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"Il discorso del Re" di Tom Hooper

1 febbraio 2011 Recensioni 18 Commenti
Il discorso del Re

Eagle Pictures, 28 Gennaio 2011 – Notevole

Tra gli anni Venti e Trenta Alberto, figlio minore di Re Giorgio V d’Inghilterra, è alle prese con gli obblighi che un simile titolo comporta. Impossibilitato dalla balbuzie di cui soffre a tenere discorsi in pubblico, si farà aiutare per adempiere al suo destino…


Helena Bonham Carter e Colin Firth in Il discorso del ReIl discorso del Re racconta in modo brillante e a tratti spiritoso il difficile percorso  che portò sul trono Giorgio VI, divenuto suo malgrado Re dopo l’abdicazione del fratello Edoardo VIII. Si tratta di uno spaccato di storia riletta dal punto di vista umano, andando al cuore dei fatti in maniera leggera ma non banale. Vengono narrati i tormenti di un futuro re, chiamato familiarmente “Bertie”, nel tentativo di risolvere il suo problema che gli impedisce di esprimersi in privato e in pubblico, ma soprattutto se ne ripercorre l’amicizia con il logopedista Lionel Logue, dai metodi singolari. Sono questi due personaggi ad animare la vicenda in modo altalenante ma mai formale o noioso, ben lontano dai freddi ambienti di corte che circondano la storia e che rispecchiano i caratteri di coloro che li abitano.

Geoffrey Rush in Il discorso del ReIl merito maggiore di Il discorso del Re consiste proprio nella scelta di questa chiave di lettura umana, che mette a nudo le debolezze di coloro che sono chiamati a regnare per nascita ma non sempre per vocazione, svelandone la riluttanza ad accettare ruoli imposti dal destino che sentono al di fuori delle proprie capacità, desideri e vocazioni. Seguendo questa lettura di fatti altrimenti freddamente storici, il film funziona grazie a una buona sceneggiatura e a dei bravi interpreti. I personaggi sono ben delineati, tanto che è sufficiente un loro ingresso o un loro gesto (o anche un gesto non compiuto) per tracciarne il carattere in maniera chiara, mentre l’essenza della loro natura è ben resa dagli attori in un’interpretazione totalizzante che restituisce anche la gestualità tipica di ciascun personaggio. Nulla è lasciato al caso, nemmeno la citazione di particolari come la firma di Edoardo VIII sul documento di abdicazione.

Colin Firth in Il discorso del ReGirato principalmente in interni, il film regala stralci di monumenti inglesi quali i palazzi reali e l’abbazia di Westminster, senza tralasciare filmati d’epoca. Tutto ciò specie nella seconda parte, dove la regia si fa più ricercata offrendo inquadrature studiate che impreziosiscono senza però sovraccaricare. Il film ha anche la capacità di accennare rapidamente a tematiche complesse, sollevando per esempio perplessità sui reali motivi dell’abdicazione di Edoardo VIII: solo per amore o anche per sottrarsi a doveri indesiderati, peraltro molto scottanti alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale? La battuta di Giorgio VI di fronte ai discorsi di Hitler è un brillante esempio di come con la vera ironia si possano dire delle verità: «Non so che cosa ha detto, ma lo dice benissimo» e in queste poche parole sta tutta la tragicità del carisma hitleriano. Oppure ancora, le dimissioni del Primo Ministro Baldwin riassumono l’errore di valutazione inizialmente commesso verso la Germania nazista e le sue vere intenzioni.

Le 12 nomination agli Oscar non sembrano nel complesso esagerate, per un film come Il discorso del Re. Solo per citarne un paio, quella come migliore attore per Colin Firth non ha bisogno di spiegazioni, mentre per quella alla fotografia può valere il finale del litigio tra Bertie e Logue, mentre il futuro Re se ne va letteralmente per la propria strada in un’atmosfera davvero d’altri tempi.


La locandina di il discorso del ReTitolo: Il discorso del Re (The King’s Speech)
Regia: Tom Hooper
Sceneggiatura: David Seidler
Fotografia: Danny Cohen
Interpreti: Colin Firth, Geoffrey Rush, Helena Bonham Carter, Derek Jacobi, Michael Gambon, Guy Pearce, Claire Bloom, Timothy Spall, Robert Portal, Richard Dixon, Paul Trussell, Adrian Scarborough, Andrew Havill, Charles Armstrong
Nazionalità: Regno Unito – Australia – USA, 2010
Durata: 1h. 58′


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Attualmente ci sono 18 commenti a questo articolo:

  1. pino ha detto:

    bella la forza di un sentimento (l’amicizia) che va oltre i ruoli e le etichette. Bellissima la scena della passeggiata nel parco immerso in una leggera foschia. Gran bel film

  2. Guido ha detto:

    Questo film è un vero e proprio gioiello!

  3. WarezSan ha detto:

    Si ok, ma la smettiamo nelle recensioni di descrivere i finali?

    Grazie.

  4. Alberto Cassani ha detto:

    Cioé, avevi il dubbio che Giorgio VI potesse non diventare Re d’Inghilterra?

  5. Tiziana Cappellini ha detto:

    No, mi sa che non dovevo anticipare che settant’anni fa è scoppia la Seconda Guerra Mondiale.

  6. Alberto Cassani ha detto:

    Saranno state le quattro Bière du Demon che si è bevuto prima di commentare…

  7. WarezSan ha detto:

    Ho fatto riferimento alla “descrizione” del finale e null’altro.

  8. Tiziana Cappellini ha detto:

    Ma non si tratta del finale del film, solamente del “finale del litigio” che è una sequenza e non quella conclusiva.

  9. WarezSan ha detto:

    Chiedo venia, sono un po’ scosso dopo aver visto il rifacimento de “il vizzietto”.

    Spero potrai capire, porto ancora i segni del trauma…

  10. WarezSan ha detto:

    Alberto, quasi dimenticavo.

    Scusa l’OT ma ho controllato ora la navigazione di Munitari dal BB9000 in modalita’ browser blackberry.

    Che dire… FANTASTICO!!!
    Molto molto MOLTO più godibile che non da firefox o explorer.
    Dieci e lode!!!

    P.s. Ora manca solo un po’ di gnocca bungabunga-style e un po’ di sano, grezzo sciovinismo.

  11. Tiziana Cappellini ha detto:

    Capisco, capisco…

  12. Alberto Cassani ha detto:

    Mauro, sapevo che ti sarebbe piaciuta la versione mobile di muntari. In realtà è stato enormemente più semplice prepararla che non la versione standard, ma mi piace molto anche quella. Intanto la gnocca arriverà presto, lo sciovinismo non credo.

  13. Riccardo ha detto:

    Lo vado a vedere questa sera perché:
    1: adoro questo tipo di film
    2: adoro Geoffrey Rush
    3: il trailer mi ha incuriosito.

  14. Checco ha detto:

    4. …e sti cazzi!

    scusate! è stato più forte di me…

  15. il nero ha detto:

    questo film è sopravvalutatissimo.
    per chi si intende di film davvero belli e ben fatti questo risulta la classica
    pellicola ‘piaciona’ liscia e piatta da vedersi dopo cena per addormentarsi sul divano,nient’altro.
    Notevole un bel corno, e tutti quei oscar sono sprecati.
    è semplicemente un film molto casto e mediocre,ne arte ne parte,
    evitabilissimo

  16. Tiziana Cappellini ha detto:

    Non è necessario che un film debba evitare di essere casto per essere bello.
    Che sia un film di valore nonostante questo è un dato di fatto a prescindere dagli Oscar, basta non essere prevenuti nei confronti del genere e coglierne gli aspetti appunto validi.

    Poi, per carità, è ovvio che questo come qualsiasi altro film del mondo può benissimo non piacere a qualcuno anche se è stato premiato e ha avuto consensi di pubblico, perché è legittimo che perfino un capolavoro possa non piacere a tutti.

    Il discorso del re non è un capolavoro assoluto, ma resta comunque un film notevole.

  17. il nero ha detto:

    Salo’ o le 120 giornate di sodoma è un film notevole,per dirne uno.
    In questo caso quali sarebbero gli aspetti validi?
    tanto da meritare cosi tante statuette?
    la storia?
    la fotografia?
    gli attori?
    non ho colto nessuno dei 3,anzi,tutto molto banale.
    A mio avviso ci sono film storico/narrativi bensì più meritevoli di nota.
    Non sono prevenuto,cara Tiziana,e non voglio fare quello controcorrente,
    sono solo pignolo su quello che il cinema vuole venderci oggi, e deluso dal fatto
    che la critica cada in questi standards pop.
    Poi,non voglio convincere nessuno.

  18. Tiziana Cappellini ha detto:

    Ho già spiegato tutto questo nella recensione, non mi ripeterò qui.

    Che il film possa non piacerti ci può anche stare, ma dire che l’interpretazione di Colin Firth è banale è negare l’evidenza.

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