"Chiamata senza risposta" di Eric Valette

Warner, 6 Giugno 2008 – Evitabile
Alcune persone iniziano a ricevere degli strani messaggi sulla segreteria dei loro cellulari. Messaggi provenienti da loro stessi, dai se stessi del futuro. Messaggi che annunciano con precisione data e ora della loro morte. E anche i dettagli del modo in cui moriranno…
La bulimia hollywoodiana che conduce ad assimilare qualunque buon prodotto elaborato al di fuori degli States, a rielaborarlo, e a riproporlo rivisto e corretto secondo i canoni del mainstream yankee non ha escluso nemmeno The Call, horror giapponese del 2003 girato dalla sapiente mano di Takashi Miike. Operazione minata alla base da due pregiudiziali di un certo spessore. La prima, quella potenzialmente meno decisiva, è che l’originale si colloca appena al di sopra dell’anonimato del filone, lanciato dal connazionale Ringu, aiutato dalla sapiente mano di un ottimo regista, ma che cade nel “già visto” creato dalla riproposizione degli stessi topoi della paura ormai battuti in lungo e in largo da una certa cinematografia orientale. La seconda, di ordine strutturale, è la sostanziale incapacità dell’industria statunitense di cogliere la profondità verso la quale si spinge una tipologia di film che mescola sapientemente la tradizione trascendentale e spiritica dell’estremo oriente con la società globalizzata, assumendo i simboli della modernità a veicolo di mitologie e sensazioni ancestrali.
Nasce così Chiamata senza risposta, diretto dall’esordiente Eric Valette, che annovera nel cast Shannyn Sossamon, che si divide ormai da tempo tra commedia ed orrore, ed Edward Burns, e che tenta di rendere appetibile ad un pubblico occidentale una pellicola che non aveva bisogno di per sé di trasposizioni.
Il film smarrisce quella solida ambiguità che era il vero punto di forza del film di Miike, che procedeva con tempi lenti e soppesati, in un crescendo latente di tensione e di mistero. La riscrittura del plot rimastica gli snodi narrativi, rendendo la storia estremamente esplicita, assolutamente priva di quella fascinazione di cui l’originale era ammantato.
Tutto diventa spiegato e rispiegato, tutti i passaggi logici sono perfettamente delineati, ogni particolare ha il suo punto di appiglio tangibile e rassicurante. Si prova goffamente a sostituire i riferimenti spiritistici orientali con un attacco arruffone alla religione cristiana, si rimescola il finale rendendolo non ambiguo come nell’originale ma semplicemente confuso, al confine dell’incomprensibilità. Le uniche paure che vengono generate sullo schermo sono così quelle meccaniche di un brutto volto dietro l’angolo, o dello spuntare fuori di qualcosa all’improvviso dopo secondi di interminabile stasi.
Un compitino appena discreto, del quale si sarebbe sinceramente fatto a meno in cambio di una nuova distribuzione in sala del film di Miike.
Titolo: Chiamata senza risposta (One Missed Call)
Regia: Eric Valette
Sceneggiatura: Andrew Klavan
Fotografia: Glen MacPherson
Interpreti: Shannyn Sossamon, Edward Burns, Ana Claudia Talancón, Ray Wise, Azura Skye, Johnny Lewis, Jason Beghe, Margaret Cho, Meagan Good, Rhoda Griffis, Dawn Dininger, Ariel Winter, Sarah Jean Kubik, Raegan Lamb, Karen Beyer
Nazionalità: Giappone – USA – Germania, 2008
Durata: 1h. 27′
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