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Soundtrack: "Il cavaliere oscuro - Il ritorno" di Hans Zimmer

24 settembre 2012 Soundtrack 1 Commento
Roberto Pugliese, 11 Settembre 2012: * * ½
In collaborazione con Colonne Sonore

Dopo aver condiviso con James Newton Howard il lavoro di realizzazione delle musiche dei primi due Batman di Christopher Nolan, Hans Zimmer compone da solo la colonna sonora del capitolo conclusivo di questa trilogia cinematografica dell’Uomo Pipistrello…


Archiviato l’improbabile tandem con James Newton Howard dei primi due capitoli della trilogia di Nolan, e con alle spalle il possente risultato di Inception (del quale si ritrovano qui numerosi elementi), Zimmer si pone in questo terzo capitolo con atteggiamento quasi lapidario, accentuando tutti gli aspetti lugubri, funerari degli score precedenti, verso i quali palesa riferimenti precisi, e costruendo un’impalcatura sonora incombente, soffocante, dove non sembra mai penetrare la luce.
La stessa riproposizione – dopo la breve pulsante e rimbombante intro percussivo-elettronica di “A storm is coming” – in “On thin ice” del primordiale, minaccioso Leitmotiv in re minore apparso per la prima volta nel “Vespertilio” di Batman Begins appare ulteriormente incupita e oscurata nei colori, dove pure Zimmer evidenzia di continuare a prediligere gli archi (specie quelli gravi) per l’evoluzione delle proprie parafrasi tardoromantiche. Largamente e liberamente elettronica, la partitura infatti utilizza l’orchestra come un’infrastruttura emozionale gravida di nostalgie e di struggimenti della memoria: si pensi al canto triste del violoncello e alla cantilena trasognata del pianoforte ritmata dal tintinnio dei sonaglietti in “Mind if I cut in?”, o alle lamentose strascicature dei celli in “Born in darkness”. Ma se “Gotham’s reckoning” con il coro sinistro e sillabante o “Underground army” con il brontolio dei bassi e il ringhiare degli ottoni contrapposti al pulsare ossessivo della percussione hanno più che altro la funzione di raccordi riempitivi in chiave rumoristica (è il ricatto mortale di questo tipo di cinema verso l’elemento musicale), Zimmer si dimostra capace di sfruttare le situazioni a proprio vantaggio lavorando sui contrasti timbrici e le contrapposizioni dinamiche enfatizzate allo spasimo (“The fire rises”).

Il classicismo meditativo degli archi di “Nothing out there” e le solennità processionali di “Despair” appartengono peraltro solo a uno dei molti percorsi suggeriti da Zimmer, anche se esso continua a rimanere una delle caratteristiche più forti del suo comporre: saldare cioè la continua, fluviale corrente postwagneriana e protonovecentesca della sua ispirazione con l’incandescente temperatura sonora e la furibonda impronta ritmica delle risorse tecniche. Purtroppo quando il dosaggio di questi ingredienti viene alterato a favore dell’uno o dell’altro il compositore sembra rifugiarsi unicamente nel proprio peraltro vastissimo ma ripetitivo repertorio di stereotipi reboanti e martellanti (“Why do we fall?”), invano arricchiti da ragnatele strumentali e procedure di contrasto sempre meno efficaci.
Lo scontro quasi armato e ricorrente fra il suono apocalittico degli ottoni, peraltro inchiodati su uno schema accordale fisso e invariabile, e il galoppo delirante della percussione elettronica, non sembra infatti consentire al maestro tedesco sviluppi particolarmente innovativi. In altri momenti e per altre occasioni, l’ampiezza di respiro di brani come “Imagine the fire” e “Rise” (oltre sette minuti ciascuno, in pratica due suites) sarebbe stata sfruttata per la costruzione di architetture molto più complesse e suggestive. Viceversa in questo caso “Imagine the fire” si fonda ad esempio sostanzialmente su un procedimento di crescendo ossessivamente costruito su un ritmo di base e aggredito da stratificazioni progressive di archi e ottoni, con intervento finale del coro: sembra – e in parte è – la formula vincente di Inception, ma manca del tutto quel senso di tragicità materiale, di immanenza fatidica, di scultorea drammaticità che era la poderosa cifra stilistica di quella partitura.
Anche l’opzione risolutamente antimelodica, ove si eccettui l’elementare, monolitico tema iniziale, se da un lato si traduce in un preciso colore notturno e doloroso privo di concessioni a una facile orecchiabilità, dall’altro irrigidisce la partitura in una coazione a ripetere di stilemi noti quanto riconoscibili, ma deprivati ormai di qualunque appeal di originalità e chiaroscuro. Tracce del quale si ritrovano invece nel conclusivo “Rise”, dov’è ancora l’impasto mahleriano iniziale degli archi, in un contrappunto magistrale e progressivamente ascendente, a creare un pathos immenso, rinforzando così l’impressione che nel controllo della dicotomia fra una marzialità techno e un irrefrenabile lirismo mitteleuropeo consistano ancora il valore aggiunto e il talento di questo artista.

Rimane naturalmente a monte un problema di scelte: Hans Zimmer è ormai una sorta di “factory”, di azienda del soundtrack, con tanto di dipendenti, epigoni, allievi, imitatori, proseliti e plagiatori. L’attivismo irrefrenabile e a 360 gradi del “capo” (suo anche Madagascar 3 naturalmente…) non si traduce né si rispecchia nella necessaria varietà di toni, stili e approcci. Ne consegue che lo “Zimmer touch” è ormai divenuta una formula di marketing più che un sigillo di stile. Pur nella consapevolezza di non essere in folta compagnia nel pensarlo, riteniamo tuttavia di trovarci ancora dinanzi a uno dei massimi esponenti della musica cinematografica moderna, capace per ampiezza di conoscenze, retroterra culturale e capacità tecnico-strumentali, di arrivare dove pochi altri possono ambire. Purché compia scelte più rigorose ed esclusive, come si conviene a un compositore della sua statura: pena divenire in poco tempo, lui per primo, l’imitatore di sé medesimo.


Titolo: Il cavaliere oscuro – Il ritorno (The Dark Knight Rises)

Compositore: Hans Zimmer

Etichetta: WaterTower Music, 2012

Numero dei brani: 15
Durata: 51′ 20”


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Attualmente c'è 1 commento a questo articolo:

  1. RIccardo ha detto:

    Non molto d`accordo con il voto… seppur non eccelsa, la partitura zimmeriana per la conclusione della trilogia e` piu` che ottima a mio parere. Merita piu` di 2 e mezzo

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