"Clockers" di Spike Lee

Uip, 1996 – Torbido
Ronald, detto Strike, è uno dei tanti ragazzi che popolano il ghetto nero di Brooklyn, vivacchiando tra spaccio e sogni di libertà. Per l’omicidio del gestore di un fast food viene arrestato suo fratello Victor, onesto lavoratore e padre di famiglia, ma la polizia non crede alla versione ufficiale e decide di indagare…
“Clockers” è il termine slang con cui si indicano gli spacciatori di crack, prevalentemente di colore, ed è anche il titolo del romanzo di Richard Price da cui è tratta quest’opera di Spike Lee. Il film segna poi l’incontro tra i due grandi cantori della New York da strada: l’afroamericano Spike Lee e l’italoamericano Martin Scorsese. La sceneggiatura di Clockers fu infatti inizialmente sviluppata da Scorsese, e solo successivamente rivisitata da Lee, che accettò di dirigere l’adattamento del romanzo alla sola condizione di poter raccontare la storia a modo suo. Il regista afroamericano sfrutta infatti il pretesto poliziesco per tuffarsi nel ghetto di Brooklyn e narrare le dinamiche dei ragazzi che ci vivono, tra spaccio di droga, violenza e musica “gangsta rap”. A differenza del romanzo il protagonista del film è il giovane Strike, clocker di crack che beve latte al cacao e colleziona trenini elettrici. Il ghetto per lui è una condizione sociale e mentale che lo sta divorando dall’interno, è l’ulcera che gli fa continuamente sputare sangue, è la gabbia ostile e spietata che lo protegge, ma dalla quale non riesce a uscire.
Lee scrive la sua definitiva pagina di denuncia verso il mondo di strada, evidenziando i contrasti e le contraddizioni tra l’etica e l’azione di questi ragazzi, tra la protezione e l’omertà, tra i sogni e l’amara realtà. Il viaggio nel ghetto è ritratto da una fotografia sgranata caratterizzata da tinte acide, in cui il realismo, spesso cinico e spietato, domina su una trama in bilico tra il documentario e il poliziesco. Gli unici punti fermi all’interno di questa giungla sono Strike e il poliziotto Rocco Klein (Harvey Keitel), mentre il resto del mosaico è composto da tasselli spesso sovrapponibili, disposti caoticamente, e probabilmente senza speranza. Se la prima parte rappresenta una caleidoscopica introduzione alla realtà del ghetto, è nella seconda che emerge la volontà di denuncia, quando il pugno moraleggiante di Spike Lee colpisce prepotentemente lo spettatore.
La New York di Spike Lee è torbida e allucinata, diversa dal resto della città, è una prigione pubblica in cui l’omicidio diviene routine, la gente si chiama “fratello” ma nessuno sa mai nulla, e la morte di un ragazzo è solo «un’altra macchia sul marciapiede». Il quartiere di Brooklyn è però il vero protagonista e microcosmo dell’azione, dove tutte le manifestazioni di violenza (verbale, fisica e morale) padroneggiano: è il teatro dello spaccio, in cui vengono reclutati giovani ragazzi per essere istruiti e accolti sotto l’ala protettiva degli adulti. Uscire dai binari del ghetto è difficile, ma è l’unica alternativa per prendere il treno della vita vera, impedendo che esso giri per sempre in tondo, come in un modellino.
Titolo: Clockers (Id.)
Regia: Spike Lee
Sceneggiatura: Richard Price, Spike Lee
Fotografia: Malik Hassan Sayeed
Interpreti: Mekhi Phifer, Harvey Keitel, John Turturro, Delroy Lindo, Isaiah Washington, Keith David, Peewee Love, Regina Taylor, Thomas Jefferson Byrd, Sticky Fingaz, Fredro Starr, Elvis Nolasco, Lawrence B. Adisa, Hassan Johnson, Frances Foster, Michael Imperioli
Nazionalità: USA, 1995
Durata: 2. 08′
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