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Soundtrack: I magnifici sette di James Horner & Simon Franglen

12 dicembre 2016 Soundtrack 0 Commenti
I magnifici sette

Francesco Carbonaro, in collaborazione con Colonne Sonore* * * *

Per il remake di I magnifici sette il regista Antoine Fuqua stava lavorando con James Horner quando il compositore è morto in un incidente aereo. Sono stati i suoi collaboratori a portare a termine il lavoro, in particolare Simon Franglen, che ha saputo dare un senso filmico a quanto c’era di pronto…


Quando il remake di I magnifici sette aveva cominciato a prendere vita, il regista Antoine Fuqua aveva parlato della musica che avrebbe costituito la colonna sonora con il compositore James Horner, il quale scrisse una suite che avrebbe dovuto rappresentare l’essenza della componente musicale della pellicola. Quando, però, le riprese non erano ancora cominciate Horner moriva tragicamente in un incidente aereo lasciando una partitura avviata; il team del compositore di Los Angeles non ha voluto sopprimere quanto fatto dal maestro e, in accordo con il regista, i collaboratori hanno continuato sulla medesima strada. È stato Simon Franglen a farsi principale continuatore dell’opera cominciata da Horner, di cui oggi ascoltiamo questo lavoro postumo, intriso della sua presenza musicale con chiari rimandi a opere del passato.

Fin dal primo brano “Rose creek oppression” ritroviamo un elemento sempre presente nelle partiture di Horner; brevi note eseguite da una tromba che sembrano creare un’atmosfera di attesa che, come vedremo, sarà una componente fondante di tutta la musica. Archi e trombe saranno al centro del brano successivo (“Seven angels of vengeance”) nel quale, per la prima volta, si apre il sipario sul tema dei “magnifici sette”, diverso da quello iconico di Elmer Bernstein ma con il quale condivide alcuni elementi di orchestrazione che diverranno particolarmente evidenti nell’ultimo pezzo del CD. Ritorna l’uso della tromba in “Lighting the fuse” nel quale si ritrovano incastonati percussioni che sembrano trovare sfogo in “Street slaughter” dove, insieme al coro, costituiscono un chiaro rimando a “Destruction of the home tree” brano della colonna sonora di Avatar. Diversa appare l’atmosfera nella traccia “Volcano springs” nella quale una musica più spensierata trova realizzazione attraverso un ampio uso di violini; una «spensieratezza» che collide con il clima musicale che si realizza dopo, attraverso l’adozione del banjo in “Devil in the Church” e il precipitare di archi che si ascolta in “Magic trick”.

L’operazione musicale messa in atto sembra non dare riferimenti sicuri; un continuo divenire che si invera attraverso una varietà di atmosfere musicali adottate che ritrovano la propria unità in quel filo rosso costituito dagli stilemi horneriani. Riferimenti alla partitura di The Missing vi sono nel brano “Red harvest”; sonorità indiane che si innervano su un tessuto percussionistico di chiara sospensione con l’adozione del flauto di Pan che ritroviamo anche in “Takedown” dove diviene quasi protagonista esclusivo di una situazione nella quale rinveniamo la tromba di apertura. Di distensione è invece l’atmosfera musicale del brano successivo “Town exodus – Knife training”, dove gli archi esibiscono il tema principale al quale lascia spazio l’uso ormai assodato del flauto di Pan.
Una cavalcata musicale è quella che si ritrova in “So far so good” dove si creano le movenze musicali di una galoppata data da un ritmo forsennato e concitato sul quale, ancora una volta, si staglia il tema principale che rimane adombrato per tutto il brano “Pacing the town” per poi esplodere alla fine in un uso unico mai fatto fino a qui.
In questa seconda parte si accentuano le cavalcate che si intrecciano nel tessuto musicale di una partitura che non cade mai nel manierismo di genere ma offre spunti nuovi e interessanti che culminano in “Army invades town” dove il tema muta continuamente senza mai ripetersi allo stesso modo, come accade anche in “Faraday’s ride” che costituisce certamente il miglior pezzo della partitura per la ripresa che fa del tema in una situazione che sembra non cristallizzarsi mai ma si modifica continuamente fino all’esplosione finale che stride con il clima dimesso che, invece, ritroviamo in “Horne sacrifice”. Altro pezzo di grande impatto è “The darkest hour” nel quale riecheggiano note di un’atmosfera tragica di cui risente anche il tema di riferimento qui incupito e che continua in “House of judgement” dove assistiamo a una sospensione che culmina in un assolo vocalico femminile che rimodula il leitmotiv principale.
Nell’ultimo brano “Seven riders” ritroviamo percussioni che ricordano quelle del tema antico che insieme all’uso delle trombe sembrano costituire un chiaro richiamo al tema che Bernstein aveva ideato per l’originale e che qui costituisce il sottofondo sul quale si innesta il tema di matrice horneriana che rimane tributario al predecessore.

Con I magnifici sette ci troviamo di fronte a un’opera che non sembra accusare la mancanza del suo ideatore. Si deve a Franglen il merito di aver saputo mettere insieme quanto era stato composto ed elementi che riuscissero giustificati all’interno del panorama musicale a cui era legato Horner di cui riecheggiano gli stilemi e di cui rimane vivo un ricordo che si perpetuerà attraverso la sua musica.


La copertina del CDTitolo: I magnifici sette (The Magnificent Seven)

Compositore: James Horner, Simon Franglen

Etichetta: Sony Classical, 2016

Numero dei brani: 25

Durata: 78′ 26”


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