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Il messaggero di Peter Cornwell

19 agosto 2009 Recensioni 3 Commenti

KeyFilms, 21 Agosto 2009 – Usuale

Una famiglia si trasferisce per motivi di salute del figlio, in una casa vecchia e inquietante, la quale si trasforma in un covo di fantasmi e presenze che rievocano il suo oscuro passato, che ora torna a tormentare i nuovi abitanti…


Virginia Madsen e Kyle Gallner in Il messaggeroNell’estate cinematograficamente più squallida, povera e anacronistica degli ultimi anni, in cui la carenza di uscite e di schermi ha riportato l’Italia ai tempi lontani in cui le città cominciavano a svuotarsi a metà luglio e restavano così fino ai primi di settembre, al nostrano cinefilo estivo è mancata perfino la consueta pletora di horrorini usa e getta, industriali e già pronti per un passaggio televisivo. A fine agosto, a ridosso della nuova stagione, ecco licenziato da Lucky Red Il messaggero, uno dei più recenti prodotti del filone ghost-movie, un horror con lo sguardo a oriente diretto da Peter Cornwell e ispirato a una “storia vera”.

Elias Koteas, Amanda Crew e Kyle Gallner in Il messaggeroStoria di fantasmi, di famiglie malate in cerca di un cura (da una malattia o dall’alcoolismo) e di religioni rinnegate che tornano a farsi vive mescolati con piglio curiosamente melodrammatico dalla sceneggiatura di Adam Simon e Tim Metcalfe cercando di recuperare il vero spirito dei film di fantasmi nipponici. In questo senso, il risultato è abbastanza riuscito, nel gioco tra famiglie parallele, i cui figli e sbagli più o meno palesi e raccapriccianti segnano per sempre i destini, con il solito uso di spazi e antri lugubri che però funziona e con i vari semplicismi che riescono a non diventare ridicoli cliché.

Una scena in Il messaggeroCornwell, all’esordio nel lungometraggio, ha ritmo e polso, sa superare i limiti di una sceneggiatura e dei suoi personaggi e riesce a trovare anche qualche interessante idea visiva (come l’apparizione tramite l’elettricità) e, dovendo fare i conti con una banalità piuttosto evidente, prova a limitare i danni con il professionismo dei suoi collaboratori. Gli attori non sono particolarmente in forma o in gamba, e l’unico a farsi notare è il “sacerdote” Elias Koteas, ma si sa che le interpretazioni, in horror “industriali” come Il messaggero, non contano molto, a parte il fornire carne da macello al mostro di turno. In un’estate poi in cui sono scarseggiati perfino i brividi, un po’ di sangue, violenza e scorrettezza in più avrebbero di sicuro giovato.


La locandina di Il messaggeroTitolo: Il messaggero (The Haunting in Connecticut)
Regia: Peter Cornwell
Sceneggiatura: Adam Simon, Tim Metcalfe
Fotografia: Adam Swica
Interpreti: Virginia Madsen, Kyle Gallner, Elias Koteas, Amanda Crew, Martin Donovan, Sophi Knight, Ty Wood, Erik J. Berg, John Bluethner, D.W. Brown, John B. Lowe, Adriana O’Neil, Will Woytowich, James Durham, Darren Ross, Sarah Constible
Nazionalità: USA, 2009
Durata: 1h. 32′


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Attualmente ci sono 3 commenti a questo articolo:

  1. Marco ha detto:

    Solito horror-movie che si rifà alle ambientazioni e alla storia che da Amityville Horror in poi hanno preso parte nella cinematogtrafia horror.
    Apprezzabile l’interpretazione della Madsen e del protagonista.
    Valido finale con un buon montaggio della scena dell’incendio e della scoperta dei cadaveri nella casa incastrati dentro le pareti.
    Trucchi standard.
    Soliti clichè del genere che per un appassionato di questo filone sono più che mai scontati.
    La tensione è assente (a parte il solito sobbalzo del suono) ma una nota positiva è che non annoia mai, infatti la regia è pulita e lineare.
    Interessante il fatto che si paragona il male che sta uccidendo il protagonista (il cancro) a quello che sta realmente succedendo nella casa e quello che è successo tanti anni prima, inoltre è interessante la storia che sta dietro alle apparizioni degli spettri.
    Rimandi a Shining, Poltergeist, Amityville Horror e The Skeleton Key.

  2. Marco ha detto:

    Rivisto e ricondivido il mio precedente commento con l’aggiunta che avrei preferito una fotografia meno satura e “televisiva”.

  3. Alberto Cassani ha detto:

    Io l’ho visto per la prima volta il mese scorso, ma non sono riuscito ad arrivare alla fine, da tanto è noioso.

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