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Two Sisters di Kim Jee-woon

3 luglio 2004 Recensioni 2 Commenti
Two Sisters

Medusa, 27 Agosto 2004 – Claustrofobico

Dopo un periodo di malattia Su-mi e Su-yeon tornano nella casa in cui vivevano con i genitori prima della morte della madre. Ma le due sorelline non sono affatto contente di questo ritorno, come se per loro la casa racchiudesse qualcosa di sinistro e vi aleggiasse la presenza di un tragico passato non troppo lontano…


Moon Geun-young e Im Su-jung in Two SistersPer tutti quelli che pensano che il cinema horror non abbia più speranza e che non ci siano in circolazione registi in grado di incantare e terrorizzare unicamente con la farina del proprio sacco, ecco che dalla Corea arriva questo affascinante Two Sisters, creazione registica dell’elegante mano di Kim Ji-woon, la cui sceneggiatura è stata da lui stesso adattata a partire dal famoso romanzo popolare coreano Janghwa & Hongryeon. Il film è un viaggio nei meandri della psicolabilità e delle ansie di persone fragili, paure che si amplificano con la solitudine e che spesso si trasformano in malvagità e fobie che hanno conseguenze dilanianti anche sulla vita di chi sta loro intorno.
Yeom Jeong-a in Two SistersSoffocante nella sua perfezione scenica, il film si avvale di inquadrature limpide e asfissianti soggettive stile Kubrick da cui è difficile non lasciarsi ammaliare e degli accesi colori tipici orientali che conferiscono sempre una certa insofferenza alle scene girate in interno. Tra tutti spicca un rosso intenso e corposo che si contrappone all’ostilità nascosta delle zone d’ombra dei meandri della casa ed alla freddezza delle luci verdi e bianche che – soprattutto nelle fasi iniziali e finali – sembrano portare come un momento di distensione.
Una scena di Two SistersArredamento d’altri tempi e carte da parati che assomigliano a pagine di una lettera d’amore fanno da sfondo ad una storia semplicissima, che grazie alla sapiente mano del regista diviene un piacevolissimo – e volutamente lento – percorso ad ostacoli che conduce all’uscita.La prima impressione che si ha appena usciti dalla sala, anzi già durante i titoli di coda, è quella di aver capito ben poco su chi sia e se davvero ci sia un colpevole nella triste storia di Two Sisters. Tutto quello che avevamo assimilato fino a quel momento ci fa sentire infatti come fossimo finiti in una trappola, vittime di un malinconico gioco in cui il regista ha voluto trascinarci. Il tutto si conclude, si fa per dire, con la cognizione del fatto che ogni singolo dettaglio della storia sia necessariamente da rielaborare sotto altri aspetti.

Kim Kap-su in Two SistersTwo Sisters è un film che invita lo spettatore alla riflessione, all’esercizio mentale di dimenticare quanto visto fino a quel momento e riconsiderarlo interamente, scrollandosi di dosso tutti i punti fermi che sembravano aver retto perfettamente l’impianto narrativo. Un film che se da una parte trascina e intriga lo spettatore ignaro che cerca in tutti i modi di trovare una spiegazione logica a quel che accade, tuttavia stenta a coinvolgerlo nelle vicende personali dei protagonisti, che rimangono avvolti a lungo nella loro pressoché indecifrabile personalità (cosa che non è per forza un difetto), tormentati da un oscuro passato che solo nelle sequenze finali riesce ad assumere un’identità ben precisa e a chiarire perfettamente tutti i ruoli.

Moon Geun-yeong in Two SistersLe immagini ci lasciano in balia di sequenze e di una fotografia di grande impatto emotivo, senza risparmiarci né i colpi di scena che fanno sobbalzare dalla poltrona – tipici dei film dell’orrore – né la drammaticità di situazioni di estremo malessere psichico in cui sembrano piombare a turno i personaggi. Un film che non ci aiuta in nessun modo ad uscire dal labirinto delle incongruenze di cui è tempestato un racconto pieno di improvvisi salti nel passato, né ad intuire in alcun modo quale sia davvero il presente che i protagonisti stanno vivendo. La malattia o la semplice disperazione distrugge e divora l’anima di ognuno, talvolta fino a frammentare la realtà come fosse un puzzle che nessuno vuole o che nessuno è in grado di ricomporre.

Im Soo-jung in Two SistersIncredibilmente dettagliato, il film scorre ingannevole e capriccioso, sfuggendo ad una qualsiasi previsione. Gli elementi narrativi sostanziali sono ridotti al minimo indispensabile, volutamente o meno non lo sapremo mai, in modo da riuscire a dare risalto quasi unicamente ai personaggi, alle loro frustrazioni e al modo di manifestarle nei confronti altrui. Uno stile impeccabile dunque, difficile da imitare e talvolta da comprendere, che farà di questa straordinaria pellicola orientale uno dei prossimi bersagli della fabbrica del remake hollywoodiano. Il paragone e la vicinanza di Two Sisters con pellicole statunitensi di grande successo ed effetto sarebbe, oltre che troppo facile, un indizio che vi rovinerebbe sicuramente la visione… sarebbe proprio un peccato.


La locandina di  Two SistersTitolo: Two Sisters (Janghwa, Hongriyeon)
Regia: Kim Jee-woon
Sceneggiatura: Kim Jee-woon
Fotografia: Lee Mo-gae
Interpreti: Im Soo-jung, Yeom Jeong-a, Moon Geun-yeong, Kim Kap-su, Seung-bi Lee
Nazionalità: Corea del Sud, 2003
Durata: 1h. 55′


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Attualmente ci sono 2 commenti a questo articolo:

  1. Andrea ha detto:

    Il mio preferito fra i thriller/horror orientali. Da vedere. PS: Neanche da paragonare con la trasposizione americana (the uninvited).

  2. Alberto Cassani ha detto:

    Però il remake non era totalmente disprezzabile, ma questo è proprio di un’altra categoria. Di Kim Jee-woon val la pena di vedere anche “The Foul King” e “The Good, the Bad, the Weird”, anche se non sono film dell’orrore. “Bitterweet Life”, invece, è un orrore di film.

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