"Mi rifaccio vivo" di Sergio Rubini
01 Distribution, 9 Maggio 2013 – Conciliante
Ottone ha sempre dominato il malcapitato Biagio che, in seguito all’ennesima sconfitta, decide di farla finita. Grazie a un “bonus” Biagio torna sulla Terra, con lo scopo di distruggere la felicità del suo nemico, ma la realtà si rivela diversa da quello che ha sempre immaginato…
Mi rifaccio vivo è una storia di conciliazione. Una storia che fa bene vedere perché mette in scena la rovina interiore causata dalla frustrazione dell’antagonismo e della competizione. Una storia che la regia cura nel prologo in maniera molto interessante: Sergio Rubini non pone lo spettatore in condizione di “entrare” nel film, con un classico movimento in avanti della macchina da presa magari; al contrario presenta il protagonista Biagio Bianchetti – interpretato da Lillo Petrolo – con uno zoom indietro. Ci fa uscire dalla storia perché lo stesso Biagio sta per rinunciare alla sua.
Il “secondo inizio” comincia in un taxi, dove un post-moderno Caronte interpretato da Enzo Iacchetti guida l’imprenditore suicida alla sua “zona di smistamento”. Surreale quanto efficace e simpatica la trasposizione dell’aldilà dantesco nell’immagine di un hotel, dove il protagonista si batte per poter andare, invece che nel “seminterrato”, al “secondo piano”. Il bonus che gli viene concesso per dimostrare di essere un uomo migliore è in realtà l’occasione di vendicarsi e poter distruggere la felicità del suo antagonista Ottone di Valerio, interpretato da un troppo macchiettistico Neri Marcorè.
Nel momento in cui Biagio si reincarna nel manager Rufino – Emilio Solfrizzi – la sceneggiatura perde definitivamente consistenza. Lo sviluppo del film diventa lento, quasi prevedibile ed evanescente, tant’è che a tenere desta l’attenzione sono alcune gag, come quella del cibo, che però, ripetute, perdono di efficacia. Nonostante questa evidente debolezza, alcuni dettagli intelligenti rendono prezioso il film, come gli “occhiali”, un accessorio comune quanto rivelatore sullo schermo, che concretizzano il tema del doppio. Poiché «l’anima rimane la faccia di prima» davanti agli specchi si crea un gioco interessante di riflessione asimmetrica, per cui Rufino specchiandosi si vede come Bianchetti. In questa non corrispondenza l’unico elemento di continuità fra i due corpi sono proprio gli occhiali, spesso in primo piano. Quando Bianchetti smette di vedere Ottone come un vincente e impara a guardarlo come un uomo fragile, con i suoi problemi, finisce col battersi per sostenerlo, creando un ribaltamento non solo comico ma rivelatore: all’egocentrismo subentra la preoccupazione per gli altri, come per la moglie, interpretata da una delicata e convincente Vanessa Incontrada.
Da una parte dunque, due lenti, dall’altra due realtà, due immagini, due opportunità, due inizi e, inaspettatamente, due conclusioni: la prima ha a che fare con un taxi, la seconda con la capacità di saper fare i nodi.
Titolo: Mi rifaccio vivo
Regia: Sergio Rubini
Sceneggiatura: Sergio Rubini, Carla Cavalluzzi, Umberto Marino
Fotografia: Fabio Cianchetti
Interpreti: Emilio Solfrizzi, Neri Marcoré, Lillo Petrolo, Sergio Rubini, Vanessa Incontrada, Bob Messini, Gianmarco Tognazzi, Margherita Buy, Valentina Cervi, Enzo Iachetti
Nazionalità: Italia, 2013
Durata: 1h. 45′
Mah…sono d’accordo con le note negative ma in disaccordo su qualsiasi pregi che la recensione ha descritto.
Per me l’unica nota positiva è Solfrizzi che grazie a lui si sorride, per il resto noia e prevedibilità.
Sconsigliato.