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Soundtrack: "Hungry Hearts" di Nicola Piovani

10 agosto 2015 Soundtrack 0 Commenti
Hungry Hearts

Roberto Pugliese, in collaborazione con Colonne Sonore* * * *

Nicola Piovani è un musicista straordinariamente attento e sensibile, che non si è mai fatto problemi a frequentare il cinema italiano più indipendente. Per Hungry Hearts ha modulato i propri registri espressivi sulle singole fasi della pellicola, mentre per Banana e L’amore non perdona ha realizzato pagine a tratti ironiche e a tratti meno luccicanti…


Quando un film, come quello di Saverio Costanzo, inizia come una commedia, prosegue come un mélo, si sviluppa in un thriller e si conclude nell’horror, è evidente che per il compositore si pongono non semplici problemi. Problemi che Nicola Piovani, nell’affrontare Hungry Hearts, risolve nel modo più diretto: ossia modulando i propri registri espressivi sulle singole fasi psicologiche dei personaggi e della vicenda, in una sorta di “sipari” musicali indipendenti ma unificati da alcune idee tematiche forti. La prima delle quali è un soave tema pianistico ascendente (“Hungry hearts”) distillato su un operistico accompagnamento d’archi, a denotare l’innocenza iniziale e la sostanziale fragilità del personaggio di Mina (Alba Rohrwacher): tanto che in “Hungry Mina” c’è spazio per una sua riesposizione sommessa e dall’incedere insicuro. Qui fa capolino il Piovani lirico e malinconico di La vita è bella, così come in “Hungry tango” si fa largo il musicista padrone di ogni linguaggio, ritmo e forma, in una pagina di fattura sopraffina. Dissonanze, sospensioni, lunghe pause e accordi di un vitreo pianissimo disseminano invece “Hungry doubts” e “Hungry dreams”, trasmettendo un senso di tensione e attesa attraverso brevi, filamentose e interrotte frasi degli archi.
Tenendo fissa la presenza, anche in controluce, del tema di Mina, e l’andamento ritmico cullante e ingannevolmente sereno degli archi, Piovani inizia poi una serie di variazioni strumentali in ognuna delle quali emerge un timbro specifico: così, “Hungry celesta” accarezza il Leitmotiv con liquida espansività, mentre “Hungry carillon” divaga impalpabilmente in un’emulsione indefinita, misteriosa, nella quale intervengono, piuttosto spettrali, gli archi della Roma Film Orchestra. “Hungry beach” è una ripresa del tema principale pianistico delicatamente contrappuntato dal clarino, sino a un’esposizione piena e appassionata degli archi. Piovani, lo si avverte con chiarezza, sembra quasi voler proteggere musicalmente la debolezza e la vulnerabilità dei personaggi; ma a colpire sono soprattutto il rigore formale dei brani, la loro struttura autoconclusa, il loro allinearsi come tasselli interdipendenti di un unico puzzle. “Hungry glockenspiel” chiama ovviamente in causa il celebre strumento metallofono inventato in Germania e reso famoso da Mozart nel Flauto magico; ancora una volta però la pagina non ha nulla di esornativo, compiaciuto o consolatorio, e vive piuttosto di enunciazioni brevi, incerte negli archi su un pedale di bassi. Tutto pianistico è “Hungry piano”, che trasforma il tema in una ballata composta e agrodolce.

Non casuale – e vedremo perché – l’abbinamento di questa partitura con altre due che Piovani ha scritto recentemente per due film italiani poco visti, corrispondenti ad altrettante opere prime: Banana di Andrea Jublin e L’amore non perdona di Stefano Consiglio. Dietro la veste della commedia il primo racconta, non senza accenti dolorosi, le peripezie di un tipico adolescente alle prese con tutto il disagio dell’Italia contemporanea, innamorato di una sua compagna di classe inesorabilmente votata alla bocciatura e disposto a qualsiasi cosa per impedirlo e rimanerle dunque accanto. Piovani sceglie con puntualità un registro tragicomico, dove affiorano nuovamente ritmi latini (“Banana tango”, “Banana carioca” e “Banana tanghetto”), complice anche la passione del protagonista per la Nazionale di calcio brasiliana; violoncello e fisarmonica dialogano mestamente in “Banana in bici”, mentre ancora archi solisti intrecciano con legni e fisarmonica irrisolti percorsi melodici. Qui domina un’ironia affettuosa, ammantata di quella vena popolare che Piovani individua anche ricorrendo a una timbrica solo apparentemente esoticheggiante, in realtà – come in “Banana refrain”, per piano, violoncello e celesta – di una trasparenza quasi onirica.
L’amore non perdona racconta la travagliata, quasi impossibile, “imperdonabile” appunto, storia d’amore tra un’infermiera franco-italiana quasi sessantenne e vedova, e un arabo con la metà dei suoi anni. Nell’Italia di oggi, tra idiozia razzista e intolleranza crescente. Le tonalità di Piovani si fanno qui meno luccicanti ma non per questo, mai, grevi o enfatiche. Il recitativo del clarinetto che apre “L’amore non perdona” ha nuovamente una fisionomia quasi operistica, mentre il morbido tema mosso che segue sembra ricordarsi di alcune pagine di Piero Piccioni per il cinema di Alberto Sordi; il dialogo tra arpa per archi, insistente e doloroso, caratterizza “L’amore sospeso”, e l’atmosfera si rabbuia ulteriormente in “Adriana e Mohamed” con la meditazione iniziale degli archi e la trenodia dell’armonica a riprendere il motivo del clarino. Tema che tornerà, affidato alla chitarra su lunghi accordi degli archi, in “Un’ultima primavera” ma non prima di un desolato “Adagio sfibrato” e precedendo “L’amore sincopato”, che torna a colorature quasi jazzistiche.
Si osservava la non casualità dell’accostamento di questi tre titoli: esso infatti conferma in Nicola Piovani un musicista che, malgrado la fama e gli Oscar, è rimasto straordinariamente attento, sensibile e partecipe di un cinema italiano meno protetto, più indipendente e appartato, e che forse proprio per questo andrebbe fatto oggetto di maggior considerazione, in patria e all’estero.


La copertina del CDTitolo: Hungry Hearts/Banana/L’amore non perdona

Compositore: Nicola Piovani

Etichetta: Emergency Music, 2014

Numero dei brani: 27

Durata: 67′ 30”


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