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"Metropolis" di Rin Taro

25 giugno 2002 Recensioni 3 Commenti
Alberto Cassani, 25 Giugno 2002: Complesso
KeyFilms, 21 Giugno 2002

Tima è una fanciulla robot plasmata da un eccentrico scienziato, un’arma devastante commissionata dal losco Duke Red. Assieme al giovane nipote di un detective privato, Tima vaga attraverso i vari livelli di Metropolis, braccata dal giovane rampollo del Duca. Intanto, nei bassifondi cova la rivoluzione…


Quando si parla di fumetti e cartoni animati giapponesi, il mondo si divide in due: quelli che li adorano a prescindere, e quelli che non li possono sopportare. Come spesso accade, tutti hanno ragione e nessuno ce l’ha: le obiezioni che entrambe le parti portano a favore della propria causa sono per lo più valide, ma prese singolarmente non riescono a dare un quadro completo della questione. La realtà è che i manga e gli anime hanno i loro – grossi – pregi e i loro – altrettanto grossi – difetti, e indipendentemente da questi, la produzione media di letteratura e cinema disegnato giapponese merita un po’ più di attenzione e considerazione rispetto a quella finora ottenuta nel nostro paese.

Metropolis, tratto da un fumetto di Osamu Tezuka (l’autore di Simba, il leone bianco) e sceneggiato da Katsuhiro Otomo (Akira), è la perfetta dimostrazione di quanto il mercato cinematografico italiano fatichi ad accogliere le produzioni animate giapponesi: uscito in Italia il 21 giugno in contemporanea con il Lilo & Stitch della Disney, è stato distribuito in poche sale (una sola a Milano, due a Roma) e ha in pratica suscitato l’interesse solo degli appassionati di fumetti e cartoon, data la scarsissima pubblicità che gli è stata riservata ma nonostante le buone recensioni dei pochi critici amanti del genere. Gli spettatori “comuni”, quei pochi che si sono accorti della sua esistenza, l’hanno evitato come la peste, pensando di trovarsi davanti un prodotto che presenta tutti quei difetti che comunemente vengono associati ai cartoni giapponesi.

In realtà Metropolis, che nulla c’entra con il film di Lang, è un racconto di fantascienza estremamente complesso, che si rifà tantissimo agli stilemi classici del genere e che mette in mostra una perizia grafica non indifferente. Eppure, nonostante anche un uso straordinario dei diversi generi musicali all’interno della colonna sonora, il film è piuttosto noioso, dotato di poco ritmo e con personaggi troppo poco approfonditi. Insomma, il perfetto esempio di produzione giapponese che non farà altro che rafforzare le posizioni preventive di chi ne discute, siano essi fanatici o detrattori della stessa.


Titolo: Metropolis (Metoroporisu)
Regia: Rin Taro

Sceneggiatura: Katsushiro Otomo
Fotografia:

Doppiatori: Fabrizio De Flaviis, Gemma Donati, Vittorio De Angelis, Alessandro Rossi, Fabrizio Manfredi

Nazionalità: Giappone, 2001
Durata: 1h. 48′


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Attualmente ci sono 3 commenti a questo articolo:

  1. Francesco Cuffari ha detto:

    Alberto, come ti era sembrato “Akira”? Secondo te qual è il più grande capolavoro di animazione giapponese sempre cyberpunk?

  2. Alberto Cassani ha detto:

    “Akira” era un cartone animato avanti nei tempi dal punto di vista visivo, però secondo me troppe cose era spiegate male e pienamente comprensibili solo a chi aveva letto il fumetto (di cui io ho letto solo il primo numero perché costava un’enormità).

    Sul cyberpunk mi cogli abbastanza impreparato, perché è un tipo di fantascienza che non mi piace, per cui non vado a cercare film che non mi capita di vedere ai festival o quando escono. Quindi, nel ristretto gruppo di anime cyberpunk che ho visto, faccio fatica a trovare un film davvero eccezionale. Diciamo che quello che mi è piaciuto di più è “Ghost in the Shell 2”, che ha però un’ultima parte davvero noiosa.

  3. Anonimo ha detto:

    L’investigatore privato non trova proprio niente. Quando, alla fine del film ‘Metropolis’, se ne va sul suo aereo, non lo rimpiange proprio nessuno. A cominciare da quel nipote Kinichi al quale la vita, come la città distrutta, iniziano a sembrare rosee solo quando se ne vanno i rompiscatole. Il presidente ha un palazzo sempre più grande in un mondo che sta diventando sempre più piccolo, intendo nelle risorse. Duke Red capisce che può farcela, a prendere il potere, perché il presidente è un fesso. Non è fesso il figlio di Red che, opportunamente, si chiede: ‘Come si fa ad avere un padre potente se non si elimina Tima?’ Perché va eliminata Tima? Red la userebbe ai suoi scopi, l’investigatore ha lo stesso obiettivo. Tima è la ragazza, la donna nuova, tanto nuova da sembrare fatta in laboratorio. Kinichi, quando la trova, opportunamente, si fa venire intorno a lei una buona idea. Che è quella di rinnovarsi anche lui. Tima si lascia inserire nel Grande Cervello Universale, lo ritroviamo dopo 2001 Odissea nello Spazio. Distrugge tutto quello che c’è da distruggere col rischio di distruggere anche se stessa. Kinichi deve salvarla. Con lei, trova un’identità anche lui. Dopo le acrobazie tra le murature in caduta libera, non sembra che Tima sia diventata tutt’una con i calcinacci in dissoluzione? Lei non trova più il linguaggio, fa gesti distruttivi stereotipati. La stereoscopia è tosto rump, quella che resta, sorvolata dalle colombe a volo libero. C’è un robot sopravvissuto, un nipote che muove i primi passi, una radio che riporta una voce che, chissà da dove viene, dice qualcosa d’interessante.
    Giuseppe Paolo Mazzarello

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