"Chi sta bussando alla mia porta..." di Martin Scorsese
CIPDI, 1978 – Maturo
New York, 1967. J.R., un ragazzo di Little Italy, incontra per caso una ragazza su un traghetto diretto a Staten Island. Una ragazza che fisicamente si avvicina molto alla donna dei suoi sogni, e che è affascinante e colta. Ma quella ragazza ha alle spalle un terribile segreto…
A 25 anni Martin Scorsese esordisce come regista di lungometraggi al 3° International Film Festival di Chicago con una pellicola che marca un momento chiave della storia del cinema statunitense. Chi sta bussando alla mia porta… riesce infatti a completare un percorso intrapreso da due correnti filmiche contemporanee e diametralmente opposte. Da un lato la corrente underground di New York che cercava, con nuovi stili di ripresa (la camera portata a mano o nascosta, ricorrendo spesso all’improvvisazione) di dare spontaneità e immediatezza al materiale filmico (vedasi, per esempio, il cinema di Jonas Mekas); dall’altra una corrente di film tecnicamente più tradizionali che si preoccupava di portare sulla scena drammi con i quali il pubblico potesse immedesimarsi (tra gli esempi più celebri, Fronte del Porto).
Chi sta bussando alla mia porta… riesce a farsi punto d’incontro tra le due correnti e trarre linfa vitale dai punti di forza di ciascuna. Perché il dramma di J.R. (Harvey Keitel) è una storia con la quale il pubblico può facilmente stabilire un grado di empatia: non è un eroe hollywoodiano ma un uomo come tantissimi altri, ammaliato dal fascino del cinema western e dalle battute di John Wayne (un po’ come Belmondo in Fino all’ultimo respiro girava per Parigi immaginandosi nei panni di Bogart), e Scorsese gli costruisce attorno un universo altrettanto credibile, fatto di serate passate con gli amici a girare a caso per New York, e macchiato dall’educazione cattolica e da un senso di colpa che lo accompagnano come un’ombra.
Se basterebbe questo per fare di Chi sta bussando alla mia porta… un buon esordio, la cifra stilistica di Scorsese riesce a portare la pellicola a un altro livello, dove la tecnica contribuisce ad avvicinare ancora di più lo spettatore alla storia. Scorsese decide di filmare il dramma di J.R e la sua ragazza (Zina Bethune) con uno stile che a tratti pare quasi documentaristico. Nasconde la macchina da presa in mezzo agli oggetti, tra le sedie dei bar degli amici di J.R., le bottiglie e i piatti di una tavola; si sposta con l’obiettivo tra una soggettiva e l’altra cercando di spezzare e riprodurre la stessa scena secondo più punti di vista, e a volte (come nel primo incontro tra J.R. e la ragazza) ricorre a un’unica sequenza per dare ancora più risalto alla spontaneità del dialogo e al superamento dell’imbarazzo iniziale dei due.
La cura tecnica non è mai fine a se stessa, e gli accorgimenti non sono semplici esercizi stilistici, ma svolgono ognuno una funzione precisa. Come nel caso dei flashback, quando i ricordi dei primi giorni con la ragazza si sovrappongono al presente di J.R. e basta un movimento o un oggetto per far scattare la memoria e le immagini del passato (una tecnica che rimanda per molti versi a quella scelta da Resnais qualche anno prima in Hiroshima Mon Amour). O come quando lo stile serve per dare ancora più risalto al divario enorme che esiste tra gli unici due tipi di donne che l’universo di J.R. contempla, le “ragazze facili” e quelle “perbene”, che la macchina da presa aiuta a de-umanizzare, relegando le prime al mondo delle sole pulsioni sessuali e le seconde nell’universo ideale in cui la stessa Bethune finirà per essere imprigionata, fino a quando non rivelerà il suo segreto.
Chi sta bussando alla mia porta… non è solo un ottimo esordio, ma una pellicola che per certi versi è già un’opera matura, e che a quasi cinquant’anni dalla sua prima uscita non ha ancora smesso di brillare.
Titolo: Chi sta bussando alla mia porta… (Who’s That Knocking at My Door)
Regia: Martin Scorsese
Sceneggiatura: Martin Scorsese
Fotografia: Michael Wadleigh, Richard H. Cool
Interpreti: Harvey Keitel, Zina Bethune, Anne Collette, Lennard Kuras, Michael Scala, Harry Northup, Tsuai Yu-Lan, Saskia Holleman, Bill Minkin, Phil Carlson, Wendy Russell, Robert Uricola, Susan Wood, Marissa Joffrey
Nazionalità: USA, 1968
Durata: 1h. 26′
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