"The Artist" di Michel Hazanavicius
Bim, 9 dicembre 2011 – Coraggioso
George Valentin è una stella di prima grandezza nella Hollywood del 1927, e come tale si comporta. L’avvento del sonoro lo coglie però impreparato, e la crisi del 1929 lo manda in bancarotta. Peppy Miller, che ha iniziato a recitare proprio grazie a lui, vorrebbe aiutarlo ma…
«Ci vogliono tante parole per raccontare la vita di un uomo», dice uno dei personaggi di Hurricane. A volte, però, al cinema bastano le immagini e la musica. E’ quello che deve aver pensato Michel Hazanavicius quando si è imbarcato in un progetto particolare e impegnativo come questo The Artist, prima acclamato e poi premiato al Festival di Cannes ma ben lontano dalle parodie televisive su cui il regista francese aveva costruito la sua carriera.
Col senno di poi, quella di realizzare un film muto e in bianco e nero per raccontare una storia ambientata all’alba del cinema sonoro può sembrare una scelta perfettamente logica, ma è una scelta sulla carta estremamente anti-commerciale e a conti fatti molto difficile da gestire dal punto di vista artistico. Non a caso la produzione ha deciso di riempire il cast con attori hollywoodiani di medio cabotaggio per aumentare l’appeal commerciale della pellicola, e non a caso le scene davvero memorabili sono tutto sommato poche, eppure è tutto il film a incantare e divertire.
Buona parte del trasporto emotivo che lo spettatore prova durante la visione è merito del protagonista Jean Dujardin, attore comico quasi mai visto sui nostri schermi ma perfettamente credibile come idolo delle folle cinematografiche di fine anni Venti. La parabola del suo personaggio è espressa perfettamente dalle rughe del suo volto e dall’ampiezza del suo sorriso, e chissà se – come George Valentin – anche lui avrebbe trovato insormontabili difficoltà a recitare così intensamente in un film parlato. Ed è proprio da questo tipo di riflessioni che nasce il plauso ad Hazanavicius, perché al di là del coraggio nel voler metter in piedi un simile progetto, il risultato finale dà proprio l’impressione di funzionare al suo meglio, dà l’impressione che niente avrebbe potuto funzionare se questo fosse stato un film normale. Avrebbe funzionato solo l’effetto nostalgia per gli appassionati di Cantando sotto la pioggia. Invece Hazanavicius ha realizzato un film capace di camminare sulle sue gambe, a prescindere da quanto lo spettatore conosca l’epoca e il cinema in cui è ambientato, e capace di stupire ed emozionare. Un film tutt’altro che perfetto, forse anche un po’ piacione, ma assolutamente riuscito.
Titolo: The Artist (Id.)
Regia: Michel Hazanavicius
Sceneggiatura: Michel Hazanavicius
Fotografia: Guillaume Schiffman
Interpreti: Jean Dujardin, Bérénice Bejo, John Goodman, James Cromwell, Penelope Ann Miller, Missi Pyle, Beth Grant, Ed Lauter, Joel Murray, Bitsie Tulloch, Ken Davitian, Malcolm McDowell, Basil Hoffman, Bill Fagerbakke, Nina Siemaszko
Nazionalità: Francia – Belgio, 2011
Durata: 1h. 40′
Molto bello: consigliatissimo!!
Visto. Anzitutto direi che sono d’accordo con la recensione e che il film mi è parso effettivamente riuscito.
Sono rimasto sorpreso dal fatto che per tutta la durata ero avanti al film di un minuto, nel senso che sono riuscito ad anticipare al 90% lo svolgersi della vicenda non solo in generale, ma anche nei dettagli ed in molte “gag”. Visto che sicuramente ciò non è dipeso (ahimè) dalla mia arguzia, presumo che il regista abbia volutamente descritto la storia rifacendosi al cinema più “semplice” e meno artefatto degli anni 20. Però quello che poteva rivelarsi come un limite del film alla fine è risultato essere un punto di forza, sorretto da una davvero grande interpretazione di Jean Dujardin e da Bérénice Bejo che si è rivelata un vero bijoux. Non credo sia stato facile per gli interpreti riuscire ad emulare il modo in cui gli attori recitavano negli anni 20, il risultato mi è parso in questo senso sorprendente, mentre, tornando alla vicenda, l’apparente ovvietà della sceneggiatura riporta ad un modo di fare cinema d’altri tempi, in cui naturalmente ciò che ora è l’ovvio… non lo era. Vi è comunque qualche piccolo inserto più “moderno” (l’incubo ad esempio) perfettamente integrato nel contesto.
Non so se davvero questo film meriti l’Oscar, comunque sia è singolare che assieme a “Hugo Cabret” vi sia stato un certo ritorno ad un cinema dai canoni così classicheggianti.
Personalmente lo consiglierei: una serata passata senz’altro emozionandosi come da recensione, una volta tanto senza bisogno di eccessi godendosi invece l’ “artistico” garbo.
pessimo!!!!!!
Non ho parole .Il niente,il vuoto e’ piu’ pieno di questa pseudo pellicola .Soldi buttati.Mai visto una regia e una sceneggiatura tanto prevedibile e scontata ,una delusione completa.Sono effettivamente sorpreso di cosi’ tanta attenzione intorno ad un prodotto che ha comunicato esclusivamente in una scena quella del sogno per il resto immagini retro’ scontate e irrilevanti ,penso che questa pellicola sia l’inizio della fine di holliwood con tutti i suoi oscars.
Davvero un bel film. Sono contento che si sia portato a casa la statuetta, anche se per me “Hugo Cabret” la meritava di più.
Bello sì, coraggioso anche, ma… troppo studiato a tavolino 🙁
Ho letto decine di critiche e di recensioni su questo film.
Non ne ho ancora trovata una che parli della incredibile prevedibilità e banalità della trama.
Direi che è una scelta assolutamente voluta: il film ripercorre il tipico sviluppo dei film drammatici dell’epoca, a parte l’ambientazione metacinematografica, e come tale non poteva presentare alcun tipo di sorpresa, nemmeno nelle gag. Pure i film di Buster Keaton sono prevedibili…
[…] CineFile.biz [Alberto Cassani] (Italian) […]
Film di sicuro ”furbetto” e piacione (non si sarebbe sennò accaparrato tanti premi alla mediocrità quali sono gli oscar), ma non per questo stupido o insulso come molti lo hanno descritto nei commenti precedenti. E’ un delicato omaggio alla settima arte, pregno di genuinità e di rimandi alla Hollywood di una volta, che non si esauriscono in una mera operazione estetica, ma anzi si rivelano attraverso tutta una serie di manierismi e di finezze che la maggior parte dei film di oggi (e la società stessa) hanno dimenticato. Una favola.
abbiamo bisogno anche di favole, il cinema è anche questo (sogno, sognare)