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"Io e te" di Bernardo Bertolucci

24 ottobre 2012 Recensioni 2 Commenti
Federica Belletti, 18 Ottobre 2012: Tiepido
Medusa, 25 Ottobre 2012

Lorenzo, ragazzo tormentato e introverso, si nasconde per sette giorni in cantina, fingendo di essere in vacanza. Mentre si gode l’isolamento, però, la sorellastra Olivia – a lui quasi sconosciuta – irrompe rovinando i piani della sua fuga dalla realtà…


Io e Te ma anche “Te ed Io”. Qui come in Ultimo Tango a Parigi – nelle vesti di testo anziché quadri di Francis Bacon – due solitudini lontane, sconosciute, si toccano, si sovrappongono, si intrecciano. Si conoscono. Io, Lorenzo. Te, Olivia. L’ultimo film di Bertolucci è inaugurato dall’efficace semplicità di un’animazione che produce senso, cui segue immediatamente la presentazione del primo protagonista, interpretato dal quattordicenne Jacopo Olmo Antinori. «Normale vuol dire normale, cioè niente» afferma il ragazzo, che per un’intera settimana chiude fuori dalla porta tutto e tutti per vivere in solitudine il passaggio dall’infanzia all’adolescenza.

L’apparente claustrofobia di una cantina si trasforma per Lorenzo in una forma di claustrofilia, amore per il chiuso. E’ un tema caro a Bertolucci, che lavora in molti dei suoi film – ultimo The Dreamers – sull’opposizione fra il dentro e il fuori, il chiuso e l’aperto, la strada e la casa. Il rifugio di Lorenzo, diventa anche quello della sorellastra Olivia (interpretata da Tea Falco) una ragazza ribelle, problematica e fragile. Fra i litigi e le discussioni violente di una convivenza forzata, i due protagonisti capiscono di aver bisogno l’uno dell’altra. La scoperta dell’affettività si lega ancora una volta alla presenza di uno spazio chiuso, ma, in questo caso, non recluso dal mondo. Perché il mondo entra da una piccola soglia fra tante, una finestrella che filtra luce, suoni, insidie. La cantina rimane comunque un mondo a sé, privato, intimo, e prediletto. Esiste una forza centripeta nei personaggi e nella costruzione delle inquadrature che li spinge a restare dentro, perché il fuori porta scompiglio, rottura, separazione: Lorenzo se ne rende conto, Olivia un po’ meno. Le tante cornici disseminate lungo il perimetro del locale sembrano voler confermare questa scelta (si parla infatti – in termini di teoria estetica del cinema – di immagine-cornice, cioè di un cinema che essendo rappresentazione e artificio, cattura lo sguardo dello spettatore in senso centripeto, senza rimandare al fuori, al reale).

Torna anche il gusto per l’ambiguità della storia e del modo in cui la stessa prende forma: una tenda sotto cui avvolgersi, un vetro smerigliato dal quale origliare, specchi sporchi. E ancora, l’insistenza di certi movimenti di macchina tanto cari al regista, come i continui carrelli o l’uso del dolly. Insomma c’è molto del repertorio di Bertolucci, ma rispetto all’ultimo sogno nel quale ha intrappolato anche noi – la casa dei Dreamers in via Jules Verne – in questa pellicola manca quella scintilla, intuizione, passione che renda unici e indimenticabili i protagonisti. C’è solo un momento in cui i personaggi entrano in sintonia – fra di loro, e con chi li guarda – quello sulle note di David Bowie che intona in italiano “Space Oddity”. Per questo, benché il finale sia – in puro stile Bertolucci – sospeso e non moralistico, il film non rimane incollato al ricordo e all’emozione dello spettatore.


Titolo: Io e te
Regia: Bernardo Bertolucci
Sceneggiatura: Niccolò Ammaniti, Umberto Contarello, Francesca Marciano, Bernardo Bertolucci
Fotografia: Fabio Cianchetti
Interpreti: Jacopo Olmo Antinori, Tea Falco, Sonia Bergamasco, Veronica Lazar, Tommaso Ragno, Pippo Delbono

Nazionalità: Italia, 2012
Durata: 1h. 37′


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Attualmente ci sono 2 commenti a questo articolo:

  1. Sandrin ha detto:

    “Nelle vesti di testo anziché quadri di Francis Bacon”. Ovvero?

  2. Anonimo ha detto:

    Ciao Sandrin.

    In Ultimo Tango prima che il film inizi ci sono due quadri di Francis Bacon, uno riconducibile ad un corpo maschile, l’altro ad un corpo femminile. Compaiono, prima uno, poi l’altro e alla fine una volta che sono vicini, occupano tutto lo schermo. Qual’è il senso di quelle immagini? Perchè il regista apre una storia in questo modo? Quelle due figure deformate sono in quel caso riconducibili ai due protagonisti del film, due sconosciuti, che si avvicinano e si amano, due solitudini che si conoscono e vivono un pezzo delle loro vite all’interno di un appartamento, all’interno del quale deformano la loro identità: anzi si amano tanto più, quanto meno sanno l’uno dell’altra. La loro storia è in questo senso sovrapponibile all’ “avicinamento” delle due immagini sullo schermo in apertura.

    Mi è sembrato di ritrovare questa coerenza fra Apertura del film e protagonisti anche in “Io e Te”. Qui sono la parola “io” e la parola “te” (testo, non immagini) che si avvicinano e si sovrappongono, rimandando all’avvicinamento e alla conoscenza dei due protagonisti del film, di fatto un ragazzo e una ragazza che sono anche loro due “solitudini”.

    So che è un approccio molto analitico, ma di fatto, ogni elemento di un film ha un senso ( o dovrebbe averlo), e i titoli di testa hanno un’importanza imprescindibile per me ( penso si capisca dai miei lavori!) perchè ci traghettano all’interno di un mondo per conoscerlo meglio, esserne parte per quel po’ di ore… e ci sono modi e modi per farlo. =)

    Spero di essere stata chiara! Ti metto il link dell’inizio di Ultimo Tango a Parigi:

    http://it.bing.com/videos/search?q=ultimo+tango+a+parigi+titoli+&view=detail&mid=237627A10C0C4C56F445237627A10C0C4C56F445&first=0

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