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Amore che vieni amore che vai di Daniele Costantini

14 novembre 2008 Recensioni 0 Commenti
Amore che vieni amore che vai

Istituto Luce, 14 Novembre 2008- Forzato

Genova, 1963. Tre uomini – un contrabbandiere marsigliese, un giovanissimo pappone e un duro pastore sardo – preparano un colpo grosso che potrebbe cambiare la loro vita per sempre. La loro strada è attraversata da due donne: una timida prostituta e una giovane fiorentina…


Donatella Finocchiaro e Filippo Nigro in Amore che vieni amore che vaiPer la sua opera seconda, Daniele Costantini ricorda Fabrizio De André, scegliendo di trasporre Un destino ridicolo, il romanzo che il cantautore genovese (con Alessandro Gennari) pubblicò nel 1996. Il racconto trova una trasposizione abbastanza parziale sullo schermo (è stata eliminata la parte semi-autobiografica che riguardava un cantautore ed un suo fan), e la colonna sonora si limita all’uso della sola canzone del titolo, facendo intuire come il regista abbia preferito concentrarsi sulla resa dei luoghi e delle atmosfere piuttosto che sfruttare direttamente la musica e il nome di De André. Se da un lato questo gli fa onore, dall’altro va detto che l’atmosfera è forse l’unica cosa che funziona, in questo film.

Tosca d'Aquino in Amore che vieni amore che vaiNella prima parte di Amore che vieni amore che vai, la descrizione dei personaggi e le immagini di Genova hanno il sopravvento sulla storia, nel tentativo di ricreare il mondo e l’epoca delle prime canzoni di De André, come “Via del campo” e “La città vecchia”, anche con un certo affetto, ma purtroppo in modo un po’ tropo vago. Questo giustifica in parte un ritmo piuttosto lasco nel procedere degli eventi, che però potrebbe diventare noioso per i più, anche per la scarsa originalità della storia stessa. Nella seconda, la sceneggiatura si compatta intorno ai tre protagonisti, eliminando quasi del tutto alcuni personaggi secondari (la madre di Carlo, Luciana, in parte Veretta), e prende un tono che vorrebbe essere thriller ma manca della tensione necessaria. Senza contare poi che la storia stessa prende una svolta del tutto inverosimile e forzata verso un finale piuttosto assurdo.

Claudia Zanella in Amore che vieni amore che vaiSi rivede Fausto Paravidino qualche anno dopo Texas ma – ahimè – non è affatto un piacere: sopra le righe per quasi tutto il film, Paravidino infila una serie di smorfie che dovrebbero rendere simpatico il personaggio, ma che invece ne fanno una macchietta. Filippo Nigro si sforza evidentemente, ma il personaggio del sardo non gli va esattamente a pennello e soprattutto sbiadisce al confronto con un solido ed efficace Massimo Popolizio, il migliore del gruppo.
Filippo Nigro, Massimo Popolizio e Fausto Paravidino in Amore che vieni amore che vaiLe figure femminili di Amore che vieni amore che vai sono decisamente infelici già in sede di sceneggiatura, quindi Donatella Finocchiaro e tutte le altre interpreti possono fare ben poco per rendere interessanti i loro personaggi. Su tutto il film, in ogni caso, aleggia una certa aria di eccessiva teatralità, nella sua forma peggiore: tutti gli attori tendono infatti a strafare, recitando le battute nel modo più plateale che si possa immaginare, dando l’idea di aver avuto sul set una cattiva direzione.


La locandina di Amore che vieni amore che vaiTitolo: Amore che vieni amore che vai
Regia: Daniele Costantini
Sceneggiatura: Franco Ferrini, Antonio Leotti, Daniele Costantini
Fotografia: Alessio Gelsini Torresi
Interpreti: Fausto Paravidino, Filippo Nigro, Massimo Popolizio, Donatella Finocchiaro, Tosca d’Aquino, Claudia Zanella, Giorgia Ferrero, Davide Paganini, Agostina Belli
Nazionalità: Italia, 2008
Durata: 1h. 41′


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