"The Humbling" di Barry Levinson
Ambi Pictures, ancora inedito – Accentratore
Un attore teatrale a fine carriera ha perso la voglia e forse anche il talento per fare il suo mestiere. Dopo un crollo psicologico si riprende anche con l’aiuto di una giovane ragazza. Decide quindi di riprovare a salire su un palco…
Un grande attore che interpreta un grande attore. Quando accade, diventa difficile distinguere il personaggio reale (Al Pacino) dal personaggio che vediamo muoversi sullo schermo (Simon Axler). Quanto c’è di reale in quello che vediamo? I dubbi, le perplessità, lo scoramento del personaggio sullo schermo, quanto coincidono con i sentimenti dell’attore che lo impersona? Quale che sia la risposta, il personaggio sullo schermo è reso con passione e veridicità dall’attore Al Pacino. I dubbi esistenziali sono plausibili, credibili e addirittura tangibili, soprattutto perché mischiati a malanni fisici che rendono Alex ancora più concreto.
Su questa impalcatura di base, la sceneggiatura non eccelsa di Buck Henry e Michal Zebede da un libro di Philip Roth costruisce una storia in parte plausibile (la stalker) in parte un po’ meno (la ragazza lesbica), sempre stravagante, ma mai eccessiva e inserisce intermezzi comici un po’ slegati dal resto della narrazione e forse poco consoni al tema generale del film ma comunque gustosi e che alleggeriscono un’atmosfera altrimenti cupa.
Le interpretazioni dei comprimari sono buone (più Kyra Sedgwick, meno Greta Gerwig), ma il mattatore, centro di ogni scena è Al Pacino. E’ evidente come tutto il film e il set siano al suo servizio. Dolente nella prima parte, innamorato, stanco e vecchio nella seconda e irato nel finale, il consumato attore hollywoodiano sembra “essere” il personaggio con una parte che – evidentemente – è stata scritta su misura per lui, con una esplosione di rabbia nel finale, nel momento topico del film, per dare la possibilità a Pacino di esprimersi nel suo “pezzo forte” (Francis Ford Coppola affermava che Pacino si divertisse molto a recitare le esplosioni di rabbia e che gli riuscissero particolarmente bene).
Ma se la parte artistica del film è pienamente convincente, lo è meno la parte tecnica: la sceneggiatura non convince sempre, il personaggio di Simon non è mai affascinante come gli altri dicono che dovrebbe essere (o almeno essere stato, ma di certo qui non c’è traccia di fascino) e la regia di Levinson è un po’ piatta e funziona davvero bene solo nelle scene comiche; nei lunghi monologhi sembra invece che si limiti a riprendere la superstar lasciando che sia lui a “fare il film” quasi che nella sceneggiatura ci fosse scritto «qui Pacino fa alcune considerazioni sulla fine della carriera di un attore» lasciando all’attore l’onere di improvvisare con la voce sempre roca e strascicata.
Un film incentrato sull’attore principale che ne è contemporaneamente la star e il motivo d’essere, un film interessante ma non riuscito appieno che lascia con il sospetto che più che per il pubblico, sia stato realizzato per il compiacimento del suo protagonista.
Titolo: The Humbling
Regia: Barry Levinson
Sceneggiatura: Buck Henry, Michal Zebede
Fotografia: Adam Jandrup
Interpreti: Al Pacino, Greta Gerwig, Nina Arianda, Barry Levinson, Dianne Wiest, Charles Grodin, Kyra Sedgwick, Dan Hedaya, Maria Di Angelis, Victor Cruz, Ricky Paull Goldin, Li Jun Li, Billy Porter, Katrina E. Perkins, Emily Dorsch, Karah Serine
Nazionalità: USA, 2014
Durata: 1h. 52′
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