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Soundtrack: "Il Cigno Nero" di Clint Mansell

24 gennaio 2011 Soundtrack 5 Commenti
Il Cigno Nero

Roberto Pugliese, in collaborazione con Colonne Sonore* * *

Quinta collaborazione tra il regista Darren Aronofsky e il compositore Clint Mansell, Black Swan è un thriller ambientato nel mondo della danza classica, ma è soprattutto una partitura musicale sospesa tra l’omaggio al melodramma e una musica terrorizzante e indefinibile…


Quinta collaborazione fra il newyorkese Aronofsky e il britannico Mansell, questo thriller ambientato nel mondo del balletto classico segna, ancor più dopo The Wrestler, un deciso mutamento di rotta sia nelle scelte stilistiche e narrative del regista, ormai passato dagli inizi hip-hop e undergroundeggianti a ben più rassicuranti e astuti contenitori “di genere”, sia in quelle del suo musicista di elezione, che dal minimalismo compulsivo e disturbato di score come Π – Il teorema del delirio e soprattutto Requiem for a dream (il cui brano “Lux aeterna” è forse il capolavoro di Mansell), sembra ora spostarsi su fonti decisamente classico-sinfoniche, con ampi e dichiarati spazi al più palese e circostanziato citazionismo, qui ovviamente anche motivato dal substrato narrativo.
Accade così che il “Nina’s dream” di incipit risulti una scoperta, nemmeno troppo strutturata, parafrasi ciaikovskiana dal “Lago dei cigni”, le cui note originali peraltro dilagano nel film con un’enfasi retorico-simbolica che si sarebbe detta ignota financo al regista del già corrivo The Fountain: il modello è sussunto garantendone una sorta di intelaiatura esterna (l’assolo iniziale dei legni, il rigonfiamento cantabile degli archi, l’elevarsi della temperatura nello stacco dei tempi), e l’operazione si rivelerà ancor più scoperta, sino ad una vera e propria “riscrittura sull’originale”, verso la chiusura dell’album con brani come “A Swan is born” e soprattutto “Perfection” (quest’ultimo di fatto, una mera riesecuzione della partitura originale ciaikovskiana), senza contare l’assolo pianistico finale e trascrittivo di “A Swan song (for Nina)”.

Sin qui, si diceva, è una specie di contestualizzazione obbligata di una musica di livello “esterno” spinta a raccordarsi con il livello “interno” delle pagine di repertorio. Poi Mansell si mantiene egualmente su un registro più convenzionale di quello proprio abituale, a cominciare dal rigoroso utilizzo dell’orchestra, e non rinuncia ad atteggiarsi a compositore colto con movenze tipiche del classicismo ottocentesco (“New Swan Queen”); tuttavia, pur dovendo anche garantire alcuni stereotipi legati pur sempre alla cifra dark del film, il 48enne compositore di Coventry può prodursi più liberamente nelle proprie oscure, iterative e brevi melodie circolari (“Power, seduction, cries” o ancor più “The Double”), dove una cellula principale viene levigata e riprodotta, circondata da pulsazioni percussive elettroniche in crescendo.
Ciò produce conflitti interessanti, come i fantasmi ciaikovskiani che riaffiorano nel violoncello che cerca di farsi strada nel magma del digital sound in “Opposites attract”, o veri esercizi di “fear music”, musica della paura, come in “Night of terror”, che svela bene fin dove possa spingersi la capacità di astrazione e di sintesi di Mansell, il quale in ogni caso si dimostra qui coraggiosamente alle prese con fonti stilistiche e culturali radicalmente diverse dalle proprie consuete, e per ciò stesso ancor più meritevole nell’aver tentato – non sempre con eguale successo – di introiettarle in un risultato artistico sospeso fra l’omaggio al passato e al lato oscuro del mélo, e la propria innata vocazione ad un “soul sound”, ad un suono dell’anima che non si riconosce in alcuna forma di naturalismo o di tradizione consolidata.


La copertina del CD di Il Cigno neroTitolo: Il Cigno nero (Black Swan)

Compositore: Clint Mansell

Etichetta: Sony Classical, 2010

Numero dei brani: 16

Durata: 52′


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Attualmente ci sono 5 commenti a questo articolo:

  1. Michele Centini ha detto:

    Caro Roberto Pugliese, sono un suo lettore da dieci anni. Lei ha scritto e scrive tutt’ora su Segnocinema (e mi dispiace molto che lo abbiano “tolto” da poco dalla griglia dei “pallini” delle Star Wars, in penultima pagina). Finalmente i suoi interventi sono su internet. Leggo sempre la sua rubrica sugli score musicali. Peccato che non faccia più le schede. Perché le sue critiche sono un toccasana. Nemmeno lei è su Facebook. Non ci sono nemmeno Cherchi Usai, Roberto Chiesi, Eliana Elia. Altrimenti avremmo fatto la guerra su Nolan e su Lynch. Come abbia fatto ad amare una “cosa” come INLAND EMPIRE per me rimane un mistero.
    Comunque glielo dico: ho detestato tutto quello che Aronofsky ha fatto finora. In primis Requiem for a dream, film di indicibile banalità.

  2. Federico ha detto:

    Detestare INLAND EMPIRE e Requiem for a dream…..ma, misteri della mente umana.

  3. Alberto Cassani ha detto:

    Be’, ha ragione al 50%… Anch’io ho odiato il film di Lynch, ma ho amato quello di Aronofsky. Però mi pare che la maggior parte dei critici italiani la pensino all’opposto.

    Michele, ho girato il suo commento a Roberto Pugliese. Ne sarà senz’altro contento, ma non so se deciderà di risponderle. In ogni caso può trovare molte altre sue recensioni musicali sul sito di Colonne Sonore (http://www.colonnesonore.net/), che ce ne concede una alla settimana per la pubblicazione.

  4. Michele Centini ha detto:

    Se INLAND EMPIRE si può per lo meno tentare di salvarlo, in qualche maniera (i critici italiani lo hanno incensato come fosse l’ultima Aria di Beethoven, dal Pier Maria a Bellavita, Resmini, Tassi, Emiliani, Mazzarella, ma praticamente è stato un quasi-plebiscito), anche se a me pare più vicino alla video arte che al cinema, e comunque si tratta di un’operazione estrema e destabilizzante anche se noiosissima; di Requiem for a dream non si salva nulla. Faticai molto ad arrivare alla fine. Requiem for a dream è Puro kitsch, anche se gli americani lo hanno amato molto.

  5. Alberto Cassani ha detto:

    “Inland Empire” credo fosse risultato in cima a tutte le classifiche fatte dai critici italiani, quell’anno. Anche in quella in cui c’ero anch’io: io gli avevo dato 0, ma gli altri gli avevano tutti dato voti altissimi. Purtroppo la nostra critica (non solo la nostra, ma soprattutto la nostra) ha perso ormai totalmente di obiettività nel giudicare le opere di determinati autori – come appunto Lynch, Mann, Cronenberg, i Coen, per alcuni De Palma, per altri qualche orientale… – e di conseguenza parte sempre dall’idea che il film che sta per vedere sia un capolavoro. Vanno al cinema come dei fan, non come dei critici cinematografici, e nella visione cercano soprattutto conferme alle loro idee preconcette. La cosa è molto evidentente al Festival di Venezia, quando alle proiezioni stampa ci sono a volte delle vere e proprie ovazioni sui titoli di testa di questo o quel film. Poi chi ne fa le spese è proprio l’ambiente della critica cinematografica, che perde di credibilità agli occhi dei lettori.

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