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Soundtrack: "Habemus Papam" di Franco Piersanti

18 luglio 2011 Soundtrack 3 Commenti
Roberto Pugliese, 22 Aprile 2011: * * * * *
In collaborazione con Colonne Sonore

Si ricompone nuovamente la coppia formata da Nanni Moretti e Franco Piersanti, che dopo gli inizi di carriera del regista era tornata a collaborare con Il Caimano. E come nel Caimano, anche stavolta Piersanti realizza un’opera che è ben più che un semplice commento alle immagini…


Dopo “l’era-Piovani”, culminata nel lirismo “interruptus” di La stanza del figlio e caratterizzata comunque da tonalità più intimiste e personali anche sul piano musicale, il cinema di Nanni Moretti è tornato già dal Caimano al musicista dei propri inizi, ossia Franco Piersanti. Che, insieme a Carlo Crivelli, rimane senz’altro il compositore della penultima generazione più stimolante, intrigante e inafferrabilmente polisemico del cinema italiano. Già nel citato film precedente, il climax sonoro di horror sociale sotteso, sussurrato, insinuante evocato dalle orchestrazioni ambigue e sospese del 61enne musicista romano, collaboratore anche di Gianni Amelio ma divenuto noto al grande pubblico grazie alle misteriose e raffinate rarefazioni sonore (inconsuete per un soundtrack televisivo) del Commissario Montalbano, era parte integrante e decisiva della struttura narrativa del film, ben oltre il suo dettato ideologico-politico (si pensi al finale allucinante e ammonitore, con Berlusconi-Moretti condannato che si allontana mentre in un clima da “fine-di-mondo” la folla assalta i magistrati e il Palazzo di giustizia).
La medesima procedura, quella cioè di abdicare in partenza a qualsiasi banale esigenza di “commento” per inoltrarsi piuttosto in profondità in una sorta di “psicologia musicale”, è alla base del nuovo score per il film di Moretti sui dubbi e i rovelli di un papa, nonché sulle debolezze e umanissime miserie di una casta prelatizia sogguardata, con affetto e insieme sarcasmo, dall’interno. Ecco allora che l’”Habemus Papam” iniziale, nell’incedere solenne e preoccupato degli archi su cui risuona – con una lontana reminiscenza grieghiana dal “Peer Gynt” – il canto dei legni, nelle sue pause sospese e nella premeditata incertezza armonica è quasi un biglietto da visita musicale del film. Un’inquietudine che può assumere forme anche più drastiche, come in “Il Conclave”, un pedale di violini divisi su cui tintinnano triangoli ed echeggiano percussioni onomatopeiche (il picchiettare delle penne dei cardinali riuniti) nel progressivo crescendo dei fiati. O “Smarrimenti”, con accordi girovaghi di piano intorno ad un filamento tematico elettronico che confluisce in un severissimo adagio per archi.

Il tono sommesso, pudico della musica di Piersanti permane anche nell’allegro leggero di “Gli allenamenti” e “La pallavolo”, in cui si fa luce un tema singolarmente solare e cantabile pur in un contesto di dissonanze e “zoppicamenti” ritmici quasi stravinskyani. Ed è un tono che presiede anche ad una eventuale, e senz’altro presente, “spiritualità” della partitura (peccato però che l’album non comprenda l’impressionante “Miserere” di Arvo Pärt dell’epilogo): risolta non con citazionismi o compunzioni religiose ma piuttosto con un’asciuttezza immobile, disturbata e perturbante (le dissonanze e gli incisi degli archi, l’assolo del violoncello in “Le finestre del Papa”). E’ dunque “musica dell’anima”, quella di Piersanti, che si nutre di attese sospensive e armonie dubbiose, non senza minacciosi bagliori in improvvisi movimenti dei fiati (“Fede e psicoanalisi”) o si scioglie in fraseggi accasciati degli archi contrappuntati da un fagotto lamentoso e sperduto (“La fuga di Melville”).

L’assolo pianistico di “Il gabbiano” possiede poi la grandezza toccante e crepuscolare di una ballata chopiniana e si colloca come pagine tra le più grandi della letteratura pianistica nell’ambito della musica per film; ancora un’ironia smossa e vagamente sinistra si agita nelle irrequietezze degli archi in “I cardinali a teatro”, mentre i colori si incupiscono nuovamente in “Il ritorno”, che ripropone materiali dell’iniziale “Habemus Papam” ma inizialmente contratti, quasi catafratti, con perorazioni di legni e corni sull’inamovibile pensosità degli archi, capaci però alla fine di allargarsi un’ultima volta fino a un definitivo, mesto unisono. In coda all’album ecco “Todo cambia” della leggendaria “cantora” argentina Mercedes Sosa, simbolo della resistenza contro la dittatura militare e scomparsa due anni or sono: è un brano “esterno” diegeticamente, sulle cui note ondeggia il movimento danzante e il battimani dei cardinali reclusi, e che svolge lo stesso ruolo funzionalmente simbolico e intimamente evocativo che aveva “By this river” di Brian Eno in La stanza del figlio: dunque non un corpo estraneo ma un “pezzo di storia” dentro il film e dentro una partitura, quella originale di Piersanti, che è fra le creazioni più alte della recente musica cinematografica italiana.


Titolo: Habemus Papam

Compositore: Franco Piersanti

Etichetta: Radiofandango/ Universal Music, 2011

Numero dei brani: 15 (14 di commento + 1 canzone)

Durata: 41′ 09”


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Attualmente ci sono 3 commenti a questo articolo:

  1. weach1952 ha detto:

    Nanni Moretti non si esplicita verbalmente , restando, apparentemente, non allinato a specifiche critiche verso le istituzioni relegiose .
    Ma va detto che” l’evento ipotizzato di un Papa nominato che non si sente pronto a ricoprire il suo ruolo istituzionale “è di per se “una simbologia critica ” anche perché tutto si inserisce in un contesto storico dove l’istituzione religiosa Romana è messa a dura prova dai fatti .
    L’ambiguità voluta di Moretti , è , comunque ,verbalmente conveniente perché concede a noi spettatori l’opportunità di fare le nostre analisi e ed introspezioni circa il senso implicito di un ingonbrante rifiuto.
    Di facciata ,con uno spirito buonista , potremmo dire :” non c’è critica della regia ma solo rappresentazione dell’ umanità,debolezza e consapevolezza di inadeguatezza”
    Nella realtà propositiva della regia è messo in scena un’onda sibillina che comunque mette in gioco tutto : l’uomo Papa, il dubbio esistenziale dell’essere umano, la paura di non sapere e di non poter essere ,la confusione nell’ immedesimazione in un ruolo ingombrante quale quello istituzinoale di Papa di una primaria istituzione religiosa.
    Michel Piccoli, nel ruolo del Papa smarrito, con dolcezza e sensibilità sembra più ripercorrere le sue radici piuttosto che cercare di accettare ” l’incoronazione “.
    I tanti ma e se che aleggiona e vibrano nel film sono quelli tipici dell’umana esistenza che mai trova risposte definitivi sino all’ultimo misterioso volo.
    Concludendo , Moretti è silente solo nella foma ,non nella realtà dei propositi ,perchè i vuoti ed i silenzi rappresentati son in reatà potente strumento di riflessione,per l’uomo in genere, per l’uomo in predicato di divenire Papa, per le istituzioni religiose apparentemente senza un capo spirituale.
    Vuoti , silenzi che potrebbero essere annullati in un attimo solo con un atto di fede conme fece Francesco d’Assisi che per un “soffio ” fu capace di abbandonare tutto e creare una nuova certezza: un Dio gentile e amorevole ovunque.

    buona visione
    weach illuminati

  2. weach1952 ha detto:

    L’aspetto centrale ne film della musica di Franco Piersanti ci riporta un poco alla centralità della comunicazione per immagini e per vibrazioni musicali. Questa commistione porta a livelli di comunicazione più intensi, dovo la composizione musicale si piega alla trama del film rendendola ora più fluida,altrove più solenne , in altri momenti intensamente introspettiva ; comunque musicha che sempre si compenetra con l’immagine e la vibrazione della parola.
    La collaborazione con Franco Piersanti , già sodalizio convincente con il regista Nanni Moretti, appare nel caso di specie, dove si sondano aspetti “volatili ed incerti “, appare particolarmente sinergica con il film: la risonaza dei brani genera eventi sicronici particolarmente interessanti riempento i vuoti che altrimente la sola immagine non averebbe avuto la capicità di tracciare .Ci piace sottolineare e condividere parte del teso di Roberto Pugliese che pedissequamente riportiamo “L’assolo pianistico di “Il gabbiano” possiede poi la grandezza toccante e crepuscolare di una ballata chopiniana e si colloca come pagine tra le più grandi della letteratura pianistica nell’ambito della musica per film; ancora un’ironia smossa e vagamente sinistra si agita nelle irrequietezze degli archi in “I cardinali a teatro”, mentre i colori si incupiscono nuovamente in “Il ritorno”, che ripropone materiali dell’iniziale “Habemus Papam” ma inizialmente contratti, quasi catafratti, con perorazioni di legni e corni sull’inamovibile pensosità degli archi, capaci però alla fine di allargarsi un’ultima volta fino a un definitivo, mesto unisono” Non saprei meglio dire . Bravo roberto Pugliese!!per entrare nel’opera ci sentiamo di dire che i Nanni Moretti non si esplicita verbalmente , restando, apparentemente, non allinato a specifiche critiche verso le istituzioni relegiose .
    Ma va detto che” l’evento ipotizzato di un Papa nominato che non si sente pronto a ricoprire il suo ruolo istituzionale “è di per se “una simbologia critica ” anche perché tutto si inserisce in un contesto storico dove l’istituzione religiosa Romana è messa a dura prova dai fatti .
    L’ambiguità voluta di Moretti , è , comunque ,verbalmente conveniente perché concede a noi spettatori l’opportunità di fare le nostre analisi e ed introspezioni circa il senso implicito di un ingonbrante rifiuto.
    Di facciata ,con uno spirito buonista , potremmo dire :” non c’è critica della regia ma solo rappresentazione dell’ umanità,debolezza e consapevolezza di inadeguatezza”
    Nella realtà propositiva della regia è messo in scena un’onda sibillina che comunque mette in gioco tutto : l’uomo Papa, il dubbio esistenziale dell’essere umano, la paura di non sapere e di non poter essere ,la confusione nell’ immedesimazione in un ruolo ingombrante quale quello istituzinoale di Papa di una primaria istituzione religiosa.
    Michel Piccoli, nel ruolo del Papa smarrito, con dolcezza e sensibilità sembra più ripercorrere le sue radici piuttosto che cercare di accettare ” l’incoronazione “.
    I tanti ma e se che aleggiona e vibrano nel film sono quelli tipici dell’umana esistenza che mai trova risposte definitivi sino all’ultimo misterioso volo.
    Concludendo , Moretti è silente solo nella foma ,non nella realtà dei propositi ,perchè i vuoti ed i silenzi rappresentati son in reatà potente strumento di riflessione,per l’uomo in genere, per l’uomo in predicato di divenire Papa, per le istituzioni religiose apparentemente senza un capo spirituale.
    Vuoti , silenzi che potrebbero essere annullati in un attimo solo con un atto di fede conme fece Francesco d’Assisi che per un “soffio ” fu capace di abbandonare tutto e creare una nuova certezza: un Dio gentile e amorevole ovunque.

  3. weach1952 ha detto:

    Una solenne incertezza armonicaL’aspetto centrale ne film della musica di Franco Piersanti ci riporta un poco alla centralità della comunicazione per immagini e per vibrazioni musicali. Questa commistione porta a livelli di cosapevolezza più intensi, dovo la composizione musicale si piega alla trama del film rendendola ora più fluida,altrove più solenne , in altri momenti intensamente introspettiva ; comunque musica che sempre si compenetra con l’immagine e la vibrazione della parola.
    La collaborazione con Franco Piersanti , già sodalizio convincente con il regista Nanni Moretti, appare ,nel caso di specie, dove si sondano aspetti “volatili ed incerti “, particolarmente sinergica con il film: la risonanza dei brani genera eventi sincronici particolarmente interessanti riempendo i vuoti che altrimente la sola immagine non averebbe avuto la capicità di tracciare .Ci piace sottolineare e condividere parte del testo di Roberto Pugliese che pedissequamente riportiamo “L’assolo pianistico di “Il gabbiano” possiede poi la grandezza toccante e crepuscolare di una ballata chopiniana e si colloca come pagine tra le più grandi della letteratura pianistica nell’ambito della musica per film; ancora un’ironia smossa e vagamente sinistra si agita nelle irrequietezze degli archi in “I cardinali a teatro”, mentre i colori si incupiscono nuovamente in “Il ritorno”, che ripropone materiali dell’iniziale “Habemus Papam” ma inizialmente contratti, quasi catafratti, con perorazioni di legni e corni sull’inamovibile pensosità degli archi, capaci però alla fine di allargarsi un’ultima volta fino a un definitivo, mesto unisono” Non saprei meglio dire . Bravo Roberto Pugliese!!Per entrare nel’opera ci sentiamo di dire che Nanni Moretti non si esplicita verbalmente , restando, apparentemente, non allineato a specifiche critiche verso le istituzioni relegiose .
    Ma va detto che” l’evento ipotizzato di un Papa nominato che non si sente pronto a ricoprire il suo ruolo istituzionale “è di per se “una simbologia critica ” anche perché tutto si inserisce in un contesto storico dove l’istituzione religiosa Romana è messa a dura prova dai fatti .
    L’ambiguità voluta di Moretti , è , comunque ,verbalmente conveniente perché concede a noi spettatori l’opportunità di fare le nostre analisi e ed introspezioni circa il senso implicito di un ingonbrante rifiuto.
    Di facciata ,con uno spirito buonista , potremmo dire :” non c’è critica della regia ma solo rappresentazione dell’ umanità,debolezza e consapevolezza di inadeguatezza”
    Nella realtà propositiva della regia è messo in scena un’onda sibillina che comunque mette in gioco tutto : l’uomo Papa, il dubbio esistenziale dell’essere umano, la paura di non sapere e di non poter essere ,la confusione nell’ immedesimazione in un ruolo ingombrante quale quello istituzinoale di Papa di una primaria istituzione religiosa.
    Michel Piccoli, nel ruolo del Papa smarrito, con dolcezza e sensibilità sembra più ripercorrere le sue radici piuttosto che cercare di accettare ” l’incoronazione “.
    I tanti ma e se che aleggiona e vibrano nel film sono quelli tipici dell’umana esistenza che mai trova risposte definitivi sino all’ultimo misterioso volo.
    Concludendo , Moretti è silente solo nella foma ,non nella realtà dei propositi ,perchè i vuoti ed i silenzi rappresentati son in reatà potente strumento di riflessione,per l’uomo in genere, per l’uomo in predicato di divenire Papa, per le istituzioni religiose apparentemente senza un capo spirituale.
    Vuoti , silenzi che potrebbero essere annullati in un attimo solo con un atto di fede conme fece Francesco d’Assisi che per un “soffio ” fu capace di abbandonare tutto e creare una nuova certezza: un Dio gentile e amorevole ovunque.
    buona visione
    weach illuminati

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