"Il padre" di Fatih Akin

Bim, 9 Aprile 2015 – Classicheggiante
Scampato quasi per miracolo al genocidio armeno del 1915, il fabbro Nazaret Manoogian si mette alla ricerca della famiglia dalla quale è stato separato, lottando allo stesso tempo per la propria sopravvivenza. Il suo viaggio lo condurrà in luoghi inaspettati…
L’idea del ritorno alle proprie radici come via per ritrovare se stessi è da sempre presente nel cinema di Fatih Akin, ma il suo nuovo film si muove su un percorso diametralmente opposto: il protagonista di Il padre è strappato con violenza dalle sue radici e dalla sua famiglia – il “taglio” del titolo originale – e per restituire un valore alla sua vita è costretto ad allontanarsi dal suo paese e dalle sue tradizioni. L’eterno ritorno appartenente al cinema dell’autore turco-tedesco s’interrompe, mostrando una nuova maturità stilistica e narrativa.
Le vicende di Nazaret, pur essendo frutto dell’immaginazione, sono molto vicine a quelle vissute da un’intera generazione di armeni, e dunque per la prima volta nella sua carriera Akin si trova a dover raccontare la Storia. Per farlo, il regista sacrifica parte della sua personalità al servizio della narrazione e dei personaggi, conferendo al film uno stile invisibile che lo fa assomigliare a un’epopea d’altri tempi.
Non si tratta dell’unica caratteristica che avvicina Il padre a un’opera del passato: il film si prende tutto il tempo necessario per tratteggiare il suo intreccio, e anche quando la narrazione entra nel vivo il ritmo resta armonioso e dettagliato. La sceneggiatura, scritta dal regista in collaborazione con il grande Mardik Martin, non tenta di strafare in scene madri e svolte clamorose, scegliendo invece di ancorarsi saldamente al punto di vista del protagonista.
Costretto per ragioni di trama a recitare per più di un’occasione solo con le espressioni del volto, Tahar Rahim fornisce una prova contenuta e convincente nei panni di Nazaret, disegnando un uomo comune, con aspirazioni e abilità ordinarie, alle prese con circostanze straordinarie: senza un protagonista altrettanto adatto, il film avrebbe perso gran parte della sua efficacia.
Anche l’uso che Akin fa del grande schermo richiama volutamente un tipo di cinema quasi estinto: il modo in cui le figure umane sono inquadrate in relazione all’ambiente, soprattutto nelle sequenze girate nel deserto, tende a mettere in risalto paesaggi smisurati evidenziando la piccolezza dei protagonisti. Questo conferisce all’opera una certa dose di maestosità, che contribuisce alla riuscita del prodotto.
Il padre – The Cut è dunque un kolossal come se ne vedono raramente, capace di emozionare il pubblico coinvolgendolo in un racconto romanzesco d’ampio respiro. Un’opera sentita, dura e toccante, che non si dimentica facilmente.
Titolo: Il padre (The Cut)
Regia: Fatih Akin
Sceneggiatura: Fatih Akin, Mardik Martin
Fotografia: Rainer Klausmann
Interpreti: Tahar Rahim, Simon Abkarian, Makram Khoury, Hindi Zahra, Kevork Malikyan, Bartu Küçükçaglayan, Zein Fakhoury, Dina Fakhoury, Trine Dyrholm, Arsinée Khanjian, Akin Gazi, Shubham Saraf, George Georgiou
Nazionalità: Germania – Francia – Polonia – Turchia – Canada – Italia, 2014
Durata: 2h. 18′
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