"Un piccione seduto su un ramo riflette sull'esistenza" di Roy Andersson
Lucky Red, 19 Febbraio 2015 – Spiazzante
Tre incontri con la morte sullo sfondo d’una Svezia incolore e surreale, un viaggio nel mondo dell’assurdo al seguito di due venditori porta a porta specializzati nel mondo di divertimento che tra osterie, battaglioni e Re in disgrazia vendono maschere, sacchetti-risata e canini da vampiro…
Roy Andersson sbarca al Lido con una pellicola destinata a far parlare di sé a lungo. Dopo il successo della critica per Canzoni del Secondo Piano che nel 2000 gli valse il Gran Premio della Giuria a Cannes e il successivo You, the Living, Un piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza completa l’ultimo tassello della “Trilogia sull’essere un essere umano” e porta a Venezia71 un’opera surreale e visionaria, costruita su una trama evanescente.
Sedersi davanti al Piccione di Anderson è un po’ come entrare in una galleria d’arte fatta di dipinti semoventi. L’intera pellicola è girata con una macchina da presa che rimane fissa in campo totale, senza avvicinarsi mai ai personaggi, che rimangono sempre a qualche metro di distanza dall’obiettivo e che per un gioco di colori assumono tinte grigio-verdi che si confondono alle tonalità neutre della scenografia fino quasi a diventarne parte. L’effetto è quello di trovarsi di fronte non a un film ma a una serie di dipinti dalle tonalità incolori. Una collezione di nature morte in cui i personaggi s’esibiscono in battute che ricordano i Monty Python (nei richiami alle atrocità del colonialismo britannico che diventa uno spettacolo), Raymond Queneau de I Fiori Blu (l’intermezzo di realtà storiche parallele, quando il Re di Svezia si fa un’acqua frizzante al bar) e Samuel Beckett (quando l’idea stessa di tempo viene messa a nudo e trattata come uno scherzo).
Ma l’assurdo che fa da sfondo all’opera di Andersson non è mai cacofonico. È un surrealismo minimalista, in cui i personaggi si muovono e dicono poco, spesso ripetendo le stesse battute in contesti diversi, sostenuti da una musica da camera che trasforma il tutto in una pièce da teatro dell’assurdo. E proprio grazie a questa scelta Andersson riesce a regalare al suo lavoro un’originalità e una poesia particolari. Perché al contrario di altre pellicole che hanno pescato dal surrealismo per trattarlo come una fornace di colpi di scena ed esplosioni pirotecniche, Andersson porta in scena l’assurdo di Göteborg con una delicatezza che ne fa un dramma molto più intimo e personale.
Il risultato è un caos che non sempre è facile da apprezzare e che in alcuni passi corre il rischio di sembrare un meccanismo esasperante, ma che anche per questo riesce a ritrarre la vita come una galleria d’immagini slegate tra loro, dove incubi e sogni si accavallano lentamente gli uni agli altri.
Un piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza è una scommessa cinematografica complessa, che Andersson vince trattando l’assurdo non come una fonte d’invenzioni fini a se stesse, ma come una condizione umana, onirica e spiazzante.
Titolo: Un piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza (En duva satt på en gren och funderade på tillvaron)
Regia: Roy Andersson
Sceneggiatura: Roy Andersson
Fotografia: Istvan Borbas, Gergely Palos
Interpreti: Holger Andersson, Nils Westblom, Charlotta Larsson, Viktor Gyllenberg, Lotti Törnros, Jonas Gerholm, Ola Stensson, Oscar Salomonsson, Roger Olsen Likvern
Nazionalità: Svezia, 2014
Durata: 1h. 41′
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