Stai leggendo:

"Melancholia" di Lars von Trier

20 ottobre 2011 Recensioni 40 Commenti
Melancholia

Bim, 21 Ottobre 2011 – Angosciante

Il pianeta Melancholia, rimasto a lungo nascosto dietro il Sole, attraverserà il sistema solare passando molto vicino alla Terra. Qualcuno ritiene persino che si scontrerà con la Terra, distruggendola. Non esattamente il miglior viatico possibile per il matrimonio di Justine…


Kirsten Dunst, Alexander Skarsgård, Kiefer Sutherland e Charlotte Gainsbourg in MelancholiaPresentato tra sterili polemiche al Festival di Cannes 2011 e tornato a casa con il premio a Kirsten Dunst come miglior attrice, Melancholia è un film di Lars von Trier dall’inizio alla fine. Angosciante, poetico, polemico, disperato, persino violento… Scegliete pure. Qualcuno direbbe anche misogino, che pare essere ormai diventata la definizione d’obbligo della critica italiana nei confronti del cinema di von Trier, quando invece le sue storie sembrano far pensare proprio il contrario. Nonostante le prime inquadrature e l’insistente overture del Tristano e Isotta di Wagner farebbero pensare il contrario, Von Trier non cerca in realtà la poesia e il lirismo quanto l’angoscia e il tormento dell’animo umano, come in fondo ha fatto per tutta la sua carriera.

Kirsten Dunst in MelancholiaInfluenzato dall’estetica del cinema del periodo nazista, ma anche da quella di Buñuel e più in generale dalla poetica del romanticismo tedesco, Melancholia si concentra sulla psicologia umana nei momenti di crisi – non tanto la crisi derivante dall’arrivo del pianeta quanto quella tipica della vita comune. Il pianeta è infatti più che altro un pretesto per la rabbia e l’angoscia dei personaggi, non tanto la vera ragione dietro il loro stato d’animo. E’ anche per questo che von Trier riesce a creare una grande tensione nella parte finale del film nononstante ci abbia rivelato fin dalla prima inquadratura quale sarà il destino dei personaggi.

Kirsten Dunst in una scena di MelancholiaGli sforzi del regista danese sono supportati da un ottimo cast, composto nella prima parte da diversi suoi attori abituali capaci di dare spessore a personaggi in realtà piuttosto scialbi. Nella seconda parte – quando il focus del film si sposta da Justine a sua sorella Claire – von Trier si affida a soli quattro personaggi, dando così modo ai tre attori adulti di mettere in mostra tutto il loro talento. Talento che lui sa sottolineare benissimo, permettendo come detto a una Kirsten Dunst tutt’altro che gigante di venir considerata la miglior attrice di Cannes. E’ il secondo film consecutivo di von Trier che vince questo premio dopo Antichrist, e non può certo essere un caso.


La locandina di MelancholiaTitolo: Melancholia (Id.)
Regia: Lars von Trier
Sceneggiatura: Lars von Trier
Fotografia: Manuel Alberto Claro
Interpreti: Kirsten Dunst, Charlotte Gainsbourg, Kiefer Sutherland, Alexander Skarsgård, Brady Corbet, Cameron Spurr, Charlotte Rampling, Jesper Christensen, John Hurt, Stellan Skarsgård, Udo Kier, James Cagnard, Stefan Cronwall
Nazionalità: Danimarca – Svezia – Francia – Germania, 2011
Durata: 2h. 16′


Percorsi Tematici

  • Non ci sono percorsi tematici collegati a questo articolo.
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  

Attualmente ci sono 40 commenti a questo articolo:

  1. WarezSan ha detto:

    “che pere!”
    Ecco, e’ stata la prima cosa che ho pensato appena ho cliccato sulla recensione 🙂

    E non sono nemmeno riuscito a leggere l’apertura…

    P.s. Per e sono natural… 🙂

  2. Alberto Cassani ha detto:

    Le ho messe lì apposta per distrarre l’attenzione da quello che ho scritto…

  3. WarezSan ha detto:

    eh… che hai risposto?

    non capisco… il mio QI e’ crollato a picco…

    MAMMA CHE PERE!!!

  4. Plissken ha detto:

    Chissà se L’Abate William assieme alla Decana ne farebbe una Conference del Kaiser… 😉

    Comunque, ponendo freno alla tempesta ormonale scatenata da sì tanta beltà (non privo d’una punta d’invidia verso il Peter Parker), vorrei chiedere se questa pellicola secondo l’ipinione del recensore possa ritenersi un Trier ai massimi livelli o se possa definirsi “minore”, in quanto curiosando in giro ho trovato…

    “Melancholia è due film in uno. Il primo film è una versione annacquata e penosamente imitativa di Festen del 1998, di Thomas Vinterberg, primo e ultimo capolavoro del movimento Dogma 95, di cui Von Trier è il più noto esponente… (omissis) Una volta liquidata col fallimento della cerimonia la parodia più o meno volontaria, si passa a Melancholia 2, la vendetta. Soprattutto sugli incolpevoli spettatori. La seconda parte è una lunga, quasi immobile attesa di un’apocalisse annunciata…”

    Non avendo mai visto “Festen”, questa cosa mi incuriosisce assai…

    Gradita un’opinione anche senza riferimento a quanto sopra. 🙂

  5. Alberto Cassani ha detto:

    La verità sta nel mezzo. Come qualità è sicuramente inferiore ad “Antichrist” e come impatto è certamente inferiore alle “Onde del Destino”, ma non mi sembra lo si possa definire un film minore all’interno dell’opera di von Trier. E’ un film che punta in alto, impegnato e impegnativo. Non vedo come lo si possa dismettere in quattro e quattr’otto.
    Riguardo le somiglianze con “Festen”, a dir la verità non ci ho fatto neanche caso, trattandosi in fondo di una situazione abbastanza banale all’interno della storia del cinema. Volendo si possono tracciare diversi paralleli anche con “il banchetto di nozze” di Ang Lee, ad esempio.

  6. Plissken ha detto:

    Grazie 🙂

  7. max ha detto:

    Torno dopo un anno a scrivere su questo sito solo per dire che se non ci fosse stata la regia occulta dei giudei a Cannes quest’opera d’arte avrebbe vinto senza se e senza ma.Capire questo film non e’ da tutti quindi se siete abituati alla fine del mondo in 3d lo sconsiglio vivamente ,credo altresi che solo una mente raffinata e colta possa capire l’immensa arte dimostrata in tutti i componenti che rendono questa pellicola una pietra miliare della filmografia moderna .Melancholia e’ una delle tante rappresentazioni nichiliste e wagneriane del mondo e forse l’unica manifestazione artistica degna di rappresentare un nuovo genere cinematografico che rompe completamente gli schemi con un cinema diventato oramai inutile contenitore di velleita’ scomposte.

  8. Alberto Cassani ha detto:

    In realtà, che avrebbe vinto Malick lo si diceva da quando era stato annunciato Robert De Niro come presidente di giuria. Non era ancora certo che “Tree of Life” sarebbe stato a Cannes, eppure già lo si considerava vincitore quasi sicuro. Dubito che la conferenza stampa di von Trier abbia inciso poi molto sulle valutazioni della giuria.

  9. pino ha detto:

    Film inutile, fastidioso, senza senso.

  10. Anonimo ha detto:

    Che tette

  11. Riccardo ha detto:

    A me questo film è piaciuto molto e annovera anche molti attori bravi. Angosciante è un aggettivo che si addice molto. Incredibile come von Trier riesce a creare prologhi da antolgoia (io ho visto solo questo e Antichrist e mi bastano per dire che è veramente un ottimo cineasta.

  12. Sebastiano ha detto:

    Devi vedere Dogville per capire di cosa e’ capace.

  13. weach1952 ha detto:

    un saluto a tutti ed un piacere nel sentirvi .
    DIFFICILE PARLARE DI QUESTO FILM .Lars Von Trier è uno di quei registi che mi fa soffrire e ci metto un poco a riprendermi

    VI RACCONTO LA MIA

    una catarsi che non c’è
    una purificazione che non c’è
    Melancholia di Lars Von Trier
    produzione ottobre 2011
    Tante riflessioni emergono nella loro intensità grazie a splendidi attori ed una regia veramente estetica introspettiva , sofferta.

    Ancora rintoccano le campane ” disperate “di Lars Von Trier nel suo film le onde del destino , con quel sordo , ossessivo, richiamo di morte. A stento mi sono salvato da un attacco di depressione ed un senso di tristezza mia ha oscurato per molto tempo ; in quell’occasione scrissi “anche il finale è senza luce ,speranza ,le campane urlano di dolore…se il regista contiene veramente tutte queste cose ha decisamente qualcosa che non va. Certo non è film che lascia indifferenti ma neanche la morte lascia indifferenti, poi senza un poco di luce si fa morire anche chi vuol vivere”
    Mi ritrovo ora con Melancholia e cerco di percepire il senso di questo film : forse è un film catartico , una sorta di cerimonia di purificazione con una promessa di sacrificio planetario , la perdita della nostra complessiva opportunità di essere,con una sua conclusione rituale propiziatoria che coincide con l’accettazione del sacrifico, con l’ablazione del se e di tutto” l’essere ” che si agita nel globo.
    Ma forse è poco convincente l’ipotesi catartica in Lars Von Trier, visto che il nostro regista vive , con un destino quasi monocorde , sull’orlo di un abisso senza fine ; la purificazione ,anche nella fine, sembra un miraggio sempre lontano.
    Lars Von Trier ha , l’opportunità sempre di ricredersi sulla sua visione del mondo ma in lui è evidente un compiacimento nel sapore del “finire”.
    Suggeriamo la seguente terapia : vada più spesso nelle terre del sud e si sottoponga a lunghi bagni di sole.
    Melanconia è Fantascienza ? No assolutamente!Apocalittico? neppure ! Forse solo intimamente esistenziale e drammatico si.

    L’arte è nel dolore , nell’infelicità, nell’ insufficienza , nell’inadeguatezza, nella morte, nella provvisorietà: se così vogliamo parlare allora Melancholia è espressione artistica , sentimento complesso ed esistenziale dove la regia riesce mirabilmente a comunicare e farci condividere il suo disagio esistenziale .
    il sentire di Justine e Claire ,le due sorelle nel film, di fronte alla morte prossima ventura, è sentire emotivo, forte che indaga nella profondità dell’essere nell’attimo in cui sta per sopravvenire la fine di tutto : reazioni umani contrapposte di accettazione o di sofferenza ma anche di evoluzione potrebbero essere le letture che si voglio rappresentare .
    Una ricerca estetica di sicuro rilievo, un ‘ambientazione surreale sono il corollario di questa storia che appare prevalentemente introspettiva.,onirica, trasognata, infelice .
    Cosa vogliamo conservare di questo lavoro , comunque sofferto, come sempre?
    Direi un sentimento di provvisorietà à che Lars Von Trier ben conosce e che, con cadenza estetica e lenta perfettamente riesce a far insinuare nei meandri complessi delle nostra menti.

    Una occasione di riflessione da non perdere comunque .

    Vale tre stelle d’ore ed un poco della nostra tristezza che inevitabilmente affiora.

    buona visione
    weach illuminati

  14. max ha detto:

    da weach1952
    “Una ricerca estetica di sicuro rilievo, un ‘ambientazione surreale sono il corollario di questa storia che appare prevalentemente introspettiva.,onirica, trasognata, infelice ”

    Ritengo che questo sia l’unico passaggio che non mi trova d’accordo.Non credo che questa sia una storia dai toni onirici e\o trasognata ,anzi ritengo che il colpo di genio dell’allievo(unico erede vivente di Kubrick) e’ nell’essersi allontanato completamente dalla possibilita’ di interpretare l’evento catastrofico come una trasfigurazione della realta’ e dei personaggi .La disarmante verita’ della fine di tutto non e’ caricata di orpelli ,vizi e\o allucinazioni , segue una struttura lineare e quindi disarmante il risultato maturo e grandioso di un’opera anticiclica e visionaria.

  15. weach1952 ha detto:

    prego di eliminare precedente commento grazie alberto infarcito di errori di battuta -Un ciao
    un saluto a max.
    un grazie per l’attenzione.
    Rispetto la tua opinione ed amo confrontarmi con te .
    Partiamo da quanto dici:
    “Ritengo che questo sia l’unico passaggio che non mi trova d’accordo.Non credo che questa sia una storia dai toni onirici e\o trasognata ”
    Ebbene la fine non è un sogno ?Quanto meno in senso lato ??????!!!!!!!! Nessuno sa quali siano i veri contorni della fine ………appunto in questo senso l’inerpretazione del finire ,catartica o meno che sia ,va letta in chiave di percezione onirica .
    Poi quello che definisci “fatto” , la morte in senso reale , per il contesto cromatico messe in scena dal regista ….ci appare di indirizzo verso la trasfigurazione come il sogno , piano dell’essere differente rispetto ai 5 sensi conosciuti.
    Mi scuso se non condivido l’accostamento fra kubrick e Lars von Trier: diffrerenti le senesibilità , l’intensità , la profondità che ha saputo trasmetterci il grande maesto Stanley.Tutto è opinabile ovviamente , il bello appunto é questo.
    ciao Max e grazie per la condivisione

  16. max ha detto:

    La fine di “tutto” viene espressa in maniera chiara senza giri di parole dall’ottima Dunst,non esiste nulla dopo questa vita ne’ l’aldila’ ne una vita extra terrena ,la difficolta’ del regista in questo caso stava per l’appunto nel mostrare chiaramente con una semplicita’ disarmante la complessita’ di un evento tanto distruttivo quanto a mio parere positivo.La fine come unione planetaria del sentire comune .Questa positivita’ la si puo’ notare anche nella percezione che la Dunst ha nell’approccio alla morte a differenza della Gainsbourg ,il suo umore cambia man mano che la fine si avvcina rendendola sempre piu’ serena e appagata a differenza dell’umanita’ che rincorre con ansie e paura una via d’uscina invisibile.

  17. weach1952 ha detto:

    Vi propongo l’ultima lettura del film che mi appare più esaustiva:resto comunque con dei sospesi di interpretazione per difficoltà di immedesimarmi nei veri intenti della regia.
    frase di lancio:*********fra un mondo visionario ed il cinico meccanicismo ***********

    Melancholia di Lars Von Trier
    anno produzione ottobre 2011
    è Sospesa fra un mondo visionario ed il cinico meccanicismo; è opera che appare sprovvista di aspettative spirituali ;vive la fine come attimo di vera dissoluzione senza riuscire a farsene una ragione ;tanto meno si intravede qualsivoglia purificazione per l’assenza di una visone armonica del tutto .
    Il dualismo di Justine e Claire di fronte alla morte ripropone in qualche modo dubbi e sospensione della lettura definitiva.
    Tante riflessioni emergono nella loro intensità grazie a splendidi attori ed una regia veramente estetica introspettiva , sofferta.
    E’ forse film che descrive, con un sentire trasognato ed estetico, il sofferto conflitto fra forma ed energia , fra materia e spirito, fra i diversi piani dell’ essere che si osservano , si compenetrano ,si desiderano , si respingono in fiero tenzone ,poi inevitabilmente si ricompongono essendo solo per, per illusione , distinti???
    Resta aperta questa lettura come pure la visione di un perire, finire ,inaccettabile, sofferto e disperato. L’arte è nel dolore , nell’infelicità, nell’ insufficienza , nell’inadeguatezza, nella morte, nella provvisorietà: se così vogliamo parlare allora Melancholia è espressione artistica , sentimento complesso ed esistenziale dove la regia riesce mirabilmente a comunicare e farci condividere il suo disagio esistenziale .
    il sentire di Justine e Claire ,le due sorelle del film, di fronte alla morte prossima ventura, è sentire emotivo, forte che indaga nella profondità dell’essere nell’attimo in cui sta per sopravvenire la fine di tutto :reazioni umani contrapposte di accettazione o di sofferenza ma anche di evoluzione e di composizione potrebbero essere le letture che si voglio rappresentare .
    Ancora rintoccano le campane ” disperate “di Lars Von Trier nel suo film le onde del destino , con quel sordo , ossessivo, richiamo di morte. A stento mi sono salvato da un attacco di depressione ed un senso di tristezza mi ha oscurato per molto tempo ; in quell’occasione scrissi “anche il finale è senza luce ,speranza ,le campane urlano di dolore…se il regista contiene veramente tutte queste cose ha decisamente qualcosa che non va. Certo non è film che lascia indifferenti ma neanche la morte lascia indifferenti, poi senza un poco di luce si fa morire anche chi vuol vivere”
    Mi ritrovo dentro questo Melancholia e non riesco a coglierne il significato : per un attimo propendo per un film catartico , una sorta di cerimonia di purificazione con una promessa di sacrificio planetario , la perdita della nostra complessiva opportunità di essere,con una sua conclusione rituale propiziatoria che coincide con l’accettazione del sacrifico, con l’ablazione del se e di tutto” l’essere ” che si agita nel globo!!!!!!!
    Ma poi tale assunto appare poco convincente: l’ipotesi catartica in Lars Von Trier, visto che il nostro regista vive , con un destino quasi monocorde , sull’orlo di un abisso senza fine sembra non credibile ; poi la purificazione ,anche nella fine, sembra un miraggio sempre lontano.
    Lars Von Trier ha , l’opportunità sempre di ricredersi sulla sua visione del mondo ma in lui è evidente un compiacimento nel sapore del “finire”.
    Suggeriamo la seguente terapia : vada più spesso nelle terre del sud e si sottoponga a lunghi bagni di sole.
    Melancholia è Fantascienza ? No assolutamente!Apocalittico? Neppure ! Forse solo intimamente esistenziale e drammatico si.
    Una ricerca estetica di sicuro rilievo, un ‘ambientazione surreale sono il corollario di questa storia che appare prevalentemente introspettiva.,onirica, trasognata, infelice .
    Cosa vogliamo conservare di questo lavoro , comunque intenso come sempre?
    Direi un sentimento di provvisorietà à che Lars Von Trier ben conosce e che, con cadenza estetica e lenta riesce a far insinuare nei meandri complessi delle nostra menti.
    Tre sole stelle a questo lavoro?Si, forse solo per un fatto umorale: non riesco ad accettare la visone filosofica proposta da Melancholia di Lars Von Trier.
    Buona visione.
    Weach iIluminati
    una caro saluto e gli auguri per l’anno che ci porterà con se!!!!!!!!!!!!!!!!!

  18. Alberto Cassani ha detto:

    Secondo me anche von Trer alle volte ha difficolatà a capire le intenzioni della sua stessa regia… Buon anno, Weach.

  19. Plissken ha detto:

    Non ho ancora avuto modo di visionare il film, certo che se Weach, (dico Weach che mediante ponderate analisi e variegata aggettivazione sarebbe in grado di attuare un distinguo perfino tra una formica ed un’altra) ha qualche pur relativo dubbio sul “globale” significato dell’opera, c’è di che preoccuparsi.

    Rendere una pellicola angosciante pur senza darne un senso compiuto non è poi così difficile: basta qualche scena atta allo scopo, così come per darne una visione “nichilista” o pessimista.

    Le “velleità scomposte” a cui si fa riferimento in qualche commento non potrEBBERO essere parte anche di quest’opera? Voglio dire: chi conosce la storia dell’arte è in grado di apprezzare “Les demoiselles d’Avignon”, poiché attraverso un certo percorso ha acquisito le potenzialità per poterlo fare. Si può dire lo stesso per questo film? Chi ha una perlomeno discreta “cultura cinematografica” ha davvero i mezzi per poter comprendere appieno il lavoro di Trier o deve lasciar necessariamente spazio alle “personali interpretazioni”?

    Anche volendone analizzare le sole singole scene, i film di Trier sono la classica “festa per gli occhi” d’accordo; ciò però giustifica l’assenza di un filo logico/conduttore che possa esplicare allo spettatore il giusto SIGNIFICATO dell’opera? Altrimenti c’è il rischio che imploda su se stessa, che divenga un mero esercizio di stile la cui essenza viene sovrastata da estetismo. O forse si intende far ricorso ad un cinema “di sensazioni” in cui il “concetto” assume valore relativo, stimolando emozioni ed inconscio con voluta estromissione momentanea dell’intelletto? Siamo di fronte ad andalusiane influenze?

    Un amletico dubbio quindi s’insinua: vaso di Pandora o pieno di aria fritta? Se e quando riuscirò a vedere il film cercherò di capire meglio, ma comincio ahimè a preoccuparmi un po’…

    P.S.: oggi a scuola ci hanno insegnato l’uso del punto interrogativo. 🙂

  20. Alberto Cassani ha detto:

    Aria fritta no di sicuro. Il dubbio viene semmai riguardo a quanto il risultato finale, in terrmini di messaggio, si avvicina alle reali intenzioni di von Trier. Cosa che in fondo si potrebbe dire di ogni film con delle pretese, o spesso anche solo di determinati particolari filmici. Tanto per dire, a Venezia è nata una discussione tra due accreditati di CineFile sulla possibilità che la sciatteria della fotografia di “A Dangerous Method” fosse una precisa scelta stilistica invece che semplice incapacità di Suschitzky con le telecamere digitali (poi, siccome uno dei due ha una posizione di potere rispetto all’altro, la discussione è morta subito dando ragione al primo). Ovviamente, più l’opera nel suo insieme è complessa più è facile fraintendere le intenzioni, ma allo stesso modo è più difficile per l’autore portare a compimento le sue idee. Io, però, ho l’impressione che von Trier si preoccupi molto poco di quanto le sue intenzioni vengano realmente capite dal pubblico.

  21. weach ha detto:

    Buon Anno ad Alberto a Plissken, a tutti voi.
    per tornare al tema: un film va giudicato per quello che ci trasmette ma non si può disgiungere dal flusso energetico che ci prende anche chi ce lo trasmette.
    Von Trien , lo ho ascoltato in più interviste non è convicente , spesso impacciato, a volte contradditorio. Il senso qui “di finire” rischia il manierismo ed non avere una sera base culturale ; è insomma , questa è la sensazione, che percepisco, un rigurgito del ego vuoto , senza la vera sofferenza di un artista .
    Forse mi sbaglio .
    Che l’anno in arrivo ci prenda per gioia

  22. Alberto Cassani ha detto:

    “Che l’anno in arrivo ci prenda per gioia”
    Se non ci prende per il culo è già un miglioramento.

  23. Plissken ha detto:

    Si ho volutamente esagerato, che non si tratti di “aria fritta” è palese in quanto sarebbe altrimenti specificato nella recensione. 🙂

    @ Weach, credo che tutto sommato (opinione personale) sia ininfluente quanto espresso dal Trier nelle interviste, in quanto l’opera trascende solitamente l’artista e non è detto quindi che quest’ultimo possa o voglia dare una “spiegazione” del proprio lavoro. Certo che, se come ipotizza l’Alberto, al regista non interessa che la propria opera sia in toto comprensibile, forse dico forse si è di fronte ad un atto di presunzione, un po’ come accade ad alcuni intellettuali che si crogiolano nei propri scritti senza curarsi dell’aspetto più importante, ovvero diffondere in maniera esplicita il proprio “sapere” anche a chi vuol trarre beneficio dalle loro opere.

    Cambiando discorso, un plauso ai carpenteriani Auguri del Cassani, che velati da una vena di palese ottimismo mi trovano in totale accordo, he he he…

    Comunque, Auguri anche da parte mia all’Alberto ed al Weach con i quali il discorrere di cinema si è rivelata una delle migliori cose di quest’anno di emme (perlomeno pour moi), Auguri che estendo anche agli altri recensori e fruitori del sito che concorrono nel forgiare l’essenza di questa ottima sala/salotto virtuale.

  24. Andrea ha detto:

    Un saluto e seppur tardivo, un buon anno a tutti.
    Che il film sia angosciante non ci piove. Non ho colto però il nesso tra i due episodi che a mio modo di vedere possono essere visti tranquillamente indipendentemente uno dall’altro (il primo parla della paura della vita “normale”, il secondo della paura della morte).
    Volendo fare una critica terra terra, entrambi gli episodi ma soprattutto il secondo, per il modo in cui i personaggi affrontano l’imminente disastro, l’ho trovato assolutamente inverosimile.

  25. Alberto Cassani ha detto:

    E’ vero che i due episodi si potrebbero vedere anche separatamente, ma comunque si completano a vicenda. Tanto per dire, la situazione in cui si trova la protagonista all’inizio del secondo episodio è conseguenza diretta dei problemi psicologici che si notano nel primo, ma senza il primo episodio probabilmente li legheremmo all’arrivo del pianeta. Si perderebbe, insomma, quello che dico nella recensione, ossia che i personaggi usano il pianeta come pretesto per sfogare la propria rabbia e la propria angoscia, ma che queste non dipendono da lui.
    Sull’inverosimiglianza delle loro reazioni non saprei. Al di là dei problemi appunto psicologici che si portano dietro, chi può sapere come ci comporteremmo nelle ore immediatamente precedenti la fine del mondo?

  26. Andrea ha detto:

    Mah, c’è la possibilità che un pianeta collida con la terra e una persona adulta (non certo il bambino, parlo della sorella della Dunst) non guarda manco un telegiornale? Non telefona ai suoi amici? Al massimo guarda google in Internet e si fida solo di quello che gli dice il marito? Se ne resta comunque tutto il giorno a casa e non va mai in paese? Ma andiamo.. sembrava che vivessero in un un’isola deserta..

  27. Alberto Cassani ha detto:

    Ma il punto di partenza del film è proprio questo: l’isolamento dell’individuo dal resto del mondo, è questo che porta i personaggi a ragionare e comportarsi come fanno (a prescindere dal pianeta). In tutta la villa non c’è una televisione né una radio, e non hanno alcun contatto umano se non con la servitù (e gli ospiti del matrimonio). E’ vero: è come se fossero su un’isola deserta, perché così hanno voluto. La prima scena ti mostra quanto sia remota la villa in cui il film è ambientato, proprio per farti capire quanto siano volutamente fuori dalla civiltà, abbandonati a se stessi. Un po’ come i coniugi di “Antichrist”, tra l’altro.
    Peraltro, comunque, nel film viene ripetuto più volte che il pianeta sfiorerà solamente la Terra: sono i catastrofisti che prevedono l’impatto, non la Scienza. Non è questione di fidarsi del marito, è questione di credere alla Scienza e non alle Cassandre. Tu a metà dicembre di quest’anno starai attaccato alla Tv per vedere se i Maya hanno ragione? Senza contare il tempo che è trascorso tra la prima e la seconda parte del film, più che sufficiente (volendo) per leggere e vedere di tutto e di più sul fly-by del pianeta…

  28. Sebastiano ha detto:

    Secondo me vi siete fissati a considerare il pianeta come se Melancholia fosse un film di azione o di avventura; credo si debba tenere presente che e’ “solo” la rappresentazione di qualche cosa, qualche cosa che ha un impatto distruttivo per l’umanita’, a livello mentale prima che fisico.

    PS: l’ho visto.

  29. Alberto Cassani ha detto:

    Ma è la stessa cosa che dico anchìio…

  30. Robi1Kenobi ha detto:

    Grazie Cinefile per esserci sempre nel momento del bisogno…
    Ho appena finito di vederlo mosso dalla motivazione di capire di più sugli attacchi di panico della mia fidanzata.
    Ne esco con 4 riflessioni:
    – Claire e Justine sono i 2 modi di vedere le avversità, come ying e yang descrivono agitazione o passività, le uniche vie possibili da percorrere senza mentire e sè stessi;
    – l’eleganza con cui nella prima parte si descrivono i rapporti personali e familari sovrasta ogni citazione ;
    – melan-cholia da latino umor nero, ma anche depressione psicologica, oserei dire crisi, anche economica nascosta dal sole del consumismo;
    – Charlotte Rampling di secondo lavoro fa la mistress?! 🙂

    p.s. Condivido la scelta dei giurati di Cannes per The tree of life,che reputo un’opera dotata di maggiore universalità mentre Von Trier si conferma più di nicchia…

  31. Alberto Cassani ha detto:

    Siamo qui per voi, Robi… Tra l’altro il tuo commento era rimasto bloccato dall’antispam per non so quale motivo, forse il link che hai messo come sito, boh?
    Comunque, l’enorme differenza caratteriale tra le due sorelle mi sembra ovviamente una scelta voluta per sottolineare la grande differenza tra le possibili reazioni allo stesso momento di crisi. Non so se è però corretto dire che le uniche vie sono agitazione e passività: mi sembra più che il film voglia invece suggerire che, a prescindere dalla via che si percorre, il traguardo è comunque l’alienazione totale dal mondo esterno, in un modo o nell’altro. Charlotte Rampling che io ricordi ha sempre fatto parti piuttosto “borderline”, piuttosto morbose, col passare degli anni non è cambiata.

  32. Marco ha detto:

    Ovviamente Von Trier o piace o non piace, io (come per “Antichrist”) ammiro sempre la qualità tecnica dei suoi film fra cui fotografia, regia e musica. I contenuti dei suoi film mi lasciano indifferente, preferisco ammirare questi stupendi quadri semoventi che riesce a creare solo lui.
    La Dunst non lo trovata così brava, oddio non così tanto da avere il premio, io personalmente avrei premiato ancora la Gainsbourg.

  33. Plissken ha detto:

    Visto che ieri, dopo aver finito di dilapidare il mio patrimonio nei modi più scellerati che la mia mente potesse concepire, la profezia Maya non si è avverata (‘ tacci loro…) non ho potuto far altro che consolarmi acquistando con gli ultimi euro un DVD per guardare un film più o meno in tema, “Melancholia” appunto.

    Scherzi a parte, ora che ho visionato il film posso dire di ritenermi concorde con quanto scritto in recensione, aggiungendo però che il pianeta secondo la mia personale lettura funge sì da pretesto per esternare i sentimenti dei personaggi, ma anche come simbolica catarsi o addirittura nemesi verso quella vita che non solo è “l’unica”, ma anche, cosa importante, “cattiva”, tanto da sembrare tra le righe meritevole di scomparsa. La scena iniziale inerente lo scontro tra i due pianeti . mi ha evocato più un bacio che un pugno, più un abbraccio che una spinta. La scena “finale” inerente il suicidio di John potrEBBE avvalorare la tesi: un atto egoistico, meschino, compiuto da un personaggio che abbandona miseramente ad un tremendo destino le persone ad egli più care: se è questo che bisogna aspettarsi dalla “vita” che ci circonda, ben vengano i “Melancholia planets”. Personalmente vi ho ravvisato una chiara visione pessimistica (scoperta dell’acqua calda…) anche se in effetti alcuni punti danno adito a molteplici interpretazioni o perlomeno cagionano sovente alcune perplessità sul loro preciso significato, e qui mi collego agli apprezzabili interventi in calce alla recensione (a proposito: Weach che fine hai fatto?).

    Da un punto di vista più “tecnico” appare in effetti piuttosto oscura la motivazione che ha indotto a i giurati di Cannes a premiare la Dunst, che offre una bella prova senz’altro ma non direi così memorabile.
    Belli gli edotti riferimenti all’ “estetica del periodo nazista.. di Bunuel… e poetica del romanticismo tedesco”.
    Per il resto, il film appare come sempre di alta fattura sia per ciò che concerne la fotografia che gli altri aspetti solitamente molto curati nei film di Trier, ralenti compresi.

    Francamente a me il film è piaciuto assai più di quanto mi aspettassi, e pur senza avere la forza di “Antichrist”, mi è apparso più congeniale, forse nell’illusione di essere riuscito a coglierne e comprenderne più sfumature.

    Bello, molto bello, quasi una fine del mondo.

  34. weach illuminati ha detto:

    Caro Plissken, sono qui accanto a te ed ho letto con attenzione la tua analisi del film .
    Decisamente interessante e condivisibile.
    Circa la mia persistente assenza, devo dire che tutto è collegato ad una tristezza che ho assorbito in questi momenti difficili per il nostro Paese…….quasi un silenzio introspettivo. oggi che il 21 dicembre 2012 è passato senza lasciare traccia ebbe cerchiamo di sorridere ,ed andare avanti
    auguri al sito, a te Plissken ed ad Alberto per un 2013 finalmente con qualche novità accettabile.

  35. Plissken ha detto:

    Ciao Weach, fa piacere “risentirti”.

    Anche io sto passando un brutto “quarto d’ora” (da tre anni in qua sempre peggio…) ed anche io sovente vengo colto da momenti di sconforto, più per la mia situazione nello specifico che di quella generale del nostro Paese che per me a questo punto può andare a… Dateci la Merkel, miseriaccia.

    Ovviamente, essendo in grado di comprendere lo stato d’animo, mi sento di manifestarti la mia solidarietà, unita alla sincera volontà di ricambiarti i migliori Auguri per un anno migliore di questi ultimi: si sa, la speranza è sempre l’ultima a morire.

    Fatti sentire ogni tanto.

  36. Sebastiano ha detto:

    Ragazzi, siamo tutti un po’ depressi, eh?
    Allora non vi dico di me, ma mi unisco al coro per fare a tutti i miei saluti, augurandoCi giorni migliori.

    E dopo esserci scambiati gli auguri tra i commenti di un film evidentemente a caso, andremo tutti a vedere “La bottega dei suicidi”.

  37. Plissken ha detto:

    In verità più che volgere lo sguardo a “la bottega dei suididi” mi sentirei incline ed emulare (in peggio) il Douglas di “Un giorno di ordinaria follia”, ha ha…

    Vabbè, ahem… ringrazio e ricambio sentitamente gli Auguri e speriamo davvero che un meteorite cada in uno specifico punto della città capitolina, in un giorno feriale e lavorativo, cosa che renderebbe tutti assai meno depressi. 😀

    Poi magari ci facciamo anche un film.

  38. Alberto Cassani ha detto:

    Mah, io non vedo come si possa passare il Natale senza guardare “Una poltrona per due”… Se poi ce l’abbiamo con qualcuno, basta immaginarselo vestito da gorilla femmina…

  39. Plissken ha detto:

    Riguardo il costume da gorilla femmina, risolverei mandando celermente quei “qualcuno” direttamente nella giungla africana.

    Per il resto concordo, l’ho sempre detto anch’io: a Natale, d’obbligo Capra e Landis.

  40. Giovanni Berardi ha detto:

    Melancholia è agonia, una lenta agonia che si protrae in maniera inesorabile e che con il suo continuo e lento avvicinarsi scandisce la disintegrazione della vita sulla Terra, l’eliminazione del genere umano.

Scrivi un commento

Devi essere autenticato per inserire un commento.