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Soundtrack: "Godzilla" di Akira Ifukube e Alexandre Desplat

20 ottobre 2014 Soundtrack 0 Commenti
Soundtrack: Godzilla

Roberto Pugliese, in collaborazione con Colonne Sonore* * * ** * * *

Dall’ascolto comparato delle partiture per il Godzilla del ’54 e per quello di quest’anno emergono numerosi punti strutturali in comune e parecchie analogie. Sono ad esempio entrambe caratterizzate da un solo tema portante circondato da una serie di espedienti orchestrali spregiudicati…


Siamo personalmente convinti che Alexandre Desplat conosca molto bene la partitura di Akira Ifukube per il Godzilla originario del ’54 di Ishiro Honda, archetipo del Kaiju Eiga o “film di mostri”, nonché incarnazione suprema di tutti i fantasmi scatenati dall’atomica di Hiroshima-Nagasaki e del loro confluire nella Guerra Fredda. Così come ci sembra ignorare sovranamente la partitura ipermuscolare di David Arnold e il melting pot/pop del 1998 per lo sfortunato remake di Roland Emmerich (che si riassumeva ed esauriva nello slogan «le dimensioni contano»). È un’impressione che si ricava dall’ascolto comparato delle due partiture, quella di Ifukube ristampata in occasione del sessantennale del film dalla poliedrica Harkit, e quella nuova di zecca del compositore parigino: numerosi i punti strutturali in comune e le analogie d’impostazione, tenendo conto che Ifukube era un compositore di rigorosa formazione classica con un occhio particolarmente attento alla tradizione musicale del proprio paese, e che nello score per il film di Honda affluiscono influenze europee, vocazioni sperimentali, soluzioni d’avanguardia e parentesi liriche, a formare un insieme che il maestro giapponese continuerà a utilizzare in tutti gli innumerevoli sequel, remake e spin-off di questa fortunatissima serie da lui musicati. Ed è appunto la proliferazione di questo genere, che oltre a Ifukube ha coinvolto altri musicisti giapponesi come Masaru Sato o Riichiro Manabe, ad essersi negli anni configurata come un vero e proprio ipertesto, anche musicalmente, dando origine ala “Monster Movie Music”.

La partitura di Ifukube, preziosamente recuperata dalla Harkit, è celebre innanzitutto per alcune soluzioni “artigianali” che la avvicinano a esperimenti di “musique concrète”: come ad esempio il celebre verso di Godzilla, che il compositore ottenne sfregando un guanto di pelle imbevuto di resina contro le corde di un contrabbasso (“Godzilla Approaches”). Poi c’è il Main Theme, che nacque originariamente come tema associato all’esercito giapponese impegnato nella difesa contro il mostro (“Intercept Godzilla”), ma che in seguito divenne, di fatto, il “Godzilla theme”: uno staccato agitato e progressivo degli archi, dall’andatura incalzante e stringente, alternato in altre fasi a pesanti ritmi di marcia, profondi rimbombi percussivi e foschi disegni del clarinetto basso sull’ostinato di pianoforte e contrabbasso (“Godzilla comes to Tokyo Bay”) che danno l’idea dell’avanzata del mostro. Elementi costitutivi molto semplici, come si vede, all’interno di uno score che oggi può apparire lievemente naïf ma che viceversa possiede una sua potente, arcaica efficacia. Ifukube, compositore molto attento a quanto avveniva fuori dal proprio paese, concede assai poco alla componente “etnica” o tradizionale (“Ootojima Temple Festival”) e sembra preferire severe, meditate incursioni in un linguaggio europeizzante e complesso: gli archi sono chiamati a virtuosismi diabolici e quasi rumoristici in “Horror of the water tank” o “Oxygen destroyer”, nel quale ultimo spicca un lungo, notturno fraseggio dei celli sul rintocco grave del pianoforte. Peraltro, un atteggiamento quasi mahleriano si fa largo nel lungo adagio per archi di “Tragic sight of the Imperial Capital”, ripreso ancora più ampiamente nel lirico “Godzilla at the ocean floor”: una solenne, toccante melopea di vasto respiro e di luttuosa intensità. Le pagine che definiremo “interne” (il valzerino per armonica di “Ship Music”, la “Prayer for peace” corale, le due marce dell’esercito giapponese) si integrano in un’idea capillare di soundtrack, dove il tema di Godzilla si fa continuamente strada nel suo minaccioso pressare, forte di un suono grezzo, materico, brutale (“Godzilla comes ashore”) che sembra essere la cifra costitutiva dello score.

Al netto delle evidenti e scontate differenze di qualità tecnica, la partitura desplatiana per il film di Gareth Edwards sembra parzialmente scaturire dalle medesime sorgenti d’ispirazione: un suono elementare, primitivo, una ritmica squadrata, le sezioni orchestrali chiamate a minacciose, sinistre forzature timbriche. Teniamo presente che è un genere cinematografico, questo del blockbuster spettacolare, dove il maestro parigino, con le sue raffinate strumentazioni e i suoi intarsiati giochi di ripetizioni, si dimostra generalmente un po’ a disagio. Anche qui un corrusco, stringente ritmo di marcia la fa da padrone (“The power plant”) attraverso raffiche veloci e violente, interrotte da uno scorcio di emozionata melodia destinata ad affondare nella cacofonia generale; e il tema degli ottoni che si alza sinuoso e infido in “Godzilla!” è di suggestiva, infausta profeticità. Come Ifukube, anche Desplat insiste molto sulla regolarità dell’incedere ritmico attraverso pulsazioni gravi rimbombanti e regolari (“The Q zone”) messe a conflitto con gli archi in registro sovracuto; in realtà dilaga ovunque un senso di claustrofobia opprimente, ottenuto con i ripetuti assalti delle percussioni (“Inside the mines”) e con il ricorso a una vera e propria “battle music” aggressiva e tagliente, come in “Back to Janjira”, dove si notano le non casuali interpunzioni di flauti giapponesi. Non è la tonitruante esibizione balistica che caratterizzava lo score di Arnold del ’98; piuttosto una violenza secca, aspra, spigolosa, che mira a suscitare tensione continua. “Muto Hatch” è di nuovo musica da battaglia furibonda e martellante, e l’ostinato ritmico di “In the jungle” uno sfondo soffocante e ansiogeno. Trilli e dissonanze brucianti perforano “Airport attack”, mentre in “Missing spore” si fa strada negli archi il tema principale, uno dei pochi ravvisabili, udito in apertura, ripreso dalla tromba sola, presto reinghiottita dal convulso, frenetico ribollire di un’orchestra che in Desplat è stata raramente così irrequieta e cangiante. I corni risuonano imperiosi e ultimativi in “Vegas aftermath”, ma sopraggiunge anche l’elettronica a dare una mano decisiva in “Following Godzilla”, pagina palpitante e sussultante negli staccati ostinati degli archi.
In “Golden Gate Chaos” Desplat dà fondo a tutte le potenzialità di una “musica della catastrofe”, naturalmente nei modi e con i limiti che gli sono propri: non c’è la violenza incandescente di un Goldenthal o di un Horner, ma piuttosto un aumento adrenalinico dei ritmi, un utilizzo spregiudicato e spericolato degli archi in glissando e flautando, uno scontro frontale fra ottoni e percussioni con un esito di terroristica immediatezza. Una serie di accordi dodecafonici, ripetuti e violenti, caratterizzano “Entering the nest”, mentre è ancora guerra aperta fra sezioni orchestrali in “Two against one” e “Last shot”, dove più che sul volume di suono Desplat punta sullo scontro si direbbe quasi goldsmithiano fra componenti ritmiche non sovrapponibili. Il richiamo possente di trombe e tromboni in “Godzilla’s victory” prelude – a contrasto – a un inserimento celestiale, elegiaco, dei violini e del pianoforte, chiamati quasi a un’estasi contemplativa che defluisce naturalmente nel conclusivo “Back to the ocean”, pagina sommessa e nebbiosa basata sul disegno degli archi, le evoluzioni del flauto, e il riemergere possente e ultimativo del tema principale negli ottoni.

Strutturalmente, sono due partiture entrambe caratterizzate dalla presenza di un solo tema portante circondato da una serie di espedienti orchestrali spregiudicati e fortemente significanti, e da un climax sonoro di apocalittica intensità; a buon diritto Ifukube e Desplat possono così essere considerati i due poli di quella “Monster Movie Music” che da sessant’anni accompagna il materializzarsi sullo schermo dei più inquietanti e primordiali incubi collettivi.


La copertina del CDTitolo: Godzilla (Gojira)

Compositore: Akira Ifukube

Etichetta: Harkit Records, 1954

Numero dei brani: 26

Durata: 46′ 13”


La copertina del CDTitolo: Godzilla (Id.)

Compositore: Alexandre Desplat

Etichetta: Sony Classical, 2014

Numero dei brani: 20

Durata: 60′ 53”


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