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"Cosavogliodipiù" di Silvio Soldini

27 aprile 2010 Recensioni 2 Commenti
Emanuele Rauco, 26 Aprile 2010: Appariscente
Warner, 30 Aprile 2010

Anna è un’impiegata modello, sposata con un marito altrettanto ottimo come Alessio, ma evidentemente qualcosa non la rende felice se ai primi contatti con Domenico si lascia trascinare dalla passione. Difficile, anche perché lo stesso Domenico è sposato con figli…


Che ci fosse una crisi economica e lavorativa in atto, Silvio Soldini lo sapeva fin dal 2007, quando al Festival di Roma presentò Giorni e nuvole, in cui Antonio Albanese e Margherita Buy affrontavano la perdita del lavoro di uno dei due. Col suo nuovo film il regista milanese prosegue più o meno su quel tono e tema, ma praticandone una sorta di estensione sentimentale e passionale, ma il film gli riesce un po’ meno bene del precedente.

Commedia, dramma sociale, mélo si mescolano nella sceneggiatura di Soldini, Doriana Leondeff, e Angelo Carbone che vuole raccontare i tempi difficili e bui attraverso le scelte difficili da fare in nome della passione. Un punto di vista interessante da cui partire, quello di raccontare lo sfondo della storia, la tela su cui si agita una storia di tradimento passionale eppur comune: il Nord, le sottili ed evanescenti differenze linguistiche e territoriali appianate dalla povertà strisciante e incombente dei nostri giorni, dai soldi che invadono ogni discorso («Sempre di quello si finisce a parlare», dice Domenico ad Anna). Il problema è che a questa storia e a questa narrazione manca un’urgenza, la forza di superare davvero il luogo comune (impiegata settentrionale contro cameriere meridionale) per aprirsi davvero alla realtà e alla vita, come ha fatto Catherine Corsini ne L’amante inglese.

Soldini è tanto bravo a narrare quanto a girare, usa le informazioni con parsimonia, non ha paura di ellissi, cambi di punto di vista e sospensioni, e usa la macchina a mano, i dettagli, i bruschi stacchi di certo cinema europeo con una consapevolezza e un talento non comune in Italia. Peccato che lo stile non sempre sappia adeguarsi all’essenza del film, come accade nelle inquadrature in cui Anna guarda dalla finestra, e resti un bello sfoggio, poco calibrato. Che tiene curiosamente sottotono un ottimo cast in cui però, tranne la versatilità e la luce di Alba Rohrwacher, pare ci si trattenga un po’ troppo – specie Pierfrancesco Favino (che confonde i dialetti), per non scavalcare l’ormai consacrato talento di Soldini. Il quale, però, rischia di mangiarsi il cuore del film.


Titolo: Cosavogliodipiù
Regia: Silvio Soldini
Sceneggiatura: Doriana Leondeff, Angelo Carbone, Silvio Soldini
Fotografia: Ramiro Civita
Interpreti: Alba Rohrwacher, Pierfrancesco Favino, Giuseppe Battiston, Teresa Saponangelo, Monica Nappo, Tatiana Lepore, Sergio Solli, Gisella Burinato, Gigio Alberti, Fabio Troiano, Francesca Capelli, Danilo Finoli, Ninni Bruschetta
Nazionalità: Italia, 2010
Durata: 2h. 01′


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Attualmente ci sono 2 commenti a questo articolo:

  1. titti ballandi ha detto:

    Mah… io ho visto il film in modo diverso. Non credo che il problema di Soldini sia stato quello di superare il luogo comune. Tutt’altro. Con questo film ha voluto tonfarci dentro in pieno. L’ho letto proprio come una rappresentaziobne della banalità quotidiana che caratterizza oggi la gente comune, la piccola borghesia impoverita, se vogliamo chiamarla così. Una banalità deprivata del benessere, della fantasia, dell’anticonformismo, di ogni originalità di pensiero. In questo contesto iperrealista (accentuato dai mezzi tecnico-espressivi scelti ad hoc, con grande abilità ) anche l’amour fou che prende i due protagonisti risulta banalizzato, triste, impossibilitato a – ma anche incapace di – ritagliarsi una dimensione ribelle o minimamente alternativa, e si risolve nella perenne lagna di tutte le storie di tradimenti coniugali, corredate di sotterfugi squallidi quanto la vita di coppia da cui si vorrebbe evadere. Persino l’attrazione fisica non riesce a concretizzarsi in rapporti sessuali ricchi, inventivi, ma si consuma nei tempi brevi dettati dalla vita reale, certo, ma anche con una gestualità elementare, primaria , che lascia intravvedere un contesto di scarsa immaginazione. Insomma tutto è banale nei personaggi, dai discorsi a tavola, alle lamentele sentimentali (soprattutto femminili, perchè gli uomini, più grossolani, sentono meno le contraddizioni) , alle decisioni prese e revocate, all’assoluta chiusura nei confronti della realtà sociale (tanto che persino gli sfondi ambientali sono spesso nascosti, cancellati) ,e sino al finale che non chiude, ma rappresenta solo uno dei tanti soprassalti ribellistici della protagonista, che facilmente immaginiamo inconcludente come quelli precedenti.
    Insomma, la protagonista è un’odierna Bovary di periferia, la passione non ha dimensioni forti, perchè l’obiettivo è puntato sulla banalità, non più del male o del bene, ma del reale tutto. O sbaglio completamente? Rispondetemi. Titti

  2. sofia ha detto:

    povertà di tutto,dal linguaggio alle emozioni che avrebbe dovuto suscitare (vedi Giorni e nuvole) al finale scontato perchè i due sono incapaci di dare un taglio netto alla loro situazione iniziale.Ma quale passione!!!!!!!

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