"Near Death Experience" di Delépine & Kervern
Inedito in Italia – Lezioso
Paul è un operatore di call center malato di cancro che a 56 anni ha perso la capacità d’orientarsi nel mondo che lo circonda. Una mattina decide di farla finita. Si veste da ciclista, parte per la montagna e lì rimarrà, lontano dal mondo, a interrogarsi sulla propria vita…
In un Festival che quest’anno ha tra i suoi assi portanti l’incrocio tra cinema e letteratura arriva Michel Houllebecq, autore di libri di culto a loro tempo trasformati in film (Le Particelle Elementari) che con Near Death Experience diventa attore.
Diretto dal duo Benoît Delépine e Gustave Kervern, Near Death Experience è un monologo sullo spaesamento e la solitudine di un uomo qualunque, che a 56 anni la società ha reso obsoleto. Personaggio interpretato con bravura da Houllebecq che riesce a offrire una recitazione che intervalla momenti di tristezza lancinante a esplosioni d’energia sotto le note dei Black Sabbath. Ma la sensazione finale è che Near Death Experience sia una pellicola riuscita a metà, dove alla buona prova dell’attore-scrittore non corrisponde una regia altrettanto convincente.
Delépine e Kervern ritraggono Paul come un uomo morto da tempo. Il suo quotidiano arriva sulla scena in versione ridotta grazie a un gioco di inquadrature che non includono mai i volti dei colleghi o dei figli ma lasciano che questi gli scivolino addosso senza dedicargli la minima empatia. E proprio dalla condizione di Paul il film raggiunge i suoi momenti più intensi. Il suicidio di Paul è un suicidio mentale prima ancora che fisico: Paul si uccide dichiarandosi morto, dopo essersi vestito da ciclista e aver deciso di esiliarsi in montagna per sfuggire alla desolazione della sua vita e rimanendovi a vagare parlando con se stesso. Operazione che per non risultare fiacca ha bisogno di recitazione e sceneggiatura di livello e che trova nel volto inquietante di Houllebecq e nelle sue riflessioni due elementi incisivi, specie quando Paul ricreerà la propria famiglia con piramidi di sassi e confesserà il motivo del suo gesto («per voi miei figli è meglio un padre morto che un padre senza vita»).
Film che si sviluppa a un ritmo strascicato, frutto di una scelta di regia che fa del monologo l’espediente narrativo principale. Ma se la lentezza della pellicola è in una certa misura giustificata dal dramma che tratta (dopotutto la storia di Paul è il racconto d’una solitudine), la sensazione è che spesso Delépine e Kervern accentuino questa lentezza fino all’esasperazione. Le montagne in cui Paul s’esilia offrono una scenografia naturale stupenda, ma la macchina da presa spesso indugia troppo nei passaggi tra una scena all’altra, frammentando la narrazione con momenti che sembrano spezzoni di documentario che nemmeno le domande surreali e malinconiche di Paul riescono a sostenere. Il risultato è un esperimento che a tratti finisce per essere lezioso, dove la bella prova di Houllebecq viene sporcata da un senso di autocompiacimento della regia che rallenta il ritmo e compromette il coinvolgimento dello spettatore con il dramma e la solitudine d’un uomo obsoleto.
Titolo: Near Death Experience
Regia: Benoît Delépine, Gustave Kervern
Sceneggiatura: Benoît Delépine, Gustave Kervern
Fotografia: Hughues Poulain
Interpreti: Michel Houellebecq, Bertram Marius, Manon Chancé
Nazionalità: Francia, 2014
Durata: 1h. 27′
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