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Soundtrack: "Annabelle" di Joseph Bishara

22 dicembre 2014 Soundtrack 0 Commenti
Annabelle

Roberto Pugliese, in collaborazione con Colonne Sonore* * * *

Personalità d’avanguardia, Joseph Bishara usa l’horror come laboratorio di innovazioni e sperimentazioni. La sua lezione è evidente: la paura in musica non si evoca per fragorosi e continui sussulti, ma con un sottile, divorante e sotterraneo lavoro di scavo e di assedio, nel quale trovano spazio le ombre più sfuggenti e gli echi più sinistri…


Joseph Bishara è decisamente una personalità d’avanguardia. La sua affezione per l’horror, di cui è alfiere musicale (L’evocazione, Dark Skies – Oscure presenze, 11-11-11, Insidious 1 e 2 mentre è in cantiere il terzo capitolo…), rappresenta per questa singolare figura di compositore-attore nient’altro che un proficuo laboratorio di innovazioni e sperimentazioni, quasi tutte rigorosamente orchestrali, in cui dare libero sfogo al proprio talento luciferino e agghiacciante. Le sue partiture ricordano da vicino le punte più estreme dell’avanguardia e della ricerca sonora pendereckiana e postpendereckiana, e sono rivolte non tanto o non solo alla pura e semplice ricerca dell’effetto terrificante quanto alla ricostruzione per via sonora di universi inquietanti, perturbanti e labirintici, mediante un’esplorazione instancabile e temeraria delle risorse timbriche di alcune sezioni strumentali (gli archi in primis), manipolate sino allo stremo da pratiche esecutive anticonvenzionali che, da Boulez a Xenakis, sono appannaggio di alcune delle punte compositive più avanzate del secondo 900.
Bishara appare ancora meno conciliante e molto meno “gradevole” dei suoi pur agguerriti colleghi di nazionalità spagnola (Baños, Velázquez, Vidal), che pure in materia non sono certo reticenti, perché in realtà egli non cerca – come questi – la pienezza di un sound orchestrale liberatorio o il virtuosismo fine a se stesso di singoli strumenti bensì si addentra nei territori più ardui e accidentati della scrittura orchestrale isolandone timbri e libere associazioni, così da ottenere come risultante un sound sospeso, indefinibile, spesso in bilico fra terrore primordiale e stupefazione infantile.
Va da sé che tutto questo è più facile da realizzarsi in produzioni indipendenti, marginali quanto libere, dove i compositori hanno in genere la possibilità di osare di più: e fa senza dubbio parte di queste l’horror di John R. Leonetti, che può considerarsi una sorta di spin-off di L’evocazione e che ruota intorno al tema canonico della “bambola maledetta”, tante volte rappresentato nel cinema di genere.

Sin da “Annabelle opening” Bishara declina le generalità dello score: un movimento indistinto, magmatico e informemente tremolante degli archi sul ponticello, estraneo a qualunque ancoraggio tonale, raggela subito l’atmosfera sino a un crescendo troncato bruscamente e all’inserimento di un carillon. Si tratta però anche di un gioco di contrasti: “Found at prayer” infatti è una pagina lirica struggente, per piano e archi stavolta carezzevoli e commossi, arricchiti dall’utilizzo etereo e distanziato dell’elettronica. Un conflitto espressivo che si protrarrà a lungo nella partitura, alternando oasi distese, oniriche a soprassalti di terrore puro e incursioni di malvagia quanto algida violenza: ulteriore esempio, le evoluzioni spiraliformi e viscide sempre degli archi in “Cult killings” e il mesto soliloquio di violini e viole in “Return home”.
Il principio di Bishara sembra essere dunque quello della doccia scozzese, il che spiega anche la brevità di molte tracce (i trenta secondi di “Doll disposal”, peraltro efficacissimi nel registro sovracuto e maligno) e l’apparente frammentazione del decorso musicale. Invano si cercherebbe, lungo lo score, l’emersione di un qualche “tema” o Leitmotiv: non fa parte del metodo di questo musicista, che piega piuttosto gli strumenti (“Broken needle”) a lamentose, strazianti melopee o in fraseggi smozzicati, balbettanti e rigorosamente atonali (“Doll is back”). Bishara segue passo passo l’alternanza di momenti statici, di tesissima attesa, a scoppi di terrore puro (“Black stroller”), ma a differenza di altri non abusa degli “stinger” e preferisce di gran lunga un clima di sospensione in apnea al facile effettismo fracassone. A tratti il suono sembra provenire da profondità insondabili (“Disciples of the ram”), altrove il canto dei violini divisi sostenuto dal respiro dei synth (“They summon”) si raggruma in flautandi misteriosi, mentre la distorsione del suono – attraverso un effetto di scordatura, come in “The devil preys” – torna a ricordare alcune delle conquiste timbriche più spericolate della scuola polacca (Penderecki e Lutoslawski). L’uniformità stilistica, poi, non diviene mai monotonia perché la tavolozza delle soluzioni adottate da Bishara muta continuamente, pur all’interno di una specie di francescana coerenza tecnica, in modo da raggiungere l’obiettivo di una inesausta apprensione psicologica. La manipolazione del suono tocca alcuni vertici sconvolgenti in “Devil ram” o “What do you want from me”, in cui la massa degli archi si dilata dal registro grave al sovracuto in un brulichio di glissandi e tremolii che evoca l’invasione di sciami di orribili insetti, mentre il pedale di mi dei violini su cui si addensa minaccioso il lavorìo dell’orchestra in “Her soul” sottolinea ulteriormente, ove ce ne fosse bisogno, la precisione ingegneristica della scrittura del musicista. Come voci disperate e torturate, i violini stridono in “The fallen” per poi raccogliersi nella severa meditazione di “Evil is constant” e vibrare brevemente a denti stretti in “Annabelle closing”, dove lasciano poi nuovamente spazio a uno stentato, solitario e inquietantissimo carillon.
Ulteriori, malate esalazioni provengono da “Annabelle soaring” mentre l’adagio per pianoforte e archi di “The new changes” si protende malinconico, e con un fraseggio straordinariamente calibrato, alla ricerca di una parentesi di umanità; è questa anche la cifra del conclusivo “New beginnings”, dove gli archi e in particolare i violini, sin qui forzati a lacerazioni e strappi di ogni natura, si muovono lungo una delle pochissime linee melodiche della partitura, consegnando un congedo pacificato nell’accordo di si bemolle minore.

La lezione di Bishara appare dunque evidente: la paura in musica non si evoca per fragorosi e continui sussulti, ma con un sottile, divorante e sotterraneo lavoro di scavo e di assedio, nel quale trovano spazio le ombre più sfuggenti e gli echi più sinistri.


La copertina del CD di AnnabelleTitolo: Annabelle (Id.)

Compositore: Joseph Bishara

Etichetta: WaterTower Music, 2014

Numero dei brani: 26

Durata: 51′ 10”


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