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La casa di Jack di Lars Von Trier

28 febbraio 2019 Recensioni 0 Commenti
La casa di Jack

Videa, 28 Febbraio 2019 – Autoreferenziale

Stati Uniti, anni 70. Jack è un serial killer ossessionato dall’ordine e della pulizia, che vede ogni suo omicidio come un’opera d’arte. Nell’arco di dodici anni, Jack uccide più di sessanta persone, aumentando di volta in volta i rischi e le efferatezze per raggiungere il suo malsano ideale di perfezione…


La casa di Jack ha sconvolto – e disgustato – le platee all’ultimo Festival di Cannes, dove è stato presentato fuori concorso lo scorso maggio. Ma, in realtà, non ci troviamo di fronte a una pellicola così sconvolgente, né tantomeno disgustosa, come certa critica l’ha faziosamente definita. Di sicuro, La casa di Jack è l’opera più personale, autoreferenziale – nonché autocelebrativa – di Lars Von Trier, che dà libero sfogo alle sue ossessioni attraverso un personaggio che altri non può essere se non il suo definitivo alter ego.

Il film è strutturato come una sorta di seduta psicoanalitica fra Jack e una misteriosa entità di nome Verge, e lo sviluppo della narrazione è spesso intervallato da flashback, spezzoni di documentari e filmati d’archivio – tra cui dei fotogrammi di alcuni film dello stesso regista – che hanno la funzione di enfatizzare la mentalità ossessiva del protagonista e di contribuire alla stesura di quello che è, a tutti gli effetti, un trattato sulla crudeltà della natura umana e sulla sofferenza psicologica di un artista.

La casa di Jack è un film completo, visivamente efficace e con all’interno una quantità indecifrabile di tematiche – dalla religione alla storia, dall’arte alla psicoanalisi – a volte interessanti e altre meno, che portano a un risultato finale di indubbio fascino, ma con un ritmo non sempre costante. A spezzare la fluidità del racconto sono proprio i continui, e spesso intrusivi, frammenti collaterali, che distolgono l’attenzione da una storia che, senza di essi, avrebbe senz’altro guadagnato in scorrevolezza e linearità. Non si può negare, comunque, che gran parte della – seppur parziale – riuscita dell’opera sia da attribuire alla notevole interpretazione di un Matt Dillon mai così bravo, che dà anima e corpo a un personaggio estremamente complesso e con il quale, nonostante la brutalità delle azioni, è impossibile non entrare in empatia.

E’ piuttosto evidente come Lars von Trier, con questo suo quattordicesimo lungometraggio, abbia voluto instaurare un contatto diretto con il pubblico, mettendo a nudo tutto se stesso più di quanto abbia mai fatto in precedenza: cinico, folle, bizzarro e, come sempre, troppo compiaciuto. Questo è Lars von Trier, questo è La casa di Jack. Prendere o lasciare.


La locandinaTitolo: La casa di Jack (The House That Jack Built)
Regia: Lars Von Trier
Sceneggiatura: Lars Von Trier
Fotografia: Manuel Alberto Claro
Interpreti: Matt Dillon, Bruno Ganz, Uma Thurman, Riley Keough, Jeremy Davies, Siobhan Fallon Hogan, Sofie Gråbøl, Jack McKenzie, Ed Speleers, David Baili, Mathias Hjelm, Ji-tae Yu, Emil Tholstrup, Marijana Jankovic
Nazionalità: Danimarca – Germania – Francia – Svezia – Belgio, 2018
Durata: 2h. 32′


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