenze, avendo l’insolita possibilità di riprendere molti di essi suo malgrado. Ma più che l’analisi sembra solo il dolore ad interessargli.

Ambientato durante le tipiche giornate di vita attorno al suggestivo ponte, tra kitesurf, passeggiate, foto e lanci che la fotografia di Peter McCandless mette in scena con una cura fin troppo ostentata e tocchi di lirismo, il film è un documentario piuttosto provocatorio, come chiede la moda del momento, che parte in maniera riuscita e interessante ma che va perdendo forza e spessore, ripetendosi alla ricerca di un fulcro forte, di un centro di gravità che non sembra riuscire a trovare. Il principale difetto del film è nello svolgimento più che nell’idea: dopo la precisione e la puntualità dell’incipit il film naviga a vista e fallisce, o forse non capisce, gli obiettivi a propria disposizione. Steel alterna troppo, e troppo meccanicamente, le riprese del ponte e dei saltatori (Jumpers è il titolo dell’articolo del New Yorker che ha ispirato il film) con interviste e testimonianze, cosicché il film perda per strada la sua originalità potenziale, la sua peculiarità.

Senza approfondire i motivi e le condizioni sociali ed ambientali di chi muore, né i turbamenti psicologici di chi resta, e senza rispondere alla domanda più ghiotta del film, vale a dire perché proprio quel ponte, a Steel non resta altro che mettere in scena il dolore, cercandolo esplicitamente, senza speculare ma senza nemmeno trovare la giusta distanza, insistendo sulle parole delle vittime o dei congiunti, cercando il pubblico attraverso la via più facile, la scorciatoia emotiva. Facendo perciò tornare a galla la questione della correttezza e della moralità di film di questo tipo (con le dovute differenze, non siamo lontani teoricamente da un “mondo movie”): perché se riprendere in diretta la morte è di dubbio gusto, il contatto così ostentato col dolore sembra quasi voglia di spettacolarizzazione. Ci sentiamo di credere alla buona fede del regista, che riesce a toccare qualche corda giusta e a rendere la bellezza pacifica di un luogo dove si cerca la pace eterna; ma se possiamo comprendere e giustificare il risultato finale, ci risulta più difficile comprenderne e giustificarne i mezzi. Perché se di un documentario non ne capiamo il senso, non è affatto un buon segno.


Titolo: The Bridge – Il ponte dei suicidi (The Bridge)

Regia: Eric Steel
Sceneggiatura:

Fotografia: Peter McCandless

Interpreti:
Nazionalità: Regno Unito – USA, 2006

Durata: 1h. 33′


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Attualmente c'è 1 commento a questo articolo:

  1. Riccardo ( ex Mickey Rourke ) ha detto:

    Insolito.
    Non mi sarei mai aspettato un film simile, soprattutto se un documentario giallo.

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