"The Zero Theorem" di Terry Gilliam
Minerva, 7 Luglio 2016 – Attuale
L’ipocondriaco Qohen Leth lavora per un’azienda di nuove tecnologie. La sua richiesta di lavorare da casa sarà esaudita con un incarico inaspettato: dimostrare un teorema matematico che potrebbe svelare il senso della vita…
A quasi trent’anni di distanza da Brazil, Terry Gilliam torna a servirsi di un futuro distopico per narrare i problemi e le idiosincrasie del mondo contemporaneo. Se il film del 1985, realizzato negli anni di Ronald Reagan e Margaret Thatcher, utilizzava un’ambientazione orwelliana per raccontare come un governo repressivo possa soffocare l’individualità, The Zero Theorem vuole invece dipingere una società i cui membri sono in grado di comunicare tra loro solo tramite ritrovati tecnologici: un mondo apparentemente interconnesso, ma nel quale regnano incomprensioni e incomunicabilità.
Proprio per l’argomento scelto, si tratta di un film ben più derivativo rispetto ai primi lavori del regista angloamericano, ma non per questo meno capace di destare interesse: merito di una sceneggiatura intelligente e mai banale, e di una regia che, semmai ce ne fosse stato bisogno, conferma nuovamente il talento visionario dell’autore e la sua capacità di costruire un’opera anarchica e fuori dagli schemi senza per questo infrangere le convenzioni del linguaggio cinematografico.
Il cinema di Gilliam è sempre stato costruito su grandi personaggi, il più delle volte sognatori costretti a fare i conti con la dura realtà. Al centro di The Zero Theorem troviamo invece un protagonista che ha smesso di sognare e sperare da molto tempo, che si aggrappa alle illusioni del passato per sopravvivere al presente (il suo percorso, in qualche modo, può essere visto come un ribaltamento di quello vissuto dal Sam Lowry di Brazil): nei panni di questo complesso personaggio, troviamo un convincente Christoph Waltz, mai così camaleonticamente lontano dai suoi exploit tarantiniani. Attorno a lui un interessante cast di contorno, in cui emergono la sensuale Melanie Thierry e il giovane Lucas Hedges.
Gilliam sembra divertirsi particolarmente nel disegnare questo mondo caotico e rumoroso, governato dall’ordine ma dominato dal caos. Il regista si affida ai soliti fidati collaboratori – tra cui il brillante direttore della fotografia Nicola Pecorini – per dare forza alla sua visione, riuscendo a costruire una realtà credibile seppure caricaturale e grottesca.
The Zero Theorem è dunque un’opera che, pur non distinguendosi per originalità, riesce a riflettere intelligentemente su una tematica assolutamente attuale, catturando il pubblico con un linguaggio vivo e uno stile pungente.
Titolo: The Zero Theorem – Tutto è vanità (The Zero Theorem)
Regia: Terry Gilliam
Sceneggiatura: Pat Rushin
Fotografia: Nicola Pecorini
Interpreti: Christoph Waltz, David Thewlis, Mélanie Thierry, Lucas Hedges, Matt Damon, Ben Whishaw, Tilda Swinton, Sanjeev Bhaskar, Naomi Everson, Emil Hostina, Tudor Istodor, Madison Lygo, Radu Andrei Micu, Olivia Nita, George Remes
Nazionalità: Regno Unito – Romania, 22013
Durata: 1h. 47′
Ogni tanto ci vuole un film così, per ricordare quanta “magia” può avere un’opera cinematografica.
Per me, intenso e bellissimo.
Che stile… da oggi sono un fan di Nicola Pecorini.
E’ riuscito a realizzare alcune delle più posticce ambientazoni Gibsoniane , complimenti davvero!
Conoscendo lo stile di Gilliam sapevo a cosa andavo incontro: non mi ha particolarmente appassionato nè tantomeno interessato.
D’accordo, comunque, con quello enunciato in recensione riguardo la tematica del film.
Buone prove attoriali e fotografia azzeccata.