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"Whores' Glory" di Michael Glawogger

5 settembre 2011 Recensioni 0 Commenti
Paola Cavallini, 3 Settembre 2011: Duro
Inedito in Italia

Tre dei luoghi più poveri del mondo per il mestiere più vecchio del mondo. Un’inchiesta sul lavoro delle prostitute di Bangkok, del Bangladesh e di Città del Messico per scoprire quanto orribile può essere la loro situazione e al contempo quanto è importante per loro quel lavoro…


Documentario in concorso nella sezione Orizzonti di Venezia 2011, Whore’s glory di Michael Glawogger racconta – attraverso quella che lo stesso regista definisce una trilogia – la vita e la sofferenza delle prostitute di tre città del sud del mondo, in tre contesti tra i più poveri del pianeta: Thailandia, Bangladesh, Messico.
La prima parte del film è il racconto delle ragazze dell’Acquario di Bangkok: esposte in un locale per uomini al di là di un vetro, proprio come un enorme acquario, e contrassegnate da un numero (rosso per le migliori e più costose, blu per le “seconde scelte”), attendono speranzose che qualcuno le scelga, come un bambino davanti alla vetrina di una pasticceria o una donna a una gioielleria. Essere scelte significa per loro non solo guadagnare denaro da spendere a loro volta in abiti, accessori o serate con uomini (anch’essi a pagamento), ma anche e soprattutto assurgere al ruolo di colei che piace di più, e che quindi potrà vendersi con il numeretto rosso piuttosto che blu.
La seconda parte, quella dedicata a un intero quartiere a luci rosse in Bangladesh, ci fa sprofondare ancora di più nell’orrore della vita delle prostitute, qui addirittura bambine, a volte addirittura ragazze o donne con i propri figli negli stessi tuguri in cui si vendono; figli e soprattutto figlie destinate a fare la stessa fine delle madri. E’ qui che assistiamo a un’interminabile teoria di donne, giovani e ragazzine, comperate nei villaggi, che lottano disperatamente per accaparrarsi ogni singolo cliente, dato che da quello dipende la loro possibilità di rimanere a vivere lì, la loro unica chance di sopravvivere.
E infine il Messico, dove esiste La Zona, un quartiere abitato solo da prostitute, dove assistiamo al decadimento totale dello spirito e del corpo. Davanti agli occhi dello spettatore si svolge un’interminabile teoria di corpi sfatti, di menti distrutte, di donne che ricordano il proprio “glorioso passato” quando adescavano fino a 40 uomini al giorno, di anime che non hanno più alcuna speranza, tranne quella di fare una Buona Morte.

Un cenno a parte merita un tema che attraversa – trasversalmente – tutta la trilogia, quello della devozione religiosa, autentica, dolorosa, profonda, che accompagna in modo diverso tutte queste donne e bambine. A Bangkok, dove si prega per avere tanti clienti, essere ammirate e avere tanto denaro da spendere; in Bangladesh, dove ci si presta a qualunque pratica sessuale purché non annoveri l’uso della bocca, perché con quella «…si recitano le sure del Corano»; nella Zona, dove la Signora della Buona Morte è presente in ogni stanza, in ogni bar, è incisa sulla pelle delle donne, perché le accompagni e le faccia sopravvivere in un mondo che ben poco ha a che fare con la vita.

E’ molto bello, questo film-documentario di Michael Glawogger – già noto al pubblico di Venezia per Workingmen’s Death – che, con un percorso da Inferno dantesco, ci trascina, segmento dopo segmento, nell’abisso della disperazione umana. Certamente raggiunge come un pugno allo stomaco anche lo spettatore più smaliziato, raccontando, tra le altre cose con un’unica scena di sesso esplicito, il mondo, la vita, i sogni e le anime delle donne che, in tutto il mondo vivono in una condizione profondamente inumana.


Titolo: Whores’ Glory
Regia: Michael Glawogger

Sceneggiatura: Michael Glawogger

Fotografia: Wolfgang Thaler

Interpreti:

Nazionalità: Germania – Austria, 2011
Durata: 1h. 50′


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