"Shortbus" di John Cameron Mitchell

Bim, 24 Novembre 2006 – Finto
A New York si incrociano le vicende sentimental-sessuali di una sessuologa frigida, una coppia di gay in cerca di nuove esperienze e una ragazza che si prostituisce con clienti masochisti. Tutti s’incontrano allo Shortbus, locale notturno fuori dalla Legge e dagli schemi…
Dimentichiamoci il bon ton. Dimentichiamoci le scespiriane Pene d’amore perduto, e soprattutto dimentichiamo l’amore romanticamente sciroppato da Nora Ephron nella grande mela, ma anche le trasgressioni griffate di Sex and The City. Il sesso nelle sue salse più speziate e amare viene servito al cinema in un film “abbastanza” esplosivo e “abbastanza” controllato: Shortbus.
Indubbiamente i benpensanti si guarderanno bene dal vedere questo film, i guardoni correranno a frotte nelle poche sale che lo programmano e la comunità gay–trans-lesbo ne farà emblema e tema di grande discussione. E i critici? Impresa non da poco, quella di suddividere le anime del film e riuscire a capire quanto di buono ci possa essere e quanto di programmaticamente scorretto ci sia. Ed è questa la prima cosa che si intuisce, o che il critico può intuire: Shortbus manca di sincerità. Non fraintendiamo: le scene di sesso rasentano il pornografico, quindi visivamente è più che veritiero, ma lo scopo, il messaggio, il bisogno del mostrare per urlare la propria urgenza… be’, sembra posticcio, quasi a voler far vedere dei falli e delle fellatio, solo perché fa “trendy trasgressivo”.
John Cameron Mitchell stavolta non riesce a coniugare il gusto barocco dell’immagine con il sentito e sincero bisogno di dimostrare la solitudine, come, invece, aveva fatto nel piccolo capolavoro Hedwig – La diva con qualcosa in più. Li c’erano belle musiche, straordinarie canzoni e un’interpretazione da Oscar dello stesso Mitchell. Qui la patina caramellata e speziata della messa in scena sembra soffocare tutto il resto, senza scuotere realmente lo spettatore.
Sappiamo che ai gay piace il sesso anale, ai sadomasochisti il fisting e alle lesbiche i vibratori, per non parlare delle fantasie eterosessuali, ma che c’entra questo con il cinema e con il raccontare una storia? Il sesso non può rimanere elemento fine a se stesso in una pellicola cinematografica, e questo i registi lo sanno. Chiedete a Bertolucci oppure a Chéreau: Ultimo Tango a Parigi e Intimacy, oltre ad una sesso non patinato, mostravano delle storie ben strutturate e calibrate, con azioni e pensiero. Cameron Mitchell non lo sa, o forse non è ancora in grado, ma il gusto dell’immagine alla Adrian Lyne c’è, come anche un buon orecchio per le musiche. Deve crescere, e forse imparare a raccontare altre storie.
Titolo:Shortbus – Dove tutto è permesso (Shortbus)
Regia: John Cameron Mitchell
Sceneggiatura: John Cameron Mitchell
Fotografia: Frank G. DeMarco
Interpreti: Lee Sook-yin, Paul Dawson, Lindsay Beamish, P.J. DeBoy, Raphael Baker, Jay Brannan, Peter Stickles, Justin Bond, Alan Mandell, Jesse Hardman, Ray Rivas, Bitch, Shanti Carson, Jan Hilmer, Justin Hagan, Stephen Kent Jusick
Nazionalità: USA, 2006
Durata: 1h. 42′
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