Soundtrack: Under the Silver Lake di Disasterpeace
Roberto Pugliese, in collaborazione con Colonne Sonore – * * *
Per la colonna sonora di “Under the Silver Lake”, il suo bizzarro thriller interpretato da Andrew Garfield, il regista David Robert Mitchell si è affidato nuovamente a Richard Vreeland, in arte Disasterpeace, che già aveva musicato il suo film precedente, l’horror “It Follows”…
Una via di mezzo tra Ravel, la dodecafonia, il post-rock, eredità goldsmithiane e avanguardie storiche. Questo – e altro – è in sintesi il territorio in cui si muove il giovane Richard Vreeland, in arte Disasterpeace (modesto suggerimento: cambi nome d’arte), talentuosissimo newyorkese 32enne specializzato in “chiptune music”, ossia quella tecnica che permette di sintetizzare al computer fonti sonore di qualsiasi genere e provenienza, molto attivo nelle OST per videogiochi e rivelatosi anche nella musica filmica nel 2014 con la perturbante e riuscitissima score per l’horror sui generis It Follows di David Robert Mitchell. Questo tandem si ricompone ora per il nuovo, bizzarro thriller interpretato da Andrew Garfield, all’insegna di un deciso salto di qualità – e di quantità – per il musicista. Stavolta infatti ad affiancare Vreeland per una partitura di così ampie proporzioni si è schierato un piccolo esercito di orchestratori capeggiati da Kyle Newmaster (navigato autore di score per molti cortometraggi e documentari, nonché per l’horror Something Wicked), tutti impegnati in un’operazione molto ambiziosa, perché tenta di coniugare le caratteristiche di una partitura di vecchio stampo, quasi da anni 50, con continue svolte d’atmosfera, e fitta di episodi strumentali singoli, con una forte pulsione modernista, da cui discende una scrittura prevalentemente atonale o politonale: il tutto condito dalla perizia tecnologica dell’autore e da conseguenti irruzioni dei sintetizzatori.
L’impressione complessiva è, almeno inizialmente, forte e spiazzante, anche se il merito va probabilmente in larga parte a Newmaster & soci. L’inquietudine armonica spaesante di “The curse of Edendale” o “A junction” emerge dalle frasi intense e lunghe degli archi (molto bella quella che apre “Dependable as sunshine”), intervallate da brevi incisi del clarinetto e pronte a spezzarsi in tremoli allarmati o a lasciare il posto a incisi minacciosi degli ottoni con sordina. Interessante notare come lo stile compositivo di Vreeland sembri qui quasi rimandare all’instabilità tonale, quando non alla scrittura apertamente seriale, di certe partiture per gli horror della Hammer, come quelle firmate da James Bernard, non senza alcuni palesi effetti di mickeymousing: lo testimoniano la continua mobilità e versatilità degli scenari musicali immaginati, i repentini sbalzi d’umore (“Welcome to Purgatory” si apre con un valzerino alla Nino Rota con tanto di tromba solista, e finisce come pura horror music), in una parola la voluta frammentarietà del testo musicale, enfatizzata dalla brevità estrema di alcune pagine, che crea imprevedibilità e di conseguenza suspense molto efficace.
Le incursioni nell’avanguardia dodecafonica del ‘900, come la ficcante “Seventy-six” rispondono bene al vecchio dettato delle major hollywoodiane degli anni 40 e 50, che vedevano nel sistema adottato da Arnold Schönberg l’equivalente aggiornato del vecchio tritono, ossia il diabolus in musica: Vreeland infatti ne adotta i canoni con rigore accademico ma anche intuito psicologico notevoli, come dimostra l’assolo di clarinetto basso, sfuggente e maligno, che apre “A birdwatcher”, o quello di fagotto, dagli ancestrali richiami stravinskyani, seguito dal violino solo in “An escort”. E visto che prima si accennava alle Hammer score di Bernard, Martell e altri, “Dracula’s code” sembra un esemplare restyling di quei moduli compositivi, con il surplus di una ritmica palpitante, effetti elettronici vintage e di nuovo la tromba solista in una veste quantomai spettrale. La stessa tromba che, con sordina, in “An excursion in Griffith Park”, impegna con il clarinetto in un dialogo di nuovo del tutto atonale, che sfocia in un valzer surreale per pizzicati e synth.
Il vero principale problema della partitura di Under the Silver Lake è forse l’assenza di qualche idea portante e memorizzabile. Nel senso che un lavoro di queste proporzioni fatica a mantenere l’attenzione desta per un’ora e mezzo solo applicando una sorta di “strategia della provvisorietà”, per cui ogni brano sembra anticipare e preparare qualcosa che poi non arriva. Non è questione di inventarsi un talento leitmotivico che è come il coraggio di Don Abbondio: se non ce l’hai, non te lo puoi dare. Piuttosto si parla di una visione d’insieme che abbia almeno due o tre poli di riferimento e di espansione, oltre l’effetto – indubbiamente riuscito – di spiazzamento e incertezza che questa musica produce nell’ascoltatore, specie se ignaro del film.
Detta altrimenti, si apprezzano l’orchestrazione translucida e sinistra di “A blessed creature”, con quella maestosa intro degli ottoni, o i guizzi malevoli degli strumentini e i pianissimi in sovracuto dei violini in “Floating on the periphery” così come il cello solo e l’ostinato di legni e archi in “The centerfold”, non meno della sconsolata desolazione degli archi, ancora in una scrittura ambiziosamente atonale, di “Inconclusion”, dall’esito inaspettatamente e rumorosamente grandioso. Ma la sensazione complessiva è di una certa incompiutezza d’ispirazione, anche se sorretta da una freschezza timbrica, da una sottigliezza di dettagli e da una contemperazione di elementi acustici ed elettronici molto rare di questi tempi.
Resta da dire della piccola pattuglia di brani “esterni”, di cui un paio a firma R.E.M., coesi al racconto e fra i quali si nota in particolare “Never my love” dei leggendari Association, il gruppo californiano che spopolò negli anni 60, soprattutto per quella impressionante somiglianza – già segnalata a suo tempo – con il refrain di “Dimmi che non vuoi morire” di Vasco Rossi e Gaetano Curreri, lanciata da Patty Pravo…
Titolo: Under the Silver Lake
Compositore: Disasterpeace
Etichetta: Milan, 2018
Numero dei brani: 34 (29di commento + 5 canzoni)
Durata: 90′ 07”
Commenti recenti