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Tutti giù per terra di Davide Ferrario

15 dicembre 2015 Recensioni 0 Commenti
Tutti giù per terra

Medusa, 18 Aprile 1997 – Alienato

Torino, anni 90. Walter è un giovane disoccupato che tenta di farsi strada nel mondo del lavoro, con tanti sogni ma poca convinzione. Iscritto all’università ma senza aver sostenuto esami, tenta le vie del servizio civile e dei concorsi pubblici, in un’Italia decadente alle soglie del nuovo millennio…


Una scena di Tutti giù per terraEpisodio raro, trovare nel panorama italiano un film come Tutti giù per terra, opera che trova la sua ragion d’essere soltanto se inserito nel decennio transitorio che lo ha partorito. Il terzo film diretto da Davide Ferrario si ispira all’omonimo romanzo di Giuseppe Culicchia, datato 1994, e racchiude in meno di un’ora e mezza il bizzarro e sgangherato disagio adolescenziale tipicamente anni 90.

Valerio Mastandrea e Carlo Monni in Tutti giù per terraWalter (Valerio Mastandrea) è un ventiduenne che cammina per le strade di una plumbea Torino parlando direttamente allo spettatore mediante l’abusato strumento della voce fuori campo. Il suo linguaggio è sincero, scarno; è il linguaggio di un ragazzo sospeso nel limbo post-adolescenziale, incapace di scegliere seriamente la sua strada. Sfiduciato, in primis dal padre, Walter intraprende un’odissea svogliata e senza speranza alla ricerca di un impiego, confrontandosi con la grottesca realtà italiana, popolata da personaggi disperati, grotteschi e spesso anacronistici. Il protagonista di Tutti giù per terra è un alieno inadatto al mondo, che per inerzia si trascina stancamente in un vortice di impieghi temporanei, senza pensare né al futuro né alla sicurezza. Mastandrea infonde un’aria stralunata e disincantata, che marca in profondità il personaggio, collocandolo in dimensione separata da tutto quello che lo circonda.

Valerio Mastandrea e Anita Caprioli in Tutti giù per terraLa regia confeziona con decisione lo stile del film tramite virtuosismi convulsi e acrobazie da capogiro, evitando a tutti i costi la stasi e la banalità. L’apatia è scandita dalle musiche dei CSI (presenti anche in un cameo), Ustmamò e Marlene Kuntz, sempre presenti e spesso invadenti, ma che conferiscono un ritmo frenetico e marziale alle curiose vicende di Walter. Tra ralenti e sequenze accelerate, si cerca di fari di tutto per confondere lo spettatore, varcando spesso la soglia del videoclip, universo cui l’opera è strettamente legata e tramite il quale riesce a esprimere la sua vera natura anarchica. Nonostante il panorama sia nerissimo, Ferrario vira spesso verso il sorriso beffardo e amaro di chi non vuole prendersi sul serio, regalandoci una commedia cupa, grezza, palesemente imperfetta, ma autentica.

Torino è una città invisibile, multietnica, in cui pullulano i più svariati accenti della penisola, a tratti fredda e decadente. Una sorta di specchio dell’Italia di quegli anni, emblema dell’incertezza e della sfiducia. Un’Italia immatura, proprio come l’indeciso Walter.


La locandina di Tutti giù per terraTitolo: Tutti giù per terra
Regia: Davide Ferrario
Sceneggiatura: Davide Ferrario
Fotografia: Giovanni Cavallini
Interpreti: Valerio Mastandrea, Carlo Monni, Benedetta Mazzini, Caterina Caselli, Adriana Rinaldi, Luciana Littizzetto, Gianluca Gobbi, Roberto Accornero, Anita Caprioli, Tommaso Ragno, Sergio Troiano, Tina Venturi, Antonella Barrasso, Alessandra Casella, Andrea Moretti
Nazionalità: Italia, 1996
Durata: 1h. 31′


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