"Maps to the Stars" di David Cronenberg
Adler Entertainment, 21 Maggio 2014 – Perverso
Una ragazza torna in California dopo un periodo di detenzione in Florida. Viene assunta da un’attrice che tenta disperatamente di avere in un remake il ruolo che fu della madre. Nel frattempo la ragazza cerca di ricontattare la famiglia: il fratello e i genitori. Si scopriranno diversi segreti, e sarà messa a nudo la vita delle star…
Le inquadrature algide e lucidissime di Maps to the Stars riprendono da vicino i corpi, ritraendoli in modo impietoso e senza alcun glamour o filtro, come Cronenberg ci ha abituati. Corpi reali e pesanti, a volte straziati. E anime altrettanto pesanti, altrettanto straziate. Ogni singola scena, ogni dialogo del film porta a un aumento della tensione. Come in una partita a scacchi, Cronenberg posiziona nell’arco del lungometraggio i suoi personaggi come fossero pezzi sulla scacchiera. Per quasi tutto il film si assiste a un lento ma progressivo e inesorabile avvicinarsi al punto di non ritorno. Il momento topico in cui la tensione avrà un culmine, si spezzerà, e le storie avranno una risoluzione.
Come se non bastasse, le storie scritte da Wagner hanno una specularità generazionale quasi matematica, con intrecci perversi e malati. Il modo in cui la sceneggiatura e la regia arrivano al momento topico è magistrale: se si eccettuano alcuni dialoghi un po’ troppo prolissi all’inizio del film, tutto il resto è ficcante e va dritto al punto con interpreti (soprattutto femminili) straordinari. Tutto questo si innesta su una feroce critica alle star hollywoodiane che sono ridicolizzate e ridotte a persone piccole, meschine e malate.
Dopo tutto questo lavoro, i pezzi sulla scacchiera sono posizionati e tutti i segreti rivelati. Ci si aspetta quindi l’esplosione della tensione che porti a un nuovo ordine. Esplosione che puntualmente avviene. Il personaggio di Pattinson viene eliminato dalla storia senza troppi preamboli e il personaggio della Wasikowska ricollega tutte le storie e le risolve. Purtroppo questa risoluzione è affrettata e per nulla simmetrica e matematica. Tutto finisce in pochi minuti, troppo pochi e con troppo poco vigore: emblematica in questo senso la scena in cui Bird prende l’anello dal dito di Cusack.
Maps to the Stars fa uscire dalla sala interdetti per questo finale che sembra così tanto “tirato via”, quasi si avesse fretta di terminare il film (con però scene girate meravigliosamente bene) e così spiazzante per quello che succede in totale contraddizione con quello che avviene prima. Nonostante questo, il risultato finale non è del tutto inficiato grazie allo straordinario lavoro sulla prima parte. Un film difficile, respingente ma allo stesso tempo avvolgente. Un film di David Cronenberg.
Titolo: Maps to the Stars (Id.)
Regia: David Cronenberg
Sceneggiatura: Bruce Wagner
Fotografia: Peter Suschitzky
Interpreti: Julianne Moore, Mia Wasikowska, John Cusack, Robert Pattinson, Olivia Williams, Evan Bird, Sarah Gadon, Niamh Wilson, Dawn Greenhalgh, Carrie Fisher, Emilia McCarthy, Amanda Brugel, Jayne Heitmeyer, Joe Pingue, Justin Kelly, Kiara Glasco
Nazionalità: Canada – USA – Francia – Germania, 2014
Durata: 1h. 51′
Davvero un bell’articolo. Ho inserito il sito tra i preferiti, si vede che tratti il cinema proprio con passione e competenza.
5+.
Grazie. E’ sempre molto lusinghiero veder apprezzato il proprio lavoro.
Non mi e’ piaciuto per niente, contrariamente ad altri dello stesso regista. Tanto per cominciare Hollywood e’ solo un pretesto per poter giustificare il fatto di mettere in scena perversioni varie, visto che e’ uno dei piu’ diffusi luoghi comuni che Hollywood sia la patria di tutti i mali e di tutte le nevrosi: si direbbe che ha dei conti in sospeso con l’industria cinematografica e approfitta della location per sputare nel piatto dove mangia, oppure per atteggiamento snob da artista controverso. Tali perversioni possono esistere ovunque, essendo proiezioni intime, e il loro luogo e’ la psiche umana, non le piscine di Beverly Hills. Discutibile a mio avviso l’accanirsi sulla violenza, psicologica e fisica, ma forse non sarebbe stato abbastanza hollywoodiano………
Che Cronemberg metta in scena delle perversioni non è certo una novità, credo che la scelta di ambientare le storie nello sfarzo Hollywoodiano invece che nel solito degrado della provincia americana sia invece vincente perchè rimette in prospettiva le “stars” del titolo rendendole umane, esattamente come tutti gli altri.
Forse hai ragione, a me comunque pare una scelta troppo calcolata,forse commerciale e poi direi casomai che le stars appaiono piu ‘”disumane” . Di umanita’ ce n’e’ pochina…
Appaiono più disumane, e quindi più umane. Come scrivi tu: “Tali perversioni possono esistere ovunque, essendo proiezioni intime, e il loro luogo e’ la psiche umana, non le piscine di Beverly Hills”. Maps to the stars riduce le stelle, che dovrebbero stare su nell’empireo a persone normali che possono essere, appunto, perverse. Più che altro bisognerebbe notare che magari qualche star senza perversioni esiste ma Cronemberg non è interessato a farcela vedere.
Ottima recensione che analizza in pieno il film !
Julianne Moore e’ stata fantastica , e’ riuscita ad interpretare una nevrotica attrice in declino soprattutto con le sue espressioni e abitudini ( tremenda la sua reazione ‘ gioiosa ” dopo aver ottenuto la parte nel film desiderato).
Meritava l’Oscar per migliore attrice non protagonista molto di più di Patricia Arquette per Boyhood!
Sembra che sia l’antipodo di Cosmopolis. In un certo senso, a più visioni, mi ha fatto l’effetto contrario.
La prima volta che vidi Cosmopolis al cinema pensai che era un film orribile, le seconda volta pensai “forse non è così male”, la terza volta arrivai alla conclusione che si trattava proprio di un bel film.
Il percorso inverso mi è successo con Maps to the stars.
Piaciuto di più dei due precedenti “A Dangerous Method” e “Cosmopolis” che trovai noiosi.
Qui, anche se la sceneggiatura non dice alcunchè di interessante, la buonissima regia, i bei dialoghi e i validi attori riescono a non farla pesare più di tanto e, almeno per me, interessano lo spettatore.
Un film bel film corale.