"Tulpan" di Sergei Dvortsevoy
Pietro Salvatori, 15 Aprile 2009: Tipico |
Bim, 24 Aprile 2009
|
Dopo aver assolto il servizio militare, il giovane Asa torna nella steppa kazaka a far vita da nomade. Per poter iniziare a fare il pastore si deve prima sposare, ma la sua unica speranza è Tulpan, a cui però lui non piace perché pensa che abbia delle orecchie troppo grandi…
Visto che non ci legge nessuno e che siamo tra amici, diciamoci pure la verità: i film mongoli, kazaki, uzbeki, della Russia asiatica e via discorrendo ci hanno un po’ stufato. O meglio ci ha stufato quel film che, sotto le spoglie di un’operazione di fiction nasconde in realtà velleità documentaristiche di racconto (se non di denuncia) della condizione di povertà, di difficoltà, di disagio in cui si trova la popolazione della steppa del cuore dell’Asia, tentando di comunicare, attraverso la propria alterità culturale ma anche tramite la fattura di pellicole sempre pacate, misurate, trattenute fino a rischiare la noia, una sorta di “empatia della diversità” che tanto va di moda nei circoli liberal e salottieri dell’Occidente, soddisfatti di versare l’obolo di turno in un anonimo conto corrente per salvare il proprio pezzettino di mondo. Intendiamoci, Tulpan non è un brutto film. Anzi, probabilmente è proprio una pellicola notevole, tale da meritarsi il prestigioso Un certain regard all’ultima rassegna di Cannes.
Alla sua prima opera di finzione narrativa dopo una serie di notevoli documentari, il kazako Sergei Dvortsevoy, una formazione cinematografica conseguita a Mosca, racconta la storia della strana accettazione da parte dei pastori dell’ottava nazione del mondo per estensione, con una popolazione di quasi quattro volte inferiore a quella italiana, della propria condizione disagiata, tra pascoli sterminati senza soluzione di continuità, una vita nomadica imprigionata negli stretti confini che gli impone il nuovo regime sostituitosi a quello sovietico. In particolare, la storia è quella di Asa, un giovane tornato dal servizio militare in marina (dice di aver servito nella flotta del Pacifico, e ci auguriamo che sia un errore di traduzione, denotando altrimenti una scarsa conoscenza della geografia da parte dello sceneggiatore) che è costretto a sposare, perchè il governo gli permetta di avere un gregge tutto suo, l’unica ragazza presente nel raggio di chilometri, Tulpan per l’appunto. L’unico piccolo problema è che lei, di fare la contadina, non ha intenzione alcuna…
Il film di Dvortsevoy, come dicevamo, non è brutto, anzi. Il problema è che come costruzione e senso generale è esattamente uguale a quei due/tre film all’anno che arrivano in Italia da quel piccolo angolo di mondo. E sarà anche politicamente scorretto sostenerlo, ma dei quali, a lungo andare e dopo reiterati flop al botteghino, non se ne sente troppo il bisogno. Certo è che i pochi intenditori, troveranno dell’ottimo pane per i loro denti.
Titolo: Tulpan – La ragazza che non c’era (Tulpan)
Regia: Sergei Dvortsevoy
Sceneggiatura: Sergei Dvortsevoy, Gennadi Ostrovsky
Fotografia: Jolanta Dylewska
Interpreti: Askhat Kuchinchirekov, Samal Yeslyamova, Ondasyn Besikbasov, Tulepbergen Baisakalov, Bereke Turganbayev, Nurzhigit Zhapabayev, Mahabbat Turganbayeva
Nazionalità: Kazakistan – Russia, 2008
Durata: 1h. 40′
Commenti recenti