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L'industriale di Giuliano Montaldo

13 gennaio 2012 Recensioni 0 Commenti
L'industriale

01 Distribution, 13 gennaio 2012 – Rigoroso

Nicola, quarantenne industriale torinese, deve gestire una complessa joint venture internazionale che può salvare la sua ditta dalla crisi, ma per orgoglio rifiuta anche gli aiuti delle persone a lui più vicine. Per salvare l’azienda inizia a mettere in gioco tutto, compreso il rapporto con la moglie…


Pierfrancesco Favino e Carolina Crescentini in L'industrialeSecondo un’antica leggenda africana, il leone più anziano è quello che meglio sa ruggire, ferire e uccidere e, in barba agli anni che passano, dimostra una forza e un vigore invidiabili, tanto da mettere paura ai giovani del branco. Giuliano Montaldo, classe 1930, è la traslitterazione antropomorfica di questa leggenda e di diritto può essere fregiato del titolo di “re leone” del cinema italiano, ancora in grado di graffiare, stordire e ruggire come pochi altri nel panorama odierno. Se con la sua penultima fatica, I demoni di San Pietroburgo, aveva dimostrato di essere in grado di sviscerare in immagini i complicati e plumbei interrogativi del genio dostoevskijano con un’eleganza e un rigore sempre più assente nel cinema italiano, è con questo L’industriale, presentato fuori concorso al Festival del Film di Roma, che compie un’operazione quasi impossibile, fondendo tradizione cinematografica classica, dramma psicologico e spaccato sociale.

Carolina Crescentini in L'industrialeLa macchina da presa segue con ferreo rigore la discesa negli inferi del caos mentale e della paura di un protagonista che si trova di fronte a un doppio dramma: non è soltanto la sicurezza del lavoro, per sé e per i suoi dipendenti, la spada di Damocle che pende minacciosa sul suo capo, ma anche il rapporto con gli affetti e con sua moglie. Montaldo vuole raccontare allo spettatore odierno una doppia crisi, quella socioeconomica e quella privata, dei sentimenti, utilizzando uno stile classico nella messa in scena, che sembra volgere il proprio sguardo verso i colleghi di un tempo come Visconti e Antonioni. Il rapporto tra Nicola e Laura sembra la versione attuale di quello tra Monica Vitti e Francesco Rabal ne L’Eclissi, con i loro silenzi e le continue incomprensioni velate di insofferenza, mentre la decadenza psicologica del protagonista non è tanto dissimile da quella della famiglia Von Essenbeck de La caduta degli Dei, dove la Storia svolge un ruolo fondamentale e non solo un semplice sfondo. Lì i protagonisti si autodistruggono nel contesto che li circonda, qui, invece il protagonista perde il contatto con la realtà proprio perché questa lo divora senza sconti e senza respiro. La crisi economica e la sua influenza sul sociale possono divenire materia ingombrante e difficile da trattare, anche perché il rischio della facile morale e dello spaccato è sempre dietro l’angolo, pronto a divenire scudo di critiche e a rendere la pellicola inattaccabile ma vuota. Montaldo lo sa bene e svia tutte le trappole che la tematica può generare creando un perfetto equilibrio tra la parte sociale e quella privata, dipendenti e necessarie l’una a l’altra, e facendo si che, quindi, il quadro non soffochi la cornice.

Carolina Crescentini e Pierfrancesco Favino in una scena di L'industrialeL’industriale è un’opera non soltanto sulla crisi ma sull’incomunicabilità e la paura che essa genera negli esseri umani, resi quasi incapaci di affrontare il cambiamento nella società e nell’intimità. Al pari di una matrioska che genera continuamente e ripetutamente dei cloni miniaturizzati, così il film procede generando continue fratture e distorsioni nella vita dei due protagonisti, una coppia che non riesce ad avere più nemmeno un contatto fisico e che il regista osserva con occhio quasi chirurgico nella sempre più delineata decadenza, non degli affetti ma della stima e della fiducia. Un’operazione tanto complessa deve avvalersi di una scrittura che sorregga al meglio tutto l’impianto e la penna del regista assieme a quella di Andrea Purgatori riesce nell’impresa: tutto è minuziosamente specifico ma allo stesso tempo scarno ed essenziale in un susseguirsi di scene che regalano alla pellicola un andamento classico. I protagonisti vivono un dramma di cui se ne conosce l’esito ma in un crescendo di tensione quasi insostenibile, stemperato solo a volte da brevi parentesi naïf (la videoconferenza con i finti giapponesi).

Pierfrancesco Favino e Carolina Crescentini in L'industrialeFotografato in maniera strepitosa (una sorta di bianco e nero che cede pochissime volte qualche sprazzo al colore) il film ha come terzo protagonista la città di Torino, una sorta di prigione senza vie di uscita dove Nicola tenta di perdersi per dimenticare il dolore e la paura ma che sempre lo riconduce sui suoi passi divenendo a volte persino anonima e frustante. Accorato e fondamentale risulta infine il ruolo svolto dagli attori. Se Pierfrancesco Favino riesce a calarsi con straordinaria credibilità nei silenzi e negli sguardi di uomo al bivio della propria esistenza, privandolo di quelli che sono i tic della recitazione e della caratterizzazione odierna, è Carolina Crescentini che dimostra una maturità artistica assolutamente straordinaria. L’attrice romana non recita, ma vive un ruolo scomodo e complesso al punto che molte scene risultano quasi insostenibili per la fortissima carica intima e privata che riesce a emanare. E questo senza dubbio non è poco.


La locandina di L'industrialeTitolo: L’industriale
Regia: Giuliano Montaldo
Sceneggiatura: Giuliano Montaldo, Andrea Purgatori
Fotografia: Arnaldo Catinari
Interpreti: Pierfrancesco Favino, Carolina Crescentini, Eduard Gabia, Francesco Scianna, Elena Di Cioccio, Elisabetta Piccolomini, Andrea Tidona, Mauro Pirovano, Gianni Bisacca, Roberto Alpi
Nazionalità: Italia, 2011
Durata: 1h. 34′


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