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Il Dono di Michelangelo Frammartino

9 agosto 2003 Recensioni 3 Commenti
Il Dono

Lab80, 2003 – Inconsueto

A Caulonia, un piccolo paesino in provincia di Reggio Calabria, la vita di un anziano solo e solitario ha un sussulto solo quando si ritrova per caso in mano un telefono cellulare e una foto porno…


Una scena di Il DonoPrimo lungometraggio di un giovane regista milanese di origini calabresi, Il Dono è un film anomalo nel panorama commerciale del cinema italiano. Non tanto per il budget di 5.000 Euro con il quale è stato girato, che in questa sede poco importa, quanto per il tipo di racconto che fa. Il Dono, in effetti, non racconta tanto una storia quanto una situazione, un luogo. Un luogo fittizio, perché la Caulonia qui mostrataci non è quella reale in cui il film è stato girato, nonostante la continua proposta di immagini delle tante carrette del mare che ne affollano le spiagge. Ma è tutto il film ad essere un continuo ritornare di immagini e momenti, che esalta il senso di quotidianità – di ineluttabilità – che circonda i personaggi. La vita dell’anziano protagonista ha un sussulto solo quando si ritrova in mano un telefono cellulare ed una foto porno, ma la lentezza con cui decide il da farsi ci fa capire quanto profondamente si sia arreso allo status quo, alla vita stessa. Non si sono invece arrese alcune vecchie di questo piccolo paesino in provincia di Reggio Calabria, che sottopongono la “scema del villaggio” a continui riti anti-malocchio. Ma in entrambi i casi appare chiaro come sarà la vita ad avere l’ultima parola, anche senza l’ausilio di dialoghi.

Gabriella Maiolo in Il DonoInserito nella sezione Cineasti del presente del Festival di Locarno 2003, Il Dono è infatti presentato come un film “senza dialoghi”. E così è, in effetti; ma non è un film muto. Non lo è innanzi tutto perché ha un’intensa colonna sonora fatta di suoni e rumori (ma non di musica) che raccontano splendidamente l’ambiente che fa da cornice alla storia – no: che è la storia. Ma “senza dialoghi” è una definizione corretta anche per un altro motivo: perché questo non è un film “senza parole”. I personaggi parlano, in effetti, ma non dialogano mai: non c’è mai un vero scambio di battute, c’è sempre e solo un personaggio che parla – senza ottenere risposta – all’interno della scena. «Senza ottenere risposta»? No: «senza bisogno di avere risposta», perché Frammartino sa far dire ai suoi personaggi il numero giusto di parole per impedire che la scena sembri finta e sa limitarle al minimo per poter narrare utilizzando appieno il linguaggio filmico. Linguaggio, in questo caso, fatto di piani sequenza e macchina fissa, inquadrature volutamente prolungate e luce naturale.

Angelo Frammartino in Il DonoPunto di riferimento per il suo cinema è chiaramente Abbas Kiarostami, richiamato in quasi ogni sequenza e citato apertamente nel finale. Peccato che il direttore della fotografia non sia stato in grado di dare tridimensionalità al film esaltando con il suo lavoro i luoghi in cui la storia è ambientata, e sì che nelle pellicole di Sharunas Bartas – altro evidente amore del regista – le immagini colpiscono spesso proprio per la bellezza della fotografia. Ma di Bartas, Frammartino conserva soprattutto l’ambiguità espositiva: poche sono le cose spiegate in maniera evidente, in questo suo racconto – non lo è nemmeno il dono che dà il titolo al film. Questa cercata ambiguità appiattisce le emozioni che il film vorrebbe far nascere nel cuore dello spettatore, ma aumenta il fascino di una pellicola che si offre a molteplici interpretazioni, senza disattenderne nessuna ma a dir la verità senza riuscire ad appagarne pienamente alcuna.

Proveniente dal mondo delle installazioni multimediali ma con una discreta esperienza nei cortometraggi, Frammartino ha bene in mente il tipo di cinema che vuole fare e sa raccontare storie per nulla banali. Lo fa con modi ancora da sgrezzare, anche in quanto a montaggio, ma intanto avercene.


La locandina di Il DonoTitolo: Il Dono
Regia: Michelangelo Frammartino
Sceneggiatura: Michelangelo Frammartino
Fotografia: Mario Miccoli
Interpreti: Angelo Frammartino, Gabriella Maiolo
Nazionalità: Italia, 2002
Durata: 1h. 20′


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Attualmente ci sono 3 commenti a questo articolo:

  1. Giuliano Gelsi ha detto:

    Mi spiace aver perso questo film e spero di vedere, quando uscirà, “Le quatro volte”, perchè mi affscina l’idea di cinema che ho percepito dalle recensioni. Auguro a Frammartino crscita stilistica e successo di pubblico.
    Giuliano.

  2. Alberto Cassani ha detto:

    Successo di pubblico sarà difficile, anche perché “Le quattro volte” non è in mano al più affidabile dei distributori. Vediamo, però: se cresce come regista è già una gran cosa.

  3. […] El segundo largo del joven milanés Michelangelo Frammartino que desde su primer largo Il Dono ya coqueteó con el “no contar una historia, sino una situación, un lugar”. La primera la hizo con 5 mil […]

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