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Immortal Ad Vitam di Enki Bilal

23 novembre 2004 Recensioni 5 Commenti
Immortal Ad Vitam

Medusa, 19 Novembre 2004 – Affascinante

Nella New York del 2095 gli esseri umani convivono con mutanti e alieni, inseguendo l’immortalità con impianti di pelle e organi sintetici. All’interno di una piramide volante, il Dio Horus inizia i suoi ultimi sette giorni di vita. Perché neanche gli Dei sono immortali…


Horus in una scena di Immortal Ad VitamPer chi non lo sapesse, Enki Bilal è uno degli autori più importanti della storia del fumetto mondiale. Nativo di Belgrado ma cresciuto a Parigi, Bilal è un disegnatore eclettico e visionario che ha trovato modo di esprimere al meglio il proprio talento in campi diversi. Scenografo teatrale e cinematografico (per Alain Resnais), copertinista di dischi e infine regista di cinema giunto qui al terzo film, Bilal approfitta dell’occasione per reinventare l’universo da lui stesso creato nel 1979 con la Trilogia Nikopol, mantenendo quell’universo disegnato e raccontando in pratica tutt’altra storia.

Thomas Kretschmann in Immortal Ad VitamCostato poco più 22 milioni di Euro, girato in quattro mesi e con un anno e mezzo di post-produzione, Immortal Ad Vitam è sicuramente uno dei migliori esempi di fantascienza cinematografica europea di tutti i tempi. Certo la grafica da videogioco dei personaggi disegnati al computer potrebbe far storcere il naso a chi dal cinema fantastico si aspetta la realtà virtuale, ma bastano cinque minuti di proiezione per capire che la ragione di quella grafica è insita nel film stesso, nella storia che racconta, nel mondo che ci presenta. I pochi attori in carne ed ossa si trovano infatti ad interpretare i pochi personaggi “completi”, mentre al computer è affidata la raffigurazione di mutanti e mutati, quando gli Dei sono disegnati con uno stile più definito. E bastano quei cinque minuti anche per essere catturati dall’universo immaginifico del film, per capire che la pellicola che ci troviamo davanti è molto più di uno show di effetti speciali.

Linda Hardy in Immortal Ad VitamPur semplificando notevolmente i contenuti socio-politici del fumetto d’origine, Immortal Ad Vitam resta un film drammaturgicamente complesso, ricco di cose da vedere ed ascoltare, pieno di accenni da afferrare ed elaborare. E’ uno dei rari film di cui una sola visione non è sufficiente per comprenderne appieno i contenuti e le idee, un film che può sembrare poco preciso (e lo è, in alcuni momenti) ma che non vuole dire tutto, allo spettatore, così da lasciargli spazio per rimasticare mentalmente quanto visto e colmare con la propria sensibilità i finali delle sottotrame lasciate in sospeso. E’ un film profondo e intelligente – e molto – ma che non vuole mettersi in mostra più del dovuto. E questa è cosa rara, nel cinema come nel mondo intellettuale in generale.

Horus osserva Thomas Kretschmann e Linda Hardy in Immortal Ad VitamSe guardando Immortal Ad Vitam avrete l’impressione di aver già visto certi elementi – visivi o concettuali – in qualche altro film, statene certi: è perché qualche altro autore ha preso spunto dal lavoro di Bilal. E se chi ha letto La Fiera degli Immortali e La donna trappola resterà perplesso dalle differenze di questa trasposizione filmica, bisogna ricordare che Bilal stesso definisce la pellicola «un sogno originato dal fumetto», tanto diverso dall’opera originale da non riprendere nulla del terzo e ultimo volume. Ma è un film che si regge da solo, con una messinscena ipnotica e una sceneggiatura di buon valore nonostante qualche brutto dialogo. Un film capace di trasportarci davvero in un mondo fantastico, un mondo che a ben guardare è molto meno di novant’anni lontano da noi.


La locandina francese di Immortal Ad VitamTitolo: Immortal Ad Vitam (Immortel (Ad Vitam))
Regia: Enki Bilal
Sceneggiatura: Enki Bilal, Serge Lehman
Fotografia: Pascal Gennesseaux
Interpreti: Linda Hardy, Thomas Kretschmann, Charlotte Rampling, Frédéric Pierrot, Thomas M. Pollard, Yann Collette, Olivier Achard, Derrick Brenner, Corinne Jaber, Barbara Scaff, Joe Sheridan, Jean-Louis Trintignant
Nazionalità: Francia – Italia – Regno Unito, 2004
Durata: 1h. 42′


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Attualmente ci sono 5 commenti a questo articolo:

  1. Plissken ha detto:

    Questo film ritengo sia “strano”. Dico ciò perché a mio personale avviso ha molti punti di forza ed al tempo stesso molti punti deboli. Lo “script” di base di per sé è indubbiamente affascinante e lo stesso dicasi per i personaggi sia principali che non, però mi sembra che la storia nel complesso proceda stentatamente e non decolli del tutto; ad esempio perfino il tanto aspettato duello finale tra il mostro ed il Dio si risolve in pochi secondi lasciando lo spettatore piuttosto perplesso. Insomma per molti versi avrebbe meritato uno sviluppo più accurato, a volte sembra un po’ “tirato via”.

    Al tempo stesso però è verissimo che nella pellicola vi è insita una sorta di foggia “ipnotica”: l’ambientazione, la fotografia, l’inusuale valenza cromatica, il contrasto tra i personaggi reali e quelli virtuali immergono le spettatore in una sorta di quadro surreale proiettandolo oltre gli standard cinematograficamente conosciuti, anche con riferimento alla fantascienza. E’ un po’ una festa per gli occhi, se mi si passa l’espressione.

    Come da consiglio del recensore, mi riservo di guardarlo ancora per cercare di carpirne gli eventuali aspetti più reconditi, anche perché la memoria che ne ho è in parte appannata. Se qualcun’altro l’ha visto sarei curioso di conoscerne le impressioni.

    Su di una cosa però credo tutti sarebbero concordi: la Hardy in blu è memorabile, solo Mystica le si avvicina in parte 🙂

  2. Donato ha detto:

    Il giudizio “affascinante” rende bene l’idea e lo condivido in pieno.

    E’ un film che a me personalmente è piaciuto molto, anche perché sono un appassionato di fumetti e grande estimatore di Enki Bilal (il mio autore di fumetti preferito, insieme a Francois Bourgeon).

    Va anche detto che la corretta “percezione” dell’universo visuale di Bilal e dei bizzarri personaggi che lo popolano può essere molto facilitata dalla conoscenza della produzione fumettistica dell’autore. Uno spettatore che non ha mai letto le opere a fumetti di Bilal e in particolare la trilogia di Nikopol, potrebbe trovare il film alquanto indigesto.

    Peraltro, come evidenziato anche in questa recensione, la storia del film, pur essendo ispirata alla trilogia di Nikopol, segue dei percorsi narrativi e si sviluppa in maniera molto diversa, cioè non è una trasposizione fedele del fumetto, ma tutt’altro…

    Ho letto in giro per la rete recensioni molto negative su questo film e commenti contrastanti, da chi lo giudicava noioso o incomprensibile a chi lamentava lo stravolgimento della storia narrata nella trilogia a fumetti.

    Personalmente lo considero un esperimento audace, quasi azzardato, ma complessivamente riuscito. Mi dispiace solo che Bilal non abbia aspettato qualche altro anno per realizzarlo: i limiti delle tecniche di animazione digitale dell’epoca sono, aihmè, palesi. Pensate se l’avesse realizzato adesso, dopo l’impressionante salto qualitativo che ha compiuto la computergrafica negli ultimi anni…

  3. Alberto Cassani ha detto:

    Donato, in realtà non credo che Bilal fosse andato alla ricerca dell’iperrealismo, con gli effetti speciali di questo suo film. Anzi, semmai io leggerei proprio all’opposto la decisione di usarli per disegnare chi non è completamente umano. E’ vero però che i limiti tecnici hanno portato alla necessità di un effetto flou delle immagini che può dar fastidio a molti. Ad ogni modo, non trovo che la storia sia poco comprensibile come dicono in molti e non capisco il senso di ricercare la completa aderenza tra film e opera originale (che sia libro o fumetto o opera teatrale), ma ognuno si rapporta al cinema come meglio crede…

    Peraltro anch’io adoro Bourgeon, in particolare I Passeggeri del Vento ma anche La Compagnia del Crepuscolo. La saga di Cyann, invece, non mi ha entusiasmato: ho l’impressione che le ambientazioni fantascientifiche non gli si addicano molto.

  4. Plissken ha detto:

    Anche a me piacciono assai questi maestri del fumetto d’oltralpe, assieme a Moebius e la squadra di “Metal Hurlant”.

    Questo film comunque, nonostante le pecche che personalmente vi ravviso, credo possa avere valenza a sé ed essere compreso anche da chi non ha avuto modo di leggere i lavori di Bilal su carta.

    Riguardo gli effetti speciali, sempre in my opinion il fatto che vi sia una distinzione tra i personaggi reali e quelli disegnati al computer è una parte appunto “affascinante” del film, che va ad integrarsi con le “scenografie” e conferisce alla pellicola una sorta di atmosfera onirica e surreale che ben interagisce con quella più “terrena”.

  5. Donato ha detto:

    E’ chiaro che le recensioni e i pareri negativi che ho letto non li condivido, perchè sono perfettamente cosciente delle difficoltà di sintetizzare e condensare un’intera trilogia a fumetti (peraltro con una sceneggiatura tutt’altro che semplice e banale) in appena 90 minuti di film. In questo Bilal ha fatto un piccolo miracolo, anche perché soprattutto il primo episodio della trilogia di Nikopol metteva parecchia carne al fuoco, affrontando temi di natura politica, sociologica e religiosa.

    Per quanto riguarda gli effetti di animazione, i limiti delle tecniche digitali impiegate all’epoca si notano non solo nell’aspetto dei personaggi ma anche nel modo in cui si muovono. Bilal è un perfezionista e sono sicuro che se avesse avuto a disposizione tecnologie più sofisticate ne avrebbe sicuramente fatto buon uso.

    Riguardo alle due saghe dei Passeggeri del Vento e della Compagnia del Crepuscolo di Bourgeon (altro incredibile perfezionista), è un peccato che nessuno fino ad oggi abbia pensato di realizzarvi un adattamento cinematografico o di animazione: la sceneggiatura straordinaria di queste storie, le magnifiche e sontuose ricostruzioni ambientali, l’altissimo livello di documentazione storica e la splendida galleria di personaggi meriterebbero che qualcuno ci facesse un pensierino (nella speranza, ovviamente, di non farne scempio).

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