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"13 Assassini" di Takashi Miike

9 settembre 2010 Recensioni 15 Commenti
13 Assassini

Bim, 24 Giugno 2011 – Epico

Giappone: un protetto dello Shogun stupra una donna e ne uccide il marito per puro divertimento. Il padre dell’uomo ucciso decide di assoldare un samurai per vendicare l’offesa. Il guerriero raduna una squadra di 13 uomini per andare incontro a una carneficina…


Kôji Yakusho in 13 AssassiniIl film con cui Takashi Miike torna al Festival di Venezia tre anni dopo il delirante Sukiyaki Western Django si apre in modo magistrale, con una scena semplice ma che chiarisce perfettamente con che tipo di film si ha a che fare. L’incipit di 13 Assassini vede un uomo solo in un cortile che esegue l’antichissima pratica del Seppuku, un suicidio rituale, giustificato solitamente da gravissime offese al proprio onore, che si esegue squarciandosi il ventre da un fianco all’altro e quindi verso l’alto con un particolare pugnale. Niente meglio di questo gesto poteva introdurre lo spettatore alla storia e al suo spazio-tempo, e insieme riassumere tutto il film: la violenza, la curata regia, perfino la morale giapponese rivive in questo gesto disperato.

Una scena di 13 AssasiniQuesto suicidio rappresenta il fulminante inizio di una straordinaria cascata di eventi che si evolverà per capitoli ben precisi, con la formazione della squadra di assassini da cui deriva il titolo del film, una partita a scacchi a distanza tra due condottieri, per culminare infine nell’epico sconto finale. La sceneggiatura eredita dall’originale film del 1963 di Eiichi Kudo una struttura piuttosto semplice, tipica del Jidai-geki (tradizionale film giapponese di cappa e spada, solitamente dedicato proprio alle vicende di samurai e ronin), cui si attiene in modo fedele ma allo stesso tempo brillante, non pedissequo, con numerosi dialoghi davvero notevoli. Il cast è convinto e all’altezza del compito, sia nelle scene di lotta che nel resto del film: i volti dei protagonisti rispecchiano i classici ruoli del genere e permettono di distinguerli nonostante la somiglianza somatica.

Una scena di 13 Assassini13 Assassini sconta forse una prima parte dal ritmo troppo blando e con dialoghi che potrebbero presentare meglio le premesse della storia, ma alla comparsa del primo dei protagonisti il film ingrana un’andatura decisamente più convincente, fino a giungere al lunghissimo faccia a faccia finale tra i 13 assassini e l’esercito nemico. Questa epica battaglia, aperta e chiusa all’insegna del lirismo samurai ma più in generale del combattente, attraversa diverse fasi ben distinte, separate dall’uso delle armi e dei trucchi da parte dei protagonisti, e rappresenta il vertice della pellicola. Qui la regia di Miike si fa magistrale e potente, evitando effetti speciali e digitali abusati negli ultimi anni e creando sequenze che gioverebbero alla maggior parte dei film d’azione hollywoodiani.

Una scena di 13 AssassiniQuesto remake del film di Kudo ne omaggia lo stile, la semplicità, e regala una visione assolutamente potente, che non lascia nulla di incompiuto né di intentato. Una regia eccezionale prima di tutto, una delle poche opere di Venezia 2010 che resisterà al tempo, 13 Assassini non è un film per tutti e nemmeno troppo adatto al pubblico occidentale, ma si conclude con una delle più belle riflessioni sull’onore e il senso della vita che il cinema recente ci abbia regalato.


La locandina statunitense di 13 AssassiniTitolo: 13 Assassini (Jûsan-nin no shikaku)
Regia: Takashi Miike
Sceneggiatura: Takashi Miike, Daisuke Tengan
Fotografia: Nobuyasu Kita
Interpreti: Kôji Yakusho, Takayuki Yamada, Yûsuke Iseya, Gorô Inagaki, Masachika Ichimura, Mikijiro Hira, Hiroki Matsukata, Ikki Sawamura, Arata Furuta, Tsuyoshi Ihara, Masataka Kubota, Sosuke Takaoka, Seiji Rokkaku, Yûma Ishigaki, Kôen Kondô
Nazionalità: Giappone – Regno Unito, 2010
Durata: 2h. 06′


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Attualmente ci sono 15 commenti a questo articolo:

  1. Riccardo ha detto:

    Sarebbe bello avere qualche recensione dei capolavori di Kurosawa secondo me tipo:
    Kagemusha, Ran, I sette Samurai, Yojimbo per citarne alcuni.

    Voi di cinefile cosa ne pensate di questi film e del regista.

  2. Alberto Cassani ha detto:

    L’unico film di Kurosawa (Akira, che Kyioshi a me non piace per nulla) che abbiamo recensito è “Anatomia di un rapimento” (http://www.cinefile.biz/?p=3052), che non è esattamente il tipico film di Akira Kurosawa. In generale i classici veri e propri li recensiamo molto di rado, praticamente solo in casi particolari, perché è sempre difficile trovare chiavi di lettura originali e approfondire compiutamente l’argomento. Ma non è escluso che si faccia, in futuro.

  3. Riccardo ha detto:

    Ma non si può recensire un classico soltanto in base alle emozioni che ci ha trasmesso o a particolari che abbiamo colto: ad esempio SCARFACE (che non centra niente con kurosawa )con pacino è il dramma scespiriano della scalata al potere di un uomo e il ritratto dell’america di quegli anni messo in scena in maniera cruda e magistrale, secondo me basta questo per recensirlo.

  4. Alberto Cassani ha detto:

    Ma è proprio il discorso che faccio anch’io: proprio perché non si può recensire un classico come si recensisce un moderno bisogna farlo con un’attenzione diversa, estendendo il discorso alla situazione storico-politico-cinematografica del momento (cosa che non sempre è necessaria, col cinema attuale). Ma quando il tipo di analisi che vuoi fare a proposito di un certo classico l’hanno già fatta in mille prima di te, ha senso aggiungere il tuo inchiostro (virtuale) a quello degli altri?

  5. Plissken ha detto:

    A me è piaciuto, ed è stato un piacere immeggersi in un film “di vecchio stampo” come lo erano quelli con Mifune o i grandi western alla Ford. 🙂

    A dire il vero ho trovato scorrevole anche la prima parte, che mi è piaciuta quanto la seconda.
    Fa piacere constatare come ogni tanto anche una storia vista e rivista possa trovare nuovo nerbo mediante un’accorta regia, volta ad esaltare “riflessioni sull’onore e il senso della vita” che non stancano mai.

  6. Alberto Cassani ha detto:

    Diciamo che è una storia vecchio stampa girata in chiave moderna.

  7. Plissken ha detto:

    Si, e ritengo sia molto più riuscito di “Il grinta” ad esempio, che forse doveva essere simile nei presupposti.

    Debbo dire onestamente che ho un certo debole per Samurai, Ronin & C. tanto che Katana, Wakizashi e Tanto campeggiano in bella vista sulla mensola del mio studiolo, ma le pellicole sul genere si sprecano e non è facile trovarne di valide.

    Ti dirò, parlando di grosse produzioni, che secondo il mio personale parere anche “l’utimo samurai” poteva essere un bel film, peccato abbiano voluto “occidentalizzarlo” introducendo a forza il personaggio interpretato da Cruise, snaturando il tutto e rendendo ardua l’attuazione della famosa “sospensione dell’incredulità”.

    Samurai a parte, qualche esempio non male di cinema “semi-epico” ci è forse giunto dalla cinematografia cinese, inaugurato dalla “tigre ed il dragone” e proseguito con altre pellicole più che godibili: ce n’è qualcuna che ti è piaciuta?

  8. Alberto Cassani ha detto:

    Mah… Io dividerei i film di samurai veri e propri dai wuxia alla “Tigre e il Dragone”, al di là della provenienza giapponese o cinese. Non sono per nulla un fan di questa seconda categoria, per quanto adori il primo “Storie di fantasmi cinesi”, mentre della prima non abbiamo avuto molte occasioni di vedere degli esempi, in questi ultimi anni.

  9. Plissken ha detto:

    Se noti ho specificato “Samurai a parte” proprio perché i “wuxia” sono altra cosa.

    Ho notato però che alcuni di questi film, anche recenti, hanno posto in evidenza (al di là di qualche excursus propagandistico pro-Cina) similarmente ad alcune pellicole sui Samurai, il senso dell’onore e non solo, come nel recente “Fearless” con Jet Li, che ho trovato molto ben fatto.

  10. Alberto Cassani ha detto:

    In un certo senso, però, l’onore è sempre stato presente anche nel cinema cinese, perché comunque le arti marziali si basano (anche) su questo.

  11. Marco ha detto:

    D’accordo con l’incipt. Noiosa la prima parte, leggermente più intensa la seconda (anche se alla lunga stanca), ma sinceramente non è proprio il mio genere di film.
    Finora l’unico film orientale avventura-azione che mi è piaciuto (grazie soprattuto alle carrellate di regia più che ai scialbi combattimenti) è “La Battaglia Dei Tre Regni” di Woo.
    Per il resto solo horror.

  12. Alberto Cassani ha detto:

    La battaglia finale è effettivamente estenuante, ma un po’ è per volontà e un po’ per la tipica esagerazione di Miike. “La battaglia dei tre regni”, chi ne sa dice che la versione originale, lunga il doppio di quella che abbiamo visto in Italia, è molto più bella. Nel genere io ti consiglio comunque di dare un’occhiata almeno a “Kagemusha” e “Ran” di Akira Kurosawa, se poi invece vuoi qualcosa di più fantasy “Storie di fantasmi cinesi” è lì apposta (lo so: sono cinesi e non giapponesi).

  13. Plissken ha detto:

    Concordo sull’effettiva lungaggine della battaglia finale, ma ciò per i miei gusti personali non arreca gran danno al film. La cosa che avrei evitato al posto del regista è l’elemento umoristico che ha come soggetto il “montanaro” aggregato al gruppo: mi è parso l’unico elemento forzato, un po’ fuori posto.

  14. Marco ha detto:

    Grazie a tutti x le informazioni. Comunque se volessi vedere un minimo di film indispensabili per farmi un’idea maggiore dello stile di Miike mi consigliereste sicuramente il trittico “Audition”, “Visitor Q” e “Ichi The Killer” giusto?
    Ho visto “The Call” ma a parte alcune soluzioni registiche ed alcune scene un pò tese non mi è piaciuto.

  15. Alberto Cassani ha detto:

    Marco, se mi chiedi come approcciarti alla filmografia di Miike io ti direi di lascir perdere… Ma se proprio vuoi la tripletta che indichi è quella giusta. Poi ci si potrebbe aggiungere “Izo”, “Gozu” e “Three Extremes”, che ha il pregio di avere un episodio di Park Chan-wook e uno di Fruit Chan, che secondo me sono molto più bravi di lui.

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