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"12 anni schiavo" di Steve McQueen

21 febbraio 2014 Recensioni 41 Commenti
Oscar per il miglior film

Bim, 20 febbraio 2014 – Bilanciato

1841: Solomon Northup è un affermato musicista e padre di famiglia. La sua vita di colpo sprofonda in un incubo quando viene sequestrato e venduto come schiavo. Per dodici interminabili anni Solomon rimarrà sepolto sotto un’altra identità, quella di un uomo senza alcun diritto…


Chiwetel Ejiofor in 12 anni schiavoPrevedibilmente inserito tra i principali candidati nella corsa ai prossimi Oscar, 12 anni schiavo è una pellicola che vuole (deve) essere tante cose insieme, e con qualche sacrificio ci riesce. In prestito a Hollywood, Steve McQueen realizza il suo film meno interessante, piegandosi in parte alle esigenze della produzione, ma riesce a far sentire comunque la sua personalità per quasi tutta la durata del racconto, il che è un bene. Quello cui ci si trova ad assistere è, nella sostanza, melodramma allo stato puro, nella linearità della struttura narrativa, nel manicheismo dei personaggi, nei toni forti e talvolta retorici di cui sono impregnati i dialoghi. Un terreno potenzialmente letale per qualsiasi produzione contemporanea.

Lupita Nyong’o e Chiwetel Ejiofor in 12 anni schiavoIl regista inglese ne è consapevole, e sceglie di farci assistere non tanto alla storia di Solomon Northup quanto a quella di Platt, l’alter ego del protagonista sotto il giogo della schiavitù, trattando i 12 anni del titolo come un perfetto ciclo della vita alla rovescia. La vita di Platt inizia con una veste bianca, in una stanza buia in modo irreale, da cui il poveretto verrà tirato fuori con la forza, per iniziare un’esistenza infernale. Questa analogia viene ribadita in numerosi altri momenti, a segnare le tappe dello sviluppo di una coscienza alternativa alla ragione e del tutto sottomessa alle logiche dello schiavismo. È in questa chiave di lettura che si ritrovano le atmosfere dei precedenti film di McQuenn, quelle soffocanti della lotta dell’individuo contro se stesso, prima ancora che contro il mondo circostante.

Chiwetel Ejiofor in 12 anni schiavoAl centro di tutto c’è ovviamente l’ottima interpretazione di Chiwetel Ejiofor, capace di reggere con fierezza lo sguardo della macchina da presa dall’inizio alla fine. Altrettanto senza incertezze è la sua principale nemesi, un Michael Fassbender feroce ma non del tutto privo d’umanità. Intorno a loro un cast all’altezza, fatta eccezione per lo scialbo cameo di Brad Pitt, anche produttore. Senza una recitazione di buon livello non sarebbe stato possibile, per il regista, far funzionare i lunghi piani sequenza che racchiudono le scene più emozionanti di un racconto che proprio sulle reazioni più elementari del pubblico punta tantissimo.

Michael Fassbender e Sarah Paulson in 12 anni schiavoAndando al di là del tema impegnato che porta con sé, 12 anni schiavo farà probabilmente discutere molto dal punto di vista cinematografico. È vero che si tratta di un piccolo passo indietro per il percorso di un autore notevole, e che a una prima analisi ci si trova davanti proprio tutto quello che ci si aspetterebbe dalle premesse; tuttavia si tratta di un titolo di grande solidità, con una messinscena di qualità invidiabile e capace di offrire delle letture più che stimolanti. Basta voler andare al di là della superficie.


La locandina di 12 anni schiavoTitolo: 12 anni schiavo (12 Years a Slave)
Regia: Steve McQueen
Sceneggiatura: John Ridley
Fotografia: Sean Bobbitt
Interpreti: Chiwetel Ejiofor, Michael Fassbender, Benedict Cumberbatch, Paul Dano, Garret Dillahunt, Paul Giamatti, Scoot McNairy, Lupita Nyong’o, Adepero Oduye, Sarah Paulson, Brad Pitt, Michael Kenneth Williams, Alfre Woodard, Chris Chalk, Taran Killam, Bill Camp
Nazionalità: USA – Regno Unito, 2013
Durata: 2h. 13′


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Attualmente ci sono 41 commenti a questo articolo:

  1. Giuseppe ha detto:

    Io mi chiedo se chi recensisce questi film li veda in lingua originale, altrimenti sulla recitazione degli attori non può dire assolutamente nulla. Dovrebbe, in realtà, elogiare la mimica e la gestualità degli attori e la recitazione vocale dei loro rispettivi doppiatori… Questa cosa me la sono chiesta sempre, per ogni recensione fatta qui in Italia.

  2. Alberto Cassani ha detto:

    Non sono d’accordo, però lo sono stato a lungo. E’ vero che la modulazione della voce è importante, ma un grande attore riesce a superare il filtro del doppiaggio e rendere ovvio con la mimica ciò che sta facendo con la voce. Il film che mi ha fatto cambiare idea è stato “Hurricane”, in cui Denzel Washington è doppiato con voce troppo impostata ma quasi non te ne accorgi perché il lavoro di caratterizzazione che ha fatto va bene al di là del modo in cui vengono pronunciate le battute, e riesce quindi a meravigliare ugualmente. Peraltro la stessa distinzione che tu suggerisci bisognerebbe farla anche quando si vedono film in originale in lingue che conosciamo oppure no: io posso riconoscere accenti e intonazioni in inglese, ma non certo in cinese, e quindi in questo caso la lingua originale mi aggiunge ben poco. Poi è ovvio che ci sono casi in cui la recitazione vocale è tutto e il doppiaggio ci impedisce di valutare anche solo minimamente la prestazione di un attore, vedi il Tony Todd di “Candyman” o il protagonista di “E Johnny prese il fucile”.

    Il discorso sul doppiaggio è complesso, e tutto sommato tutti i punti di vista sono validi. Resta il fatto che in Italia i film escono doppiati e così vengono (per la maggior parte) visti dai nostri lettori. Personalmente ritengo sia importante recensire la stessa versione che poi i lettori vedono, proprio perché spesso c’è grande differenza tra versione originale e doppiata, ma so che moltissimi colleghi la pensano all’opposto. Ad ogni modo è un argomento su cui pensavo di ritornare tra qualche settimana con un articolo apposito, proprio perché si presta a mille analisi diverse.

  3. Enrico Sacchi ha detto:

    Per quanto anch’io preferisca sempre o quasi la traccia audio originale, sono dello stesso parere di Alberto: è vero che il doppiaggio influisce molto, ma non può pregiudicare del tutto un giudizio.
    Comunque, per il caso specifico, posso dire che “12 anni schiavo” l’ho visto nella cersione originale con i sottotitoli.

  4. Enrico Sacchi ha detto:

    “Versione”, ovviamente. Scusate.

  5. Giuseppe ha detto:

    Eh, ragazzi miei! Come si vede che non siete del mestiere! La voce di un attore quando recita cambia eccome le cose! Le stravolge, può affossare o rendere valida ogni singola interpretazione! Qualche esempio?
    Ci sono attori che qui hanno avuto una fama enorme che, se ascoltati in lingua originale, avrebbero fatto impallidire chiunque. Tipo: Brad Pitt, Johhny Depp, Kevin Costner, o i famosi bellocci di hollywood di tanto tempo fa. Il doppiaggio li ha aiutati non poco a rendere interessanti, e addirittura rimarchevoli, interpretazioni men che mediocri. Al contrario, ci sono attori che sono stati letteralmente uccisi dai doppiatori, come ad esempio Robin Williams, oppure vi ricordate quando De Niro, Pacino, Stallone e Hoffmann avevano la stessa voce e lo stesso stile recitativo? Mi spiace, ma quando si guarda un film doppiato in ogni caso, SEMPRE, si sta guardando qualcosa di artefatto È vero, è lo stesso che il pubblico guarda in sala, ma è il concetto che è sbagliato. E comunque, lode a Enrico Sacchi che ha visto il film in “cersione” orignale. Essendo dell’ambiente, ti assicuro che ben pochi lo fanno.

  6. Alberto Cassani ha detto:

    In realtà sono alcuni anni ormai che la maggior parte delle anteprime stampa prevedono la proiezione in lingua originale sottotitolata (tra cui appunto quella di “12 anni schiavo”). Questo perché i distributori non si fidano di noi e vogliono impedirci di registrare il film dalla sala per poi metterlo online. Sembra una barzelletta ma è tragicamente vero. A volte ci requisiscono persino i cellulari, da tanto non si fidano.

    A parte questo, e al di là anche del fatto che penso che un critico cinematografico faccia comunque parte “dell’ambiente” come gli altri addetti ai lavori (però è vero che ci sono critici che non capiscono nulla di cinema e di produzione cinematografica), non abbiamo negato che ci sia differenza tra la versione originale e quella doppiata. Anzi, il tuo è un discorso che si può allargare anche alla sceneggiatura e ai suoi dialoghi, che sono adattati alle necessità del doppiaggio e spesso proprio cambiati per motivi culturali (o arbitrari, ma questo è un altro discorso). E’ proprio per via di questa differenza che io ritengo più importante vedere la versione che vede il pubblico rispetto a quella originale. L’esempio che faccio sempre a questo riguardo è con la versione originale di una canzone e una sua cover: non posso recensire il disco con la cover se ho sentito solo la versione originale, e visto che in uscita c’è la cover, di quella il lettore si aspetta che io scriva. Sbagliato o no come concetto, il doppiaggio c’è e dobbiamo averci a che fare.

    Peraltro, ti contesto parzialmente un’altra parte del tuo discorso. Tu dici che il doppiaggio ha fortemente aiutato attori come Pitt, Depp e Costner. E’ probabilmente vero che le loro voci italiane iniziali fossero più piacevoli di quelle vere (francamente non ricordo assolutamente i primi doppiatori di Brad Pitt, ad esempio), ma stiamo parlando di tre attori che sono diventati star enormi in tutto il mondo, quindi senza l’aiuto del doppiaggio. E dunque il doppiaggio in cosa avrebbe aiutato la loro carriera, se hanno avuto lo stesso successo anche dove non si usa? Dubito che sarebbero diventati star ovunque tranne che da noi perché hanno una voce fastidiosa (Costner soprattutto, insopportabile)…
    Invece sono pienamente d’accordo quando critici il fatto che attori diversi abbiano la stessa voce e quindi lo stesso stile recitativo. E’ una cosa che odio profondamente, e secondo me è il problema più grande del doppiaggio cinematografico: impedire allo spettatore di riconoscere un attore solo dalla voce, perché ha la stessa voce di cento altri.

    Comunque, come ho detto nel primo messaggio, per quanto se ne perdano le sfumature è quasi sempre possibile afferrare la portata di un’interpretazione nonostante il doppiaggio. Prendiamo ad esempio il Kevin Spacey di “American Beauty”: il doppiaggio italiano aggiunge molta vivacità alla sua recitazione atona e smorta, eppure non cancella la grandezza del suo lavoro e ci permette tranquillamente di affermare che sia stato bravissimo. In fondo fa parte del nostro lavoro, saper valutare anche queste piccole (?) cose prendendo in considerazione tutti gli elementi che compongono un film: così come si riesce a capire se una scena di suspense funziona soprattutto grazie alla musica o al montaggio, si può anche capire se un attore è bravo o no nonostante il doppiaggio. Non sempre, certo, ma neanche mai.
    Un critico letterario serio è in grado di capire se un libro è scritto bene o no pur leggendo la versione tradotta, perché è in grado di capire (soprattutto se conosce la lingua originale) in quali passaggi la traduzione toglie o aggiunge, anche se non ha mai letto la versione originale; allo stesso modo, il bravo critico cinematografico è in grado di notare quanto il doppiaggio “filtri” l’interpretazione dell’attore. Questo ovviamente se adattamento e doppiaggio sono fatti bene, e purtroppo negli ultimi anni ci si imbatte sempre più spesso in adattamenti sgrammaticati e doppiaggi fatti in fretta e furia. Ma appunto, quando capita ce ne accorgiamo.

  7. Giuseppe ha detto:

    Non voglio fare polemica perché non credo che sia questa la sede, Alberto, ma devi anche riconoscere che il doppiaggio s’è preso spesso e volentieri delle grandi libertà. Hai ragione: avendo lavorato come doppiatore, ho visto come opera la censura qui in Italia, con battute volutamente e artatamente cambiate per non creare imbarazzi, oppure ho assistito ad adattamenti al limite dell’arresto grammaticale, ma ci sono degli attori che sono stati letteralmente reinventati per il pubblico italiano. Ti faccio l’esempio di Eddie Murphie, attore di cui il compianto Accolla ha inventato tutto un altro stile recitativo appioppandogli addirittura una risata che egli effettivamente non possedeva. Murphie resta un comico molto dotato, ma da noi è stato soltanto un viso. Ma ci sarebbero decine e decine di esempi da citare!
    Giustamente voi dovete recensire il film che il nostro pubblico andrà a vedere effettivamente in sala, ma parlare di grande o scialba recitazione laddove si vede solo un tizio/a che si muove parlando con un’altra voce… beh, ci vuole davvero una grande capacità per scindere le due cose. Intendiamoci, non è mica detto che voi non ci riusciate! Dico solo che personalmente trovo il sistema piuttosto fastidioso e, soprattutto, trovo il pubblico italiano troppo pigro e viziato. In genere, quando sento frasi, tipo: “Superba interpretazione di….”, oppure “Quell’attore non si poteva ascoltare!”, mi viene da sorridere amaramente.

  8. Alberto Cassani ha detto:

    Ma no, assolutamente nessuna intenzione di far polemica…

    Ad ogni modo non c’è dubbio che spesso, o comunque troppo spesso, l’adattamento e il doppiaggio cambino arbitrariamente le carte in tavola. Ma io personalmente sono propenso ad accettare questi cambiamenti se sono giustificati da motivi culturali, come ad esempio il voler rendere più comprensibile un riferimento a qualcosa che da noi è sconosciuto (come il famoso Levi Strauss di “Ritorno al Futuro”, o l’accento tedesco invece che belga de “La cena dei cretini”), è una cosa che alle volte faccio anch’io quando traduco (omicidio di primo grado con me diventa sempre omicidio premeditato e le miglia diventano chilometri). Invece trovo vergognoso quando lo si fa per non infastidire qualcuno (non ricordo in quale film di pochi anni fa fu cancellato un riferimento a Berlusconi, che peraltro non veniva neanche citato apertamente), e trovo abbastanza fastidioso quando si cambiano le battute perché una traduzione corretta “non sarebbe divertente” (o altro, a seconda della situazione). E’ ovvio che questo genere di correzioni le si avverte solo se si vede un film in entrambe le lingue: io mi sono accorto per puro caso che i dialoghi di “Harvey” in italiano sono censurati, perché ho cambiato lingua per sentire com’era una battuta in originale e mi sono trovato un dialogo completamente diverso (a quel punto mi sono visto tutto il film in italiano coi sottotitoli in inglese apposta). Invece gli orrori linguistici li si avverte eccome… Tra l’altro io ho notato negli ultimi anni l’abitudine a usare un italiano più semplice rispetto al passato: ho rivisto alcuni cartoni animati di quand’ero bambino e c’erano tempi verbali complessi e frasi lunghe, oggi anche in film e telefilm è quasi sempre tempi semplici e parole le più banali possibile. E a pensarci è una cosa che mi ha dato abbastanza fastidio. Poi ci sono i doppiatori (ma anche gli attori!) che non riescono a cancellare totalmente il loro accento o le loro abitudini linguistiche, e non capisco se lo fanno apposto o non se ne rendono conto: ieri ho visto “Ida”, un bellissimo film polacco che racconta la ricerca della tomba di una famiglia ebrea uccisa durante la guerra, e non c’è stata una volta in cui la parola “ebrei” fosse pronunciata con una B sola invece che due…

    Comunque, che il pubblico italiano sia pigro e viziato non c’è dubbio. Io sono fermamente convinto che senza il doppiaggio cinema e televisioni in Italia chiuderebbero all’istante (a parte che ovviamente il doppiaggio sarebbe comunque necessario nei programmi per bambini piccoli). Però trovo che, non solo ad un critico ma anche ad uno spettatore attento, cosa il doppiaggio stia aggiungendo o togliendo è spesso abbastanza evidente. Spesso ma non sempre, certo. Ma ad esempio, gli spettatori più scaltri e i critici degli anni 70 si rendevano perfettamente conto che Ornella Muti non sapeva recitare nonostante l’impegno delle sue doppiatrici (ma non lo scrivevano perché lo star system…). Lo stesso lo si può notare oggi: i primi doppiatori di Tom Cruise possono aver aggiunto quello che vogliono, ma che era un incapace era evidente comunque. Poi è chiaro che le sfumature invece si perdono. Ed è vero che per certi tipi di attore (comici soprattutto) il doppiatore è tutto: oggi hai citato Eddie Murphy e l’altra volta Robin Williams, che essendo innanzitutto cabarettisti usano la voce in maniera particolare e che da noi si è preferito doppiare in un altro modo (però non è che Murphy non abbia/avesse una risata particolare, è solo che è diversa da quella di Accolla: http://www.youtube.com/watch?v=X37m2AyuoKs). In questi casi sì che il doppiaggio ci rende impossibile valutare la portata della loro interpretazione, ma per esperienza mi sento di dire che in genere è molto più semplice capirlo di quanto non sembri. Poi, certo, io ho una lunga sequenza di interpretazioni stroncate che poi sono arrivate fino all’Oscar o quasi…

    (Ogni messaggio scrivo sempre di più! La prossima volta ti rispondo a monosillabi…)

  9. Giuseppe ha detto:

    Scherzi? Mi piace leggerti, anzi… Da questo punto di vista non ho nulla da obiettare! Hai fatto un’analisi nuda e cruda della realtà, senza fronzoli e centrando i punti chiave. E sono perfettamente d’accordo con te. Anche se, guardando ormai tutto in lingua originale, mi sono accorto come anche gli stessi dialoghi inglesi, o francesi, siano decisamente più semplici e meno ricercati. Credo che sia un fattore comune: si sta andando verso una paurosa semplificazione della lingua in generale, dappertutto. Non solo nel doppiaggio, ma anche nella televisione e, ahimé, nella letteratura. Evidentemente più facile e meglio! Mala tempora currunt, amico mio!!!

  10. Giuseppe ha detto:

    Più facile È meglio…. Critico e poi faccio errori anch’io!!! Perfetto!

  11. Alberto Cassani ha detto:

    In effetti probabilmente hai ragione, non è tanto il doppiaggio quanto i dialoghi veri e propri, ad essere più semplici. Non mi è mai capitato di poterlo fare, ma sarebbe interessante vedere un film classico che è stato ridoppiato recentemente, quanto è cambiato: prima in originale, poi col primo doppiaggio e poi con quello moderno. Al di là delle voci, proprio per vedere com’è cambiato il linguaggio (e com’era stato cambiato all’epoca).
    Però è un peccato che, di solito, da noi si rinunci in partenza a portare nel doppiaggio alcune inflessioni del linguaggio originale: mia madre guarda la serie di Poirot di una decina d’anni fa, e mentre tutti parlano in italiano perfetto Poirot, essendo belga, parla con accento francese. E’ evidentemente un modo per rendere in italiano il modo diverso di parlare che il personaggio ha, ma oggi non provano neanche una cosa del genere: il protagonista di “Endgame” è un russo che in originale parla con un forte accento ma in italiano parla come tutti gli altri. Questo trovo sia un appiattimento molto grave.

  12. Plissken ha detto:

    Non essendo del mestiere e nemmeno un Critico, mi sforzerò di rappresentare la canonica “maggioranza silenziosa”.

    Anche se personalmente non sono per nulla contrario ai film in lingua originale sottotitolati (un mio amico croato ha imparato la nostra lingua guardando la tv…) va specificato che il doppiaggio in sé non è necessariamente una cosa negativa; se esistono i casi che palesano il contrario, vi sono esempi in cui sopperire alla mancanza di una buona pronuncia o dizione di un attore mediante l’apporto di un professionista rende alla fine il lavoro migliore di quanto non sia nell’originale. E’ ovvio che se man mano che andiamo avanti i produttori/distributori continuano a lesinare in fase di doppiaggio, la professionalità si perde; le due “b” di “ebbreo” sono solo uno dei tanti esempi che dimostrano come ciò che anni fa era tollerato… oggi lo è ancora, ma questa è una mancanza peculiare degli studi di doppiaggio che non dovrebbe a priori intaccare il concetto stesso del mestiere.

    Riguardo le varie censure-manipolazioni e l’impoverimento nella terminologia si può forse pensare che tale problema troverebbe soluzione mediante i sottotitoli? Certo che no… anche quelli possono essere artefatti ed anzi, probabilmente in taluni casi necessiterebbero di una maggiore sintesi a scapito della ricchezza lessicale.
    Visto che ritengo improbabile che si possa insegnare a tutti gli italiani l’inglese più un’altra quarantina di lingue per visionare i film in “lingua originale” mi sembra che la questione sia di lana caprina. Inoltre, va considerato che non tutti (o per natura o perché non ci vedono benissimo o perché nei libri guardano solo le figure…) sono velocissimi nel leggere; ciò significa che per ascoltare l’originale “voce” dell’attore e la sua inflessione dello Yorkshire senza tra l’altro capirci una mazza, perderebbero parti visive magari preziose e dettagli importanti in quanto “impegnati” nella lettura. Quindi volendo essere pignoli, un rovescio della medaglia ci può essere nell’imporre al pubblico film in lingua originale, film che, va detto, non sono concepiti in origine per i “sub”.

    Il discorso inerente la pigrizia del pubblico -italiano- mi sembra un po’ forzato e proveniendo da “gente dell’ambiente”, un tantino superficiale, visto che possiamo constatare ad esempio come per l’evolutissimo e solerte “pubblico americano” i film stranieri non vengano doppiati… ma rifatti interamente per il proprio mercato, altrimenti non se li c*ga nessuno. Oltre a ciò, è proprio la “gente dell’ambiente” che ha abituato la massa al doppiaggio delle pellicole, ma almeno ha potuto tirar su famiglia, di disoccupati ce ne sono già troppi.

    Scusate “ragazzi miei”… forse ho mangiato troppo piccante?

    😉

  13. Alberto Cassani ha detto:

    Plissken, non fare l’errore di pensare che se un difetto è comune anche ad altri allora non è un difetto: il fatto che pure gli americani siano pigri non vuol dire che noi non lo siamo. I problemi “logistici” dei sottotitoli sono diversi, non ultimo la vista degli anziani (soprattutto in tv ma non solo), ma la volontà di molti ragazzi di non sbattersi durante la visione di “GI Joe” ha il suo bel peso. Al di là che come dici giustamente tu, a vedere un film in una lingua che non si conosce si perde ancora di più che a vederlo doppiato.

    Purtroppo negli ultimi anni la qualità media del doppiaggio è andata peggiorando enormemente. Le registrazioni si fanno più in fretta e, a quanto mi dicono, spesso con un solo attore alla volta. Il che vuol dire che finisce per mancare il trasporto di un dialogo e che se qualche parola non è pronunciata perfettamente va bene lo stesso. Poi i “romanismi” in pratica ci son sempre stati, perché è più difficile riconoscere un’inflessione locale per chi viene da quella località, il che vale anche per i modi di dire (il romano “mi manda ai pazzi” invece dell’italiano “mi fa ammattire”). Però spesso si sentono cose orrende anche in produzioni importanti e quindi presumibilmente più curate. Ma il pubblico se ne accorgerà?

  14. Plissken ha detto:

    Forse mi sono espresso male: non intendevo dire che il pubblico non sia pigro, ma che (ci metterei la mano sul fuoco) lo è in qualunque paese, non solo in Italia. Ciò di conseguenza non può portar biasimo alle nostre maestranze senza, per senso di giustizia, coinvolgere anche le realtà straniere.
    Se nei paesi nei quali per tradizione i film stranieri vengono sottotitolati si optasse per il doppiaggio, sono certo che tornare indietro sarebbe pressoché impossibile: una volta che la gente si abitua, adios subs… un po’ come è successo per i finestrini delle auto, in cui la manovella si è… estinta. 🙂

    Concordo appieno sulle considerazioni che hai espresso e temo che sarà difficile che le cose migliorino, perlomeno in tempi brevi. Il pubblico che segue il cinema (la maggior parte) è assuefatto all’impoverimento generale derivante dalla programmazione dei palinsesti televisivi, nei quali il livello delle produzioni nostrane rimane sempre al di sotto di quelle d’oltreoceano, nonostante quest’ultime sovente vengano doppiate sempre peggio. E’ difficile riconoscere l’inflessione romana di un professionista del doppiaggio su Cage o Chiklis quando si è abituati a sentire la Ferilli, Amendola e così via.

  15. Alberto Cassani ha detto:

    Non sono sicurissimo che non si potrebbe tornare indietro. Io ritengo che quando la generazione che oggi è giovane e scarica film e serie Tv da internet guardandoli coi sottotitoli amatoriali sarà vecchia, tutto il pubblico cinematografico e televisivo sarà ormai così abituato ai sottotitoli che il doppiaggio diventerà un optional anche da noi. Ma prima di allora non vedo come i già magri incassi delle nostre sale possano farne a meno.

  16. Plissken ha detto:

    Capperi per certi versi il ragionamento non fa una piega, non ci avevo proprio pensato. Attenzione però: torna in ballo la “pigrizia” del pubblico; conosco persone (dico sul serio, assolutamente) che si rifiutano di guardare film sottotitolati.

    Ho avuto modo di visionare parecchie pellicole con sottotitoli “amatoriali”, notando come sovente siano imperfetti nella traduzione (e se me ne accorgo io…) e come vi siano a volte strafalcioni impressionanti.
    Bisognerebbe vedere se, al di là di come vengono abituati i giovani con i film via Internet, nascerà un sistema “professionale” di inserimento dei sottotitoli, sui quali però ribadisco le riserve che ho espresso precedentemente: non vorrei che la pezza divenisse peggiore del buco.

    Insomma per certi versi è un po’ il classico cane che si morde la coda; ai posteri l’ardua sentenza…

  17. Alberto Cassani ha detto:

    Credo basti leggere qualche forum, o anche solo i commenti nei siti dei quotidiani, per rendersi conto di come le più basilari regole della grammatica italiana siano ormai ignote a molti. Quindi dubito fortemente che gli adolescenti (in quanto massa, volendo fare di tutta l’erba un fascio) si accorgano degli strafalcioni dei sottotitolatori amatoriali, figuriamoci di quelli dei doppiatori. Poi però io ho incrociato diverse persone che non parlano una parola di inglese eppure giocano ai videogiochi in inglese, quindi diciamo che con un po’ di buona volontà determinate cose si possono fare pur partendo da una posizione di svantaggio. Di conseguenza magari la pigrizia la si riesce a vincere, se interessa.

  18. Guido ha detto:

    Efficace e potentissimo a tratti, soprattutto nella prima parte, in cui emergono tutte le capacità del (altrove) grandissimo McQueen, mostra forse un po’ troppo la “necessità” di piegarsi al mercato di Hollywood.
    Sceneggiatura incredibilmente didascalica (e ancora più incredibilmente vincitrice dell’Oscar) con una distinzione troppo marcata tra buoni e cattivi (la moglie di Epps che graffia la schiava senza alcuna ragione apparente) e un finale telefonato e oggettivamente freddo.
    Bravi attori anche se hanno saputo fare di meglio (soprattutto Fassbender con lo stesso McQueen).
    Brad Pitt sembra capitato lì per caso, il suo personaggio suona poco veritiero.
    Hans Zimmer non è più uscito dal tunnel di “Inception”, e continua a riproporci “Time” in salse diverse.
    Non vedo come ci si possa sorprendere della mancata nomination che tanti hanno sottolineato.
    Buono, quindi, ma lontanissimo da “Hunger”, e un gradino sotto “Shame”.

  19. Alberto Cassani ha detto:

    Be’, Pitt non è proprio capitato lì per caso: è uno dei produttori del film, e si è voluto riservare un ruolo di spicco.

  20. Guido ha detto:

    Sì, sì, infatti. Ma proprio perché si è tenuto un ruolo importante appare forzato.
    Si fosse limitato ad un cameo come quello del sempre incredibile Giamatti sarebbe stato meglio.
    Mia opinione, ovviamente…

  21. Alberto Cassani ha detto:

    No, no: molti hanno scritto la stessa cosa. A me avrebbe dato fastidio anche un semplice cameo, ma evidentemente lui ha mania di grandezza…

  22. Plissken ha detto:

    Quasi dimenticavo… l’ho visto anch’io. Concordo con il Sacchi che forse si è “sbilanciato” appena appena verso il “verde”. Recensione ineccepibile alla quale è difficile per me aggiungere qualcosa, se non che concordo con Guido sulla sceneggiatura “didascalica” a cui aggiungerei una regia a tratti di maniera (a volte sembra un film di un ventennio fa).

    Unica cosa sulla quale dissento è l’interpretazione del Pitt, che non mi è parsa per nulla malvagia ma misurata come da necessità.

    Per il resto, da vedere direi, ma si può aspettare tranquillamente che passi in tv.

  23. Plissken ha detto:

    …”per rendersi conto di come le più basilari regole della grammatica italiana siano ormai ignote a molti. Quindi dubito fortemente che gli adolescenti (in quanto massa, volendo fare di tutta l’erba un fascio) si accorgano degli strafalcioni dei sottotitolatori amatoriali, figuriamoci di quelli dei doppiatori.”…

    Va bene ma, come dice Vic Mackey ad una stella del Basket sorpresa con vecchi amici “di strada” in un droga-party, “Dovresti cercare di elevarli al tuo livello, non scendere al loro”.

    Sul discorso che sia possibile indurre la gente a vincere la pigrizia sono d’accordo.

  24. M.A.G.D ha detto:

    Ritornando al discorso del doppiaggio vorrei dire la mia, essendo giovane (17 anni) conosco molti ragazzi che guardano gli ANIME (Fumetti Giapponesi),una moda che si sta diffondendo anche tra gli adulti, molti ,direi il 80% dei quali non vengono trasmessi in italia e quindi non sono doppiati ma hanno una grandissima popolarità tra i giovani che li vedono sottotitolati, anzi preferiscono vederli sottotitolati perché hanno capito che nei discorsi e nelle battute si perdono molte cose, ciò accade anche nei anime più popolari e seguiti come One Piece e Naruto che vengono sempre più visti in rete con i sottotitoli che nella TV doppiati.
    Quindi essendo abituati ai sottotitoli molti preferiscono un film in lingua originale che ne contenga, che spesso non si trovato sui torrent .
    Da notare come il film Mr Nobody sia diventato un “cult” tra i giovani anche se non essendo stato ancora distribuito in Italia ,segno che le persone o almeno i giovani preferiscano la qualità alla comodità almeno questo è il mio parere.

  25. Alberto Cassani ha detto:

    Sì, è il discorso che facevo io: le generazioni più giovani sono abituate a vedere film e televisione con i sottotitoli, e presumibilmente questa tendenza non solo continuerà ma anzi si allargherà. Per cui tra una trentina d’anni si potrà tranquillamente fare a meno del doppiaggio per le opere dedicate agli adulti. Anche perché c’è una maggior abitudine all’inglese (non necessariamente una sua maggior conoscenza, però) e quindi si è generalmente meno refrattari a lingue che non sono la nostra. Però non credo che questa migrazione dipenda da una ricerca della qualità delle traduzioni quanto dalla volontà di vedere le cose il prima possibile (anche perché a me i sottotitoli amatoriali è capitato spesso di trovarli sbagliati, dall’inglese), o per lo meno questo succede per film e telefilm. Con i cartoni c’è anche il fatto che ancora oggi a volte capita che vengano trasmessi in Tv censurati (e mica solo i cartoni: persino il dottor House era stato censurato!), per cui in questo senso si sente il bisogno di vedere sempre la versione originale per non rischiare di vederne una versione monca. Comunque nei prossimi giorni dovrei intervistare un direttore di doppiaggio specializzato proprio in cartoni animati e spero di poter affrontare con lui anche questo aspetto della questione.

  26. M.A.G.D ha detto:

    Hai ragione, sul fatto di vederlo il prima possibile direi soltanto di vederlo perché in Italia non arrivano.
    Parlando di censura e traduzione molti anime vengono tradotti con un linguaggio infantile, basta pensare a Yu-gi.oh! nel quale vengono dette frasi/inventate tipo “Il cuore delle carte ” che non esiste o ” Regno delle ombre ” per non dire cimitero o nel caso di Detective Conad sostituiscono parole come Omicidio/Suicidio con Gli hanno tolto la vita/Si è tolto la vita.
    Invece anime come Bleach un fenomeno mondiale di critica e di pubblico non vengono trasmessi, se non mi sbaglio Italia 2 era interessata ma poi ha rifiutato poiché dovevano censurarlo e troppe censure avrebbe rovinato passaggi importanti o combattimenti punto di forza della serie.
    Io penso che certe censure siano inutili ormai gli adolescenti sono abituati a cose violente e a un linguaggio più realistico e crudo, poi gli ANIME sono un arte e l’arte non dovrebbe essere censurata.

  27. Alberto Cassani ha detto:

    Per le serie televisive c’è però il discorso dell’attuale codice di regolamentazione delle aree protette, per cui determinate cose non possono essere mandate in onda quando in visione ci possono essere dei bambini. Quindi c’è un ragionamento che i responsabili delle stazioni televisive devono fare a monte, quando decidono se acquistare o meno una serie, perché trasmettendo un prodotto solo a sera tarda i guadagni pubblicitari sono inferiori e quindi il costo dei diritti potrebbe risultare troppo alto. A questo punto o lo si censura per mandarlo in onda di giorno o non lo si acquista proprio. Al di là che certe esagerazioni come quelle che citi per Detective Conan sono veramente ridicole.
    Sui dialoghi inventati, purtroppo ormai sono frequentissimi in ogni tipo di produzione, e non riesco a capire se è una precisa volontà del traduttore o dipendono dalla sua incapacità di capire il dialogo originale. Purtroppo un cattivo doppiaggio è la cosa peggiore che possa capitare allo spettatore, e ormai pare essere diventata la norma, in Italia.

  28. Plissken ha detto:

    I problemi inerenti la scarsa qualità del doppiaggio inteso come traduzione non credo troveranno soluzione mediante i sottotitoli: avverrà che anziché sentire degli strafalcioni li leggeremo.

    Personalmente non ho nulla in contrario ai film sottotitolati, purché il lavoro sia attuato con cognizione di causa, altrimenti siamo punto e a capo. Certo gli esempi esplicati da M.A.G.D. sono tangibili non solamente per ciò che concerne i manga: “Shaolin soccer”, eclatante dimostrazione di quanto possa rivelarsi scellerata la scelta di doppiare, andrebbe guardato rigorosamente in versione “subs”.

    Riguardo i giovani e la diffusione dei film sottotitolati, ben venga se porterà in futuro vantaggi anche agli spettatori delle sale (ammesso che esistano ancora tra trent’anni…) magari mediante la distribuzione di pellicole che altrimenti resterebbero oltreconfine, mentre il discorso sul fatto che i giovani apprezzino la qualità non può che farmi piacere anche se, non me ne vogliate, bisognerebbe capire quale sia la loro concezione di “qualità” che a volte, ho notato, non è sia proprio ineccepibile…

  29. M.A.G.D ha detto:

    Per quanto riguarda le traduzioni in Inglese penso che i traduttori staranno più attento a fare il loro mestiere poiché essendo l’inglese la lingua internazionale tantissime persone se ne accorgeranno degli errori commessi invece nei anime il discorso è diverso pochissimi sono coloro che sanno parlare il giapponese quindi diventerebbe facile mettere una traduzione incorretta senza che nessuno se ne accorga.
    Per quanto riguarda la “Qualità” è vero che i giovani ma non solo preferiscono i Blockbuster o film della risata facile come Scarey Movie e suoi seguiti e simili (Disaster Movie ecc) per non parlare dei cinepanettoni, ma la qualità di certi film è cosi scadente che le persone anche italiani preferiscono non vederli, già i giovani hanno smesso di guardare i cinepanettoni perché non fanno ridere invece con i film Parodia le persone preferiscono scaricarli che andare a spendere soldi da notare il Box Office di questo film http://en.wikipedia.org/wiki/The_Starving_Games_(film) una miseria.
    La risposta alla domanda “La qualità delle cose al giorno d’oggi è scadente” si sa ed è “Si, tutto è scadente”
    Infatti sento sempre più spesso dire ai miei coetani “Dove andremmo a finire?” seguito da un sarcastico “Dove siamo finiti?” (parlando di argomenti moderni come Musica, Cinema, Arte, Moda ecc) , ma poco a poco i gusti cambiano e la moda cambia e fanno diventare le cose “Cool” obsoleti, quindi c’è sempre una opportuna per migliorare.

  30. Plissken ha detto:

    Concordo con le tue considerazioni e noto con piacere come siano permeate di un sano ottimismo che auspico si riveli tutt’altro che astratto.

    Il discorso sulla “qualità” è molto complesso ma mi trova fondamentalmente solidale con quanto hai esplicato; le varie forme artistiche (letteratura, pittura, scultura, cinema…) si trovano in un momento di stallo anche se vi sono sicuramente esempi (parecchi) che non rifuggono da paragoni illustri col passato. Il problema di base secondo me è che mancano le “correnti”, i “movimenti” come lo potevano essere che so, il Neorealismo o Nouvelle Vague o Bauhaus e così via… il tutto è lasciato all’ardire di pochi temerari che sovente non riescono a trovare i mezzi per esprimersi appieno, soprattutto nel cinema che necessita di grossi finanziamenti.

    A quel che vedo comunque, a differenza tua, sono molti i giovani che passano le ore a visionare su Youtube p*ttanate inenarrabili la cui matrice demenziale mi fa dubitare non poco sull’effettiva voglia od intenzione di dedicarsi con più attenzione ad opere di livello superiore, leggasi in questo caso qualche film autoriale o di un certo lignaggio.

    Ovviamente non voglio fare di tutta l’erba un fascio, ma l’incredibile strumento di conoscenza che è il web offre come hai giustamente evidenziato opportunità infinite molto spesso però mal gestite da parecchia gioventù, anche se naturalmente nessuno pretende che a 16 anni ci si debba necessariamente beare nella visione di un Tarkovskij.

    A proposito… rileggiti e (con rispetto parlando) sarà facile evincere come lo standard dei sottotitoli in rete possa difficilmente dar adito a critiche da parte degli esponenti della tua generazione. 🙂

  31. M.A.G.D ha detto:

    Condivido anche se ritengo le corrente un po’ monotone nel fatto che tutti i film si baseranno sulla stessa idea e stesso stile meglio la “libera” scelta senza correnti.
    Penso che la mancanza di cultura cinematografica sta anche nel non insegnare Cinema nelle scuole, la scuola insegna Cinque delle Nove arti (Architettura 1°, Pittura 2°, Scultura 3°, Musica 4° Solo alle medie, Poesia 5°) mancano le altre quattro Danza 6°, Cinema 7°, Televisione 8° e infine Fumetto 9°…capisco che nessuno conosce Tarkovskij ma neanche Welles ,Fleming, Leone, Coppola, Spielberg,Scorsese ecc ma neanche quelli nuovi come Fincher, Nolan , Vaungh , I fratelli Cohen, Tarantino , Burton ecc Al massimo conoscono Fellini e De Sica perché sono italiani e vengono spesso nominati alla TV.
    Con insegnare intendo spiegare le correnti cinematografiche e alcuni registi non visionare sempre film a scuola si perderebbe troppo tempo, noi italiani siamo legati troppo al successo del passato con grandi artisti come Dante, Leonardo, Michelangelo e non valoriamo gli artisti contemporanei come Fo, Tornatore ecc

  32. Vulfran ha detto:

    Molto interessante la discussione sul doppiaggio. In attesa dell’articolo, mi limito a riportare la mia esperienza di “veditore” di film. Nell’ultimo periodo ho guardato diversi film asiatici in lingua originale e quando mi è capitato di vederli doppiati in italiano mi sono sentito a disagio. Sono consapevole di non poter capire né giudicare allo stesso modo di un coreano cosa sta facendo con la voce un attore coreano, però nella versione doppiata quella specie di effetto-documentario (il voice-over) mi è sembrata troppo evidente. Mi sono chiesto perché e sono arrivato alla conclusione che essendo le lingue asiatiche del tutto diverse da quelle europee sono proprio i movimenti muscolari del viso degli attori asiatici che non si possono sovrapporre a quelli necessari a produrre certi suoni in una lingua europea. Senza contare la mimica emotiva cinese, giapponese o coreana, troppo diverse tra di loro e completamente differenti da quelle europee, più simili tra di loro. “Ikiru” doppiato perde troppo, secondo me. Sulle traduzioni: recentemente mi è capitato di leggere sottotitoli in italiano di film in inglese con errori da prima media (“oil” tradotto con “olio” quando era chiaramente “petrolio”, “drank” tradotto come “drunk” anziché come passato di “drink” e così via). Bei tempi quando le traduzioni potevano produrre miracoli come quello di “lupo ululà, castello ululì”!:-)

  33. Alberto Cassani ha detto:

    Senza dubbio più la lingua doppiata è diversa da quella in cui si doppia più si crea l’effetto voiceover a causa dei differenti movimenti della bocca dell’attore rispetto alle parole che si sentono. In più c’è l’abitudine dei nostri doppiatori o a “buttar via” la battuta senza preoccuparsi di tono e accento oppure a impostare troppo la voce, come se fossero sul palcoscenico. E’ una cosa che il direttore del doppiaggio di cui accennavo nell’altro commento mi ha detto esplicitamente, riprendendo le parole di un regista: tu spieghi al doppiatore come vuoi che pronunci la battuta, e lui invece di ascoltarti sta pensando a cosa deve fare per farla suonare bella.
    Comunque l’intervista dovrete attenderla ancora un po’, perché probabilmente aspetteremo la fine del doppiaggio del film cui sta lavorando adesso, ossia (così ne approfitto per anticipare di chi si tratta) la nuova versione italiana di “Princess Mononoke”. Poi la mia idea è di farla seguire da un’intervista a un doppiatore vero e proprio, proprio perché mi interessa affrontare l’argomento

    Molto spesso capita anche a me di trovare errori nei sottotitoli dovuto alla non comprensione del contesto in cui sono inserite frasi o parole. Quasi che si sia tradotta la lista dei dialoghi senza guardare realmente il film, e quindi senza poter capire di cosa i personaggi stanno realmente parlando. Ad esempio ricordo un episodio del dottor House in cui si confondono le ciabatte infradito con il tanga, perché negli Stati Uniti si può usare per entrambi il termine “thong” (nel senso di striscia che si inserisce tra due parti): guardando l’episodio era ovvio di cosa stessero parlando, ma senza vedere le immagini si poteva sbagliare.
    Certamente avere tempo per lavorare con calma alla traduzione del copione aiuta ad arrivare a modi migliori per esprimere in italiano certe frasi, e anche ad evitare topiche clamorose. Però il poco tempo a disposizione non è una scusa valida per gli errori di traduzioni. Invece assolutamente non sono scusabili quelli che proprio si inventano le battute stravolgendo senza motivo l’originale.

  34. Plissken ha detto:

    Sempre con riferimento ai film in lingua “originale”, proprio visionando “Frankenstein army” (con sottotitoli) non ho potuto fare a meno di notare quanto apparissero bizzarri dei soldati dell’Armata Rossa esprimersi nell’idioma di Shakesperare… in questo caso specifico ad esempio, avrei preferito il doppiaggio.

  35. Alberto Cassani ha detto:

    Eh, quello è un problema grosso, per la sospensione dell’incredulità. Mi è piaciuto molto il modo in cui l’hanno risolto in “Operazione Valchiria”, ma di certo l’abitudine di usare sempre e solo una lingua toglie molto ad alcuni film.

  36. Vulfran ha detto:

    @Alberto Cassani
    Grazie per la risposta.
    Il commento del regista riportato dal direttore del doppiaggio mi sembra importante, sarebbe interessante sapere cosa un regista si aspetta da un doppiaggio e che tipo di lavoro deve svolgere un direttore di doppiaggio per farlo capire ai doppiatori.
    Nel mio post non intendevo riferirimi comunque soltanto ai movimenti della bocca, ma proprio all’intero volto dell’attore, che ovviamente agisce sui suoni vocali emessi. Capita che in una lingua completamente diversa dalla nostra vengano emessi in alcune situazioni emotive suoni, che so, di petto che devono essere però doppiati con suoni di testa, e lo spettatore, in maniera perlopiù inconsapevole, rimane stranito, in quanto l’esperienza audio-visiva pregressa non corrisponde a quella cui assiste durante la proiezione. Non so se mi sono spiegato, ma se si prova a pensare a uno che ride di pancia doppiato con una risata a mezza bocca si dovrebbe capire cosa intendevo dire.

  37. Alberto Cassani ha detto:

    Ho capito. In effetti c’è anche questo, l’atteggiamento del corpo e del viso seguono il tipo di parole che stiamo pronunciando, ed è vero che se i suoni sono molto diversi allora lo saranno anche i muscoli facciali e del tronco. Però mi pare sia abbastanza raro una differenza così grande da essere davvero evidente, oppure semplicemente siamo talmente assuefatti al doppiaggio che non ci facciamo più caso.

    Il commento che ho riportato si riferisce comunque ad un regista di animazione, quindi non c’è un attore in carne e ossa da “rispettare” e di conseguenza immagino che le indicazioni in questo caso siano molto simili a quelle che darebbe sul set a un attore “vero”. Il direttore del doppiaggio, invece, mi ha detto che di solito dice ai doppiatori “dillo come se stessi parlando con tua mamma”, ma quasi sempre loro lo dicono come se fosse una frase di Shakespeare.

  38. Vulfran ha detto:

    Sì, in effetti l’asseufazione al doppiaggio può annullare l’effetto voiceover (a parte i clasi clinici come il sottoscritto, certo!).
    Il direttore del doppiaggio ignora che molti attori sono convinti di essere figli di Shakespeare…:-)

  39. Alberto Cassani ha detto:

    Oh, ma se son figli di Shakespeare c’hanno almeno 400 anni. Possono pure starsene a casa in pensione, eh?

  40. Vulfran ha detto:

    Sempre che non siano stati vampirizzati da Marlowe!
    (Only lovers left alive).

  41. Marco ha detto:

    Buon film molto ben girato e raccontato (maggiormente tramite flashback).
    Ottime tutte le interpretazioni (anche se la Nyong’o oltre a dire qualche frase ed a subire fustigate altro non fa, quindi Oscar un pò forzato a parer mio…)
    Regia ben misurata e pregevole con buone idee dal punto di vista visivo.
    D’accordo con tutti i pregi tecnici attirbuiti al film.

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